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MOLIÈRE IN BICICLETTA



Regia: Philippe Le Guay
Lettura del film di: Adelio Cola
Titolo del film: MOLIÈRE IN BICICLETTA
Titolo originale: ALCESTE À BICYCLETTE
Cast: regia e scenegg.: Philippe Le Guay – sogg.: Fabrice Luchini (idea), Philippe Le Guay (idea) –scenogr.: Francoise Dupertuis – fotogr.: Jean-Claude Larrieu – mont.: Monica Coleman – mus.: Jorge Arriagada – cost.: Elisabeth Tavernier, Anne Austran – interpr. princ.: Fabrice Luchini (Serge Tanneur), Lambert Wilson (Gauthier Valence), Maya Sansa (Francesca), Laurie Bordesoules (Zoé), Camille Japy (Christine), Annie Mercier (Tamara), Ged Marlon (Meynard), Stéphan Wojtowicz (Tassista), Christine Murillo (Signora Francon), Josiane Stoléru (Raphaelle La Puisaye), Èdith Le Merdy (Signora Bichet) – durata: 104' – colore – produz.: Les Films Des Tournelles, Pathé, Appaloosa Développement, France 2 Cinema, in associazione con Soficinéma 8, Soficinéma 9, con la partecipazione di France Télévision, Canal +, Ciné + – origine: FRANCIA, 2013 – distrib.: Teodora Film (12-12-2013)
Sceneggiatura: Philippe Le Guay
Nazione: FRANCIA
Anno: 2013

Due ex colleghi, celebri attori di cinema e di teatro, si stimano a vicenda. Gauthier Valence è sull’onda effimera del successo interpretando come protagonista gli episodi d’una serie televisiva. Serge Tanneur s’è ritirato da tre anni in volontaria solitudine, disgustato e deluso dalla sua professione, che l’aveva portato alla celebrità. Il primo, famoso ‘chirurgo’ nella fiction, lo va a cercare per convincerlo a risalire sul palcoscenico con lui interpretando «Il Misantropo» di Molière. Le inutili insistenze e i ripetuti rifiuti corrispondono agli episodi della sceneggiatura del film. La convinzione pessimistica di Serge è molto vicina a quella di Alceste, protagonista della commedia, “odiatore degli uomini”, che egli giudica tutti corrotti, animati da inguaribile egoismo. Sono due le facce circa la realtà sul genere umano, come si verifica per gli attori di teatro: quella del palcoscenico e quella della vita reale. Sono ambedue false e ripugnanti. Pensa così anche Alceste. A piccole tappe Serge cede all’assedio del collega. Con il libretto della commedia in mano, leggono le battute del dialogo del primo atto, scambiandosi il ruolo dei due personaggi e rimproverandosi a vicenda difetti e imperfezioni d’interpretazione. I due attori recitano fuori testo sentimenti e convinzioni che non fanno parte del loro patrimonio morale: promettono e non mantengono, s’impegnano e disdicono gli impegni, sembrano sinceri ma sono falsi, quando recitano e quando discutono. L’arte, l’artificio li ha occupati fino alla loro non più giovane età. È arrivato il tempo, anche per Gauthier, di additare con distacco le maschere e le parrucche incipriate che indossava per professione. Serge straccia le pagine della sceneggiatura del suo ultimo film. Quando smettono di recitare le battute classiche, continuano a recitare ingannandosi a vicenda senza pudore.

 

I numerosi simbolismi confermano e a modo loro annebbiano l’idea centrale del film, che propone testi di Moliere-Alceste a riprova della convinzione pessimistica sul genere umano, condivisi da Serge-Misantropo.

