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HE OVAT PAENNEET (THEY HAVE ESCAPED)



Regia: Jukka Pekka Valkepää
Lettura del film di: Adelio Cola
Titolo del film: HE OVAT PAENNEET (THEY HAVE ESCAPED)
Titolo originale: HE OVAT PAENNEET (THEY HAVE ESCAPED)
Cast: regia: Jukka Pekka Valkepää – scenegg.: Jukka Pekka Valkepää, Pilvi Peltola – fotogr.: Pietari Peltola – mont.: Mervi Junkkonen – mus.: Helge Slikker – suono: Micke Nyström – scenogr.: Markku Pätilä – cost.: Tina Wilen – interpr. princ.: Roosa Söderholm (Raisa), Teppo Manner (Joni), Pelle Heikkilä (Junnu), Petteri Pennilä (direttore del Centro Giovani) – colore – durata: 102’ – produz.: Helsinki-filmi Oy – origine: FINLANDIA, THE NEDERLAND, 2014 – vendita inter..: Yellow Affair.
Sceneggiatura: Jukka Pekka Valkepää, Pilvi Peltola
Nazione: FINLANDIA, THE NEDERLAND
Anno: 2014
Presentato: 71. Mostra Internazionale D'arte Cinematografica di Venezia (2014) GIORNATE DEGLI AUTORI

E' un film psicologico: le conseguenze d’una educazione mancata.

Raisa e Joni, due adolescenti problematici (lui quasi autistico non parla che con rari monosillabi; lei urla di paura e di felicità, priva di ogni controllo, compreso quello della madre, incosciente circa la vita della figlia). I due fuggono insieme, si attraggono e si evitano senza sapere che cosa concludere. L’iniziativa non manca loro, ma la persona desiderata rifiuta ogni confidenza.

 

Le tre parti del film: Prima parte. Joni svolge il servizio civile come dipendente di una azienda controllata dalla polizia, severissima ed esigente. Deve consegnare gli acquisti agli acquirenti. Con la vettura rubata a un cliente (così inizia la seconda parte del film) fa scorribande velocissime prima da solo e poi in compagnia di Raisa, compiendo prodezze di vario tipo. Fuggono sempre (qui inizia la terza parte), simbolicamente, provocando confusione e accompagnati da rumori fragorosi e urli di persone terrorizzate dal pericolo stradale. La bella fiaba sta per finire con incontri, di lei specialmente, indesiderati, anche con animali selvatici. Le scene sono molto numerose e non sempre chiare, e si fatica a rendersi conto di ciò che sta succedendo (questa è la caratteristica di tutta questa terza parte). Si susseguono riprese notturne e diurne semi-oscure. Si intuisce che i due protagonisti, che riempiono da soli il film, hanno sofferto molto nella loro fanciullezza. Dimostrano grande bisogno di affetto che evidentemente non hanno mai avuto. I simbolismi sono continui e ripetitivi: si alternano incubi e sogni horror. L’inquadratura finale riprende Joni, come sempre in fuga, con un fascio di legna sulle spalle che si allontana da solo nel bosco fitto; Raisa lo cerca senza ritrovarlo reggendo in mano la vittima animale raggiunta dalla fucilata di un cacciatore o caduta nella tagliola.

 

La violenza efferata dell’ultima parte è lunga, insistente, con un certo autocompiacimento spettacolare da parte del regista: sangue, rumori di ferri acuminati che s’incrociano fragorosamente sopra e dentro la gabbia di Joni, prigioniero in essa come un animale. Anche la prima parte del film ha la fotografia “sfumata” sempre con il significato chiaramente rivolto a delineare la psicologia misteriosa dei due giovani.

 

Tutte le riprese sembrano frutto di lenti annebbiate con le scene che ogni tanto sembrano riprese notturne illuminate dalla luce della luna. I due protagonisti sono sempre fotografati tra gli alberi del fitto bosco o in mezzo ad alte erbe pungenti; durante la loro fuga con la vettura rubata le riprese sono dall’esterno dei finestrini inondati dalla pioggia. La continua costante di tale stile fa sospettare ancora una volta di autocompiacimento sonoro visivo.

 

Il film però si presenta in realtà come un grido di denuncia civile e di dolore circa la gioventù piena di vita e di sogni ma cresciuta senza educazione ai valori. (Adelio Cola)

 


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