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CHILD OF GOD



Regia: James Franco
Lettura del film di: Andrea Fagioli
Titolo del film: CHILD OF GOD
Titolo originale: CHILD OF GOD
Cast: regia: James Franco – dall’omonimo romanzo di Corman McCarthy – scenegg.: James Franco, Vince Jolivette – fotogr.: Christina Voros – mont.: Curtiss Clayton – scenogr.: Kristen Adams – cost.: Malgosia Turzanska – mus.: Aaron Embry – suono: Leslie Schatz, Scott Kramer – interpr. princ.: Scott Haze (Lester Ballard), Tim Blake Nelson, Jim Parrack – durata: 104’ – colore – produz.: Rabbit Bandini Productions – origine: USA, 2013 –
Sceneggiatura: James Franco, Vince Jolivette
Nazione: USA
Anno: 2013
Presentato: 70. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica 2013 – CONCORSO

Il film narra la storia di Lester Ballard, giovane disadattato, che vive ai margini della società (nel caso specifico la contea di Sevier, zona montuosa del Tennessee, negli Stati Uniti). Violento per natura, bravo solo nell'uso di un vecchio fucile dal quale non si separa mai, Lester è incapace di qualsiasi relazione con gli esseri umani fino al punto di diventare uno spietato killer.

 

Tratto dall'omonimo romanzo dello scrittore americano Cormac McCarthy, CHILD OF GOD ("Figlio di Dio"), è ambientato a metà del secolo scorso e strutturato in una sorta di capitoli (tre per la precisione, indicati materialmente con un grande numero romano bianco su sfondo nero) e una sorta di introduzione nella quale viene presentato il protagonista attraverso una voce narrante che definisce Lester “un figlio di Dio, molto simile a te forse”, mentre la macchina da presa, "a spalla", lo segue da dietro in una sorta di soggettiva mentre sta per scagliarsi contro un gruppo di proprietari terrieri che vogliono comprare una parte dei terreni dove il giovane vive ramengo dopo la morte dei genitori e in particolare quella del padre suicida. La sua vita è un disastroso tentativo di esistere al di fuori dell’ordine sociale, rappresentato in particolare da un ottuso sceriffo di contea.

Nei tre capitoli (diversi tra loro per lunghezza) assistiamo al progressivo imbarbarimento di Lester che, dopo essere stato privato anche della casa, vive allo stato selvaggio in una capanna dove porterà come unici "amici" degli animali veri o di pezza: una gallina rubata al proprietario terriero, che poi tenterà pure di uccidere, e tre grandi peluche, tra cui una tigre a grandezza naturale, vinti al tiro a segno di un luna park durante una festa di paese. Ad un certo punto, Lester porterà anche il cadavere di una ragazza trovata misteriosamente morta insieme al fidanzato in un'auto parcheggiata ai margini del bosco. Lo farà dopo averla violentata, da morta, evidenziando tutta la brutalità del suo istinto anche dal punto di vista sessuale. Con il cadavere della ragazza cercherà poi di avere un rapporto più "normale" (se così si può dire). Le comprerà dei vestiti, fingerà persino un incontro galante, fino a che il cadavere non rimarrà bruciato nell'incendio della capanna. Lester riuscirà a salvare solo la tigre di pezza. Per il cadavere della ragazza, nonostante i disperati tentativi di tirarlo fuori, non ci sarà niente da fare. Da qui in poi Lester si rifugia in una caverna diventando un omicida seriale di giovani coppie che si appartano in auto. Necrofilo e stupratore, Lester sprofonda in senso letterale ma anche simbolico al livello di un cavernicolo man mano che la sua vita sprofonda sempre più nella degenerazione e nel crimine.

Con la storia di Lester Ballard (che si richiama anche a Ed Gein, un killer che è realmente esistito negli anni Cinquanta e che ha inoltre ispirato il libro "Psycho" di Robert Bloch), il regista James Franco tenta di analizzare l’isolamento estremo dell'essere umano dovuto a problemi propri, psichici (a loro volta dovuti probabilmente ad eventi traumatici: vedi il suicidio del padre), ma anche al rifiuto della società che non accetta il "diverso" (si pensi soprattutto a quando gli abitanti del paese lo vorrebbero giustiziare). Il personaggio di Lester non è comunque in senso assoluto giustificabile, la sua violenza e la sua brutalità non hanno limiti. Eppure, anche il