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LOIN DES HOMMES



Regia: David Oelhoffen
Lettura del film di: Manfredi Mancuso
Titolo del film: LONTANO DAGLI UOMINI
Titolo originale: LOIN DES HOMMES
Cast: regia: David Oelhoffen – dal racconto «L’hôte» di Albert Camus – scenegg.: Marie Ducret – fotogr.: Guillaume Deffontaines – mus.: Nick Cave & Warren Ellis – mont.: Juliette Welfling – cost.: Khadija Zeggaï – scenogr.: Stéphane Taillasson – suono: Martin Boissau, Thomas Desjonqueres, Emmanuel Croset – interpr.: Viggo Mortensen, Reda Kateb – colore – durata: 110’ – produz.: Marc Du Pontavice & Matthew Gledhill – origine: FRANCIA, 2014 – distrib. int.: Pathé International
Sceneggiatura: Marie Ducret
Nazione: FRANCIA
Anno: 2014
Presentato: 71. Mostra Internazionale D'arte Cinematografica di Venezia (2014) CONCORSO

Nell’Algeria del 1954, Daru è un ex comandante dell’esercito Francese, che lavora come maestro in una scuola elementare sperduta tra le montagne.

 

Un giorno, Daru, riceve la visita inaspettata del gendarme Balducci che gli consegna un prigioniero. Questi, un musulmano di nome Mohamed è stato arrestato per aver ucciso il cugino, reo di avergli sottratto del raccolto e deve essere adesso consegnato alle forze di polizia Francese, nella vicina città di Tilguilt.

Daru rifiuta di prendere in consegna l’uomo, ma Balducci glielo consegna lo stesso e va via, lasciando Daru con una gatta da pelare. Dopo aver passato una notte relativamente tranquilla, il giorno seguente, Daru e Mohamed vengono attaccati da un gruppo di Arabi che chiedono a Daru di consegnare loro il prigioniero. Respinti gli attaccanti, Daru cerca di lasciare libero Mohamed, ma questi rifiuta e chiede a Daru di essere consegnato ai francesi. Mohamed infatti, secondo le regole delle faide tribali arabe, avendo ucciso un uomo, ha di fatti costretto la sua famiglia (e, nella fattispecie, i propri fratelli) a dover pagare alla famiglia della vittima una grossa somma di denaro, che i fratelli non possono permettersi. La “legge” del deserto prevede quindi che Mohamed deve essere ucciso dalla famiglia del cugino. Il suo possibile omicidio però costringerebbe i suoi fratelli a doverlo poi vendicare, aprendo all’atto pratico una serie infinita di omicidi e violenza all’interno delle due famiglie. Per evitare tutto questo, Mohamed ha quindi deciso che l’unica soluzione è di consegnarsi ai francesi e farsi da loro uccidere per il crimine commesso.

Venuto a conoscenza del fatto, Daru accetta quindi di accompagnare Mohamed nel breve ma pericoloso viaggio attraverso le desolate terre algerine. Avventura rischiosa anche per lo stesso Daru, dato che la guerra d’Algeria è appena cominciata e bande di ribelli Algerini combattono l’esercito Francese lungo tutta la regione, commettendo violenze verso i coloni stranieri.

Difatti il viaggio presenta qualche rischio, e i due improvvisati compagni vengono subito catturati dai ribelli arabi che li prendono prigionieri. Tra i loro aguzzini, Daru riconosce però anche dei vecchi compagni d’arme arabi, che lo trattano con molto rispetto e amicizia, ma che al tempo stesso manifestano in modo chiaro l’insofferenza degli autoctoni verso i coloni transalpini (e quindi anche verso di lui). La loro prigionia dura comunque poco, dato che un gruppo di militari francesi si imbatte nel gruppo di ribelli e li trucida senza pietà, liberando di fatto Daru e Mohamed, che sono quindi nuovamente liberi di riprendere il loro viaggio.

I due uomini ripartono quindi in direzione di Tilguit, ma giunti a destinazione Daru, mettendosi così di fatto in contrasto con le autorità francesi, riesce a convincere Mohamed a non consegnarsi e a darsi alla macchia nel deserto.