Tra i simboli ricordiamo due episodi ‘comici,’ che nel contesto assumono valore drammatico: la caduta nel fosso pieno d’acqua, prima dell’uno e in seguito dell’altro attore, mentre corrono in bicicletta alternativamente scambiandosi quella delle due senza freni. Vedi ancora l’ambiguo comportamento dei due amici trattando con l’impresario della commedia da allestire; le condizioni delle vecchie case che l’uno e l’altro ‘dicono’ di voler comprare prendendosi gioco dell’agente immobiliare che le propone; le costruzioni stesse ingombre di inutili ferri vecchi, mobili tarlati e inutili masserizie «da buttare». Sono elementi scenografici con valore simbolico. In una scena entra in campo la giovanissima biondina faccia d’angelo, gentile, educata, che con disinvoltura confida ai due colleghi professionisti il suo lavoro: raggiunge le capitali d’Europa prestandosi a riprese porno, «Il volto  e la maschera». Commenterebbe Pirandello. Il giudizio di Molière non è molto diverso. La realtà dell’uomo è doppia, ha due facce come ogni medaglia. Corrisponde alla condotta dei due colleghi, che per ambizione scelgono e si scambiano le parti dei personaggi e in particolare del protagonista, da interpretare nelle ripetute prove, che li vedono impegnati in vista del futuro spettacolo…che non si farà per due motivi: a causa dell’interruzione per improvvisa amnesia di Gauthier e della decisione di Serge, che, dopo prove e promesse, disdice l’impegno esigendo di interpretare la parte del protagonista. Si allontana poi per l’ultima gita in bicicletta, vestito con il costume di scena d’Alceste (vedi il titolo francese del film).  Nell’ultima inquadratura lo vediamo sulla spiaggia del mare mentre ripete in solitudine la convinzione che nella vita degli uomini tutto è corruzione e follia.   

Il fascino di tornare a recitare, di farsi applaudire, l’aveva tentato il giorno in cui il collega ha finto di andarsene abbandonandolo nella sua irrevocabile decisione di interrompere le prove: aveva allora reagito con forza: «Ma fèrmati, aspetta, cos’è questa fretta!» Ha finito per accettare… ma a modo suo. Il sì e il no l’hanno spinto e lo frenano. Accetta la proposta e la rifiuta con identica incoerente decisione.

Durante le prove gelosie e invidie documentano le debolezze e i limiti della professione degli attori di spettacolo, che provocano incomprensioni reciproche che impediscono la realizzazione della messinscena. La recitazione dei due coprotagonisti è professionalmente perfetta. L’assedio del dell’uno all’ostinata resistenza dell’altro lasciava prevedere la graduale resa alla «impossibile» offerta del collega.

La vita privata dell’attore in carriera è emblematica di quanto può succedere quando si confonde realtà e finzione. Un appassionato della serie televisiva in cui Gauthuer interpreta la parte del chirurgo (la gente per strada lo saluta con convinzione «dottore»!), poiché lo stesso, incontrato al mercato, non aveva mantenuto la promessa di raccomandare al professore dell’ospedale sua madre ammalata, si vendica e lo prende a pugni.

Serge inveceoccupa il tempo imbrattando tele («tanto per passare la giornata!») e facendo lunghe passeggiate solitarie in bicicletta.

Negli episodi in cui intervengono altri personaggi, il regista del film scruta le reazioni dei due ‘amici’ e ne documenta la doppia faccia di civili gentiluomini e di attori. Rare battute ‘spinte’ sono tollerabili perché vogliono testimoniare, senza insistenza spettacolare, il clima culturale della società contemporanea, non dissimile da quella di… ogni tempo. Il personaggio della quarantenne signora italiana, che vuole disfarsi della casa da lei occupata da anni assieme al marito, dal quale sta divorziando, avvicina i due colleghi come possibili acquirenti trovandosi in preda al suo stato d’animo in tempesta e li allontana in malo modo.

Il giorno dopo, rammaricata della brutta figura, vuole recuperare il suo onore e fa loro una gentile visita di cortesia.

Gauthier partecipa vivamente alla tristezza della signora e un giorno non resiste al sentimento di compassione e la consola come lei forse si aspettava: «L’incontro, confida al collega, è finito come doveva finire!».  

Anche Serge si mostra uomo con grotteschi problemi caratteristici del nostro tempo. Egli, ad esempio, chiede al chirurgo di praticargli un particolare intervento al fine di «sperimentare senza rischio di generare». Disteso sul lettino in sala operatoria, improvvisamente si alza e si allontana: non vuole correre rischi. L’insistita comicità da lui esibita alleggerisce la tensione del film nella impietosa realistica disamina dell’attività dell’attore «falso, egoista, e soprattutto esibizionista», come tutti e più di tutti!.

