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IL GIOVANE FAVOLOSO



Regia: Marto Martone
Lettura del film di: Olinto Brugnoli
Titolo del film: IL GIOVANE FAVOLOSO
Titolo originale: IL GIOVANE FAVOLOSO
Cast: regia: Marto Martone – scenegg.: Mario Martone, Ippolita di Majo – fotogr.:Renato Berta – mont.: Jacopo Quadri – mus.: Sascha Ring – scenogr.: Giancarlo Muselli – cost.: Ursula Patzak – trucco: Maurizio Silvi – acconciature: Aldo Signoretti, Alberta Giuliani – interpr. princ.: Elio Germano (Giacomo Leopardi), Michele Riondino (Antonio Ranieri), Massimo Popolizio (Monaldo Leopardi), Anna Mouglalis (Fanny Targioni Tozzetti), Valerio Binasco (Pietro Giordani), Paolo Graziosi (Carlo Antici), Iaia Forte (signora Rosa, padrona di casa), Sandro lombardi (Don Vincenzo, precettore di casa Leopardi), Raffaella Giordano (Adelaide Antici Leopardi), Edoardo Natoli (Carlo Leopardi), Giovanni Ludeno (Pasquale Ignarra, famiglio di casa Rainieri), Federica De Cola (Paolina Rainieri), Giorgia Salari (Maddalena Pelzet detta Lenina), Gloria Ghergo (Teresa Fattorini – Silvia), Isabella Ragonese (Paolina Leopardi) – colore – durata: 137’ – produz.: Palomar e RAI Cinema – origine: ITALIA, 2014 – distrib.: 01 Distribution (16 ottobre 2014)
Sceneggiatura: Mario Martone, Ippolita di Majo
Nazione: ITALIA
Anno: 2014
Presentato: 71. Mostra Internazionale D'arte Cinematografica di Venezia (2014) CONCORSO

Il regista Mario Martone è nato a Napoli nel 1959. Il suo primo lungometraggio, Morte di un matematico napoletano, ha ottenuto il gran Premio della Giuria a Venezia nel 1992. In seguito ha realizzato L'amore molesto (1995), Teatro di guerra (1998), L'odore del sangue (2004) e Noi credevamo, premiato con sette David tra cui quello come miglior film italiano.

 

Il film racconta la vita di Giacomo Leopardi. Una dichiarazione del regista può rappresentare la chiave di lettura dell'opera: «A me interessa raccontare la storia di un uomo in conflitto col proprio tempo, con il conformismo di un'epoca».

L'introduzione presenta i tre fratelli Leopardi (Giacomo, Carlo e Paolina), figli del conte Monaldo Leopardi di Recanati. Sono bambini allegri e spensierati, ma viene subito messo in evidenza il clima familiare ed educativo che regna in quella casa. La madre è fredda e severa; il padre è esigente e autoritario. I bambini, infatti,vengono sottoposti ad un saggio per dimostrare quanto hanno studiato.

Nella prima parte viene presentato Giacomo già adulto. È un giovane afflitto da problemi di salute (non riesce a tagliare la carne con il coltello; sviene, ecc.). È il primogenito, ma, essendo malato, lo zio marchese consiglia per lui la carriera ecclesiastica. Ma il padre non vuole che Giacomo vada a Roma e preferisce che resti a Recanati per dedicarsi agli studi letterari. In ogni caso Giacomo deve subire ciò che gli altri hanno deciso per lui. Giacomo dimostra di possedere già una grande cultura (riesce a tradurre con facilità dall'ebraico), ma sente anche il richiamo dell'amore (la ragazza dirimpettaia che lui osserva timidamente dalla finestra). Incomincia a scrivere poesie e sente il bisogno di aprire i propri orizzonti e di confrontarsi con altri intellettuali. Inizia così una fitta corrispondenza con Pietro Giordani, che lo invita a superare il pensiero della morte e a dare vigore al suo corpo. Lo stesso Giordani passa da Recanati per incontrarlo e lo apre a nuove idee, che però cozzano contro la mentalità del padre, che non vuole sentire pronunciare la parola “rivoluzione” e ribadisce la necessità di rispettare i dettami della religione e l'autorità costituita. Anche se Giacomo osserva: «Chi dubita sa, e sa più che si possa». La morte della ragazza che lui osservava lo getta nello sconforto e acuisce il suo desiderio di abbandonare Recanati, da lui sentita come una prigione. Di nascosto riesce a ottenere il passaporto e tenta la fuga, ma ancora una volta il padre riesce ad impedirglielo, e accusa il Giordani di avergli inculcato idee sovversive. Giacomo deve subire il severo rimprovero da parte del padre e dello zio e si scontra con loro contestando i loro “principi immutabili” e parlando di «una vile prudenza che ci agghiaccia». L'oppressione che avverte lo porta sempre più a desiderare una vita libera e diventa l'ispirazione per scrivere la poesia L'infinito.

Nella seconda parte viene presentato il protagonista, dieci anni dopo, a Firenze col suo amico fraterno Ranieri. Si trova nel bel mezzo del mondo letterario e intellettuale e può confrontarsi con le menti più eccelse. Ma anche qui non viene capito. Viene rimproverato per la sua malinconia e non gli viene assegnato un premio cui ambiva, viste anche le ristrettezze economiche in cui si trovava. La giuria infatti era composta da preti oscurantisti, che non approvavano le sue idee avanzate e da liberali che, ingenuamente fiduciosi nel progresso del secolo, non accettavano la sua visione pessimistica della realtà. Qui s'invaghisce anche della bella Fanny, ma ancora una volta il suo «bisogno d'amore» viene frustrato proprio a causa di Ranieri che diventa l'amante della donna. Giacomo scrive alla madre, umiliandosi a chiedere soldi. Poi inveisce contro la natura matrigna che provoca dolore e sofferenza.

Nella terza parte vediamo Giacomo che, andando a Napoli con Ranieri, si ferma a Roma dallo zio marchese. Se Firenze rappresentava il mondo degli intellettuali, Roma rappresenta quello del potere, soprattutto ecclesiastico. Giacomo non resiste a lungo e parte per Napoli.

Nella quarta parte Giacomo, le cui condizioni di salute peggiorano sempre più, sembra trovare un po' di pace e di libertà lasciandosi coinvolgere dal vitalismo della gente dei quartieri popolari. Ma anche qui diventa oggetto di scherno quando tenta un approccio sessuale in un bordello, e litiga con degli intellettuali che attribuiscono il suo pessimismo al suo stato di salute e non al suo intelletto. Nel frattempo a Napoli arriva il colera e Giacomo sta sempre peggio. Il medico lo consiglia di recarsi a Torre del Greco.

L'epilogo ha luogo proprio qui. Giacomo assapora un po' di serenità, ma anche gli elementi naturali sembrano essere contro di lui. L'eruzione del Vesuvio provoca panico nella gente e Giacomo scrive una poesia che esprime tutto il suo pessimismo che assume dimensioni cosmiche.

Ritratto di un personaggio grande e tragico, capace di onestà intellettuale, che mantiene le proprie idee anche andando contro tutti e contro tutto. (OlintoBrugnoli)

 


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