Tornato alla sua scuola, l’uomo congeda i suoi affezionati alunni e cerca di resistere alle barbarie della guerra in corso.

Liberamente tratto dal racconto «L’Ospite» di Camus, il film diretto da David Oelhoffen si fa apprezzare per le sue buone qualità estetiche e tematiche.

Il racconto si incentra sulla figura del protagonista Daru, uomo pacifico che ha vissuto in passato l’esperienza della guerra (avendo prestato servizio come «comandante») e che si è rifugiato “lontano dagli uomini”, in totale solitudine a insegnare francese in una scuola sperduta nel nulla alla quale affluiscono dai villaggi vicini i bambini. Daru vede nella sua “missione” educatrice un modo pacifico e alternativo per giungere senza uso di violenza all’indipendenza dell’Algeria. Pur essendo in teoria un Francese, infatti, l’uomo non ha nulla in contrario alla “liberazione” della terra Araba dall’ingombrante presenza dei coloni transalpini e la sua identità non è del resto ben definita essendo figlio di genitori Spagnoli, che venivano un tempo considerati, nella regione, alla stregua degli Arabi («I Francesi mi consideravano Arabo. Adesso gli Arabi mi considerano un Francese...»). Guidato da una sua morale spiccia ma onesta, Daru ha modo, attraverso l’incontro con Mohamed, di conoscere più da vicino la realtà della popolazione Araba autoctona che, per ovvie distanze culturali e geografiche, l’uomo tendeva a sottovalutare (come quando critica la barbarie del sistema “legale” basato sulla cultura tribale). Del resto proprio come «codardo e privo di valori» Daru apostrofa Mohamed, quando, per causa sua, il maestro è costretto a uccidere un ribelle Algerino. A poco a poco però, Daru si rende conto dei valori umani del suo “prigioniero” (che di fatti si è auto-condannato a morte per salvare i fratelli minori dall’orrore di una possibile sanguinosa faida familiare), entrando in contatto, allo stesso tempo, con la barbarie dei “civili” coloni francesi, il cui esercito trucida senza pietà nè onore due ribelli disarmati che si erano peraltro arresi. Dall’incontro/scontro di valori tra Daru e Mohamed, che si sviluppa narrativamente nell’arco del viaggio, nasce così un sentimento di reciproca solidarietà e rispetto, e, quasi, di amicizia tra i due uomini, che si sono trovati per contingenze storiche e culturali a essere parte di due mondi diversi, ma che all’atto pratico, in quanto uomini, sono accomunati com’è logico dagli stessi bisogni (il cibo, il sesso, etc...). È proprio Daru, infatti a riconoscere in ultimo l’assurdità delle leggi umane (non soltanto quella tribale Araba, ma anche l’ “ingiusta” legge dei Francesi) e a scoraggiare Mohamed dai suoi propositi “suicidi”, rivendicando l’appartenenza di entrambi gli uomini alla medesima ipotetica comunità, tenuta insieme dalla fede nello stesso Dio (il monologo che Daru ha nel finale: «Ascolta e Dio ti ascolterà. Chiedi e Dio ti darà...», etc...) e dall’ universale valore della vita umana («Vivi!»). Scongiurando così il sacrificio di Mohamed (che, come scritto, si voleva infatti lasciare uccidere per salvare i fratelli), Daru si espone in prima persona ai pericoli delle rappresaglie francesi, dalla quale cultura si distacca inoltre chiaramente nel finale, quando, per la prima volta nell’ultimo giorno di scuola, si rivolge ai suoi piccoli studenti, scrivendo in Arabo e insegnando loro la geografia propria della loro terra (quando invece le precedenti lezioni si basavano evidentemente su nozioni di storia e geografia della “madrepatria” Francese).

La tematica della fratellanza universale degli uomini è ben espressa nel corso del film, pur con qualche lungaggine e qualche ingenuità di troppo, che comunque non cambiano il giudizio positivo sull’opera. (Manfredi Mancuso)

 


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