Il film, insomma, è continuamente attento a evidenziare i due aspetti contraddittori della sincerità e della «recitazione». L’analisi della professione artistica riguardante indifferentemente e senza ‘sconti’ gli interpreti del cinema e del teatro, è presentata (quasi) con sofferta partecipazione dai due protagonisti. Tutti e due subiscono l’evoluzione psicologica, che permette di riconoscerli nel ruolo di  coprotagonisti del film. Ambedue agiscono l’uno in funzione dell’altro. I personaggi che vengono in contatto con loro hanno la medesima funzione: farci conoscere le loro reazioni psicofisiche, che arrivano alla violenza. Tra i due quello che, per così dire, parte psicologicamente da più lontano per arrivare ad una evoluzione più vistosa dell’altro, è Serge, convinto da Gauthier, anche se con grande fatica, a tornare sul palcoscenico abbandonato tre anni prima, mai disposto a mantenersi coerente con la parola data. A questo proposito è significativo una sua confidenza alla signora italiana, che ha notato l’incoerenza dell’attore in carriera: «Mi sono simpatiche le persone incoerenti!».    

Mi chiedo alla fine della proiezione quale effetto possa provocare nei giovani spettatori un film del genere. Spero anzitutto che essi ammirino la bravura interpretativa dei protagonisti, che riflettono sul modo spassionato da loro usato nel riconoscere in privato i pericoli e le debolezze d’una professione difficile e a modo suo carica d’insidie nella ricerca del successo. La visione negativa del puntare il dito sul «gioco» pirandelliano della ‘maschera e il volto’ potrebbe indurre  alla generalizzazione e  concludere che tutte le persone sono inaffidabili, false e corrotte. Quando nell’ultimo dialogo l’attore in carriera rimprovera l’altro del suo pessimistico giudizio, Serge gli chiede: «Perché? Conosci qualcuno che fa eccezione? Dimmi un nome!», Gauthier risponde: «Sono io!». «Allora, aggiunge Serge con amara ironia, tu sei l’eccezione!». Lo spettatore sa di quale eccezione si tratti! Il giudizio negativo non è incoraggiante per giovani che vorrebbero prepararsi ad affrontare la vita con coraggio.

È LA STORIA DI DUE CELEBRI ATTORI di teatro, SERGE, IL QUALE, da tre anni ritirato a vita privata, dopo aver raggiunto il successo, rifiutando di continuare a interpretare personaggi con sentimenti che non condivide nella convinzione che tutti gli uomini sono falsi e corrotti, al momento di risalire sul palcoscenico RIFIUTA l’impegno, coerente con il suo giudizio sul genere umano, e GAUTHIER, IL QUALE, sulla cresta della popolarità di chi lo ammira  come “dottore” in una serie televisiva, volendo ritornare all’interpretazione di personaggi classici, dopo aver ottenuto dal collega con molta fatica ed insistenza l’accettazione d’una settimana di prove della commedia “Il Misantropo” di Molière, RIMANE DELUSO dalla decisione finale di Serge e DEVE INTERROMPERE LO SPETTACOLO a causa d’una amnesia. 

È interessante l’abbigliamento di Serge nell’ultima inquadratura: lo vediamo vestito con il costume del protagonista della commedia di Molière, Alceste, sognatore dell’ideale d’uomo perfetto e perciò intollerante delle umane debolezze.

Il film è una spietata analisi psicologica sulla professione di artista di spettacolo, operata da un appartenente alla categoria, ma da qualche anno lontano dal palcoscenico (e quindi a distanza opportuna per giudicarla con affettuoso distacco), e da un collega attualmente gratificato da popolare successo televisivo.  

Riassunto così, il contenuto del film quasi contraddice il fatto che i protagonisti sono due. L’uno infatti non è mai soltanto ‘spalla’ all’altro. L’IDEA CENTRALE, che è sempre, per così dire, dietro il/i protagonista/protagonisti si può così esprimere: È INNATO E ISTINTIVO NELL’UOMO IL ‘SOGNO’ DI ATTEGGIARSI E FARE DA PROTAGONISTA NELLA VITA, nonostante il rischio e i pericoli che esso comporta di non essere mai sinceri. (marzo 2014)

 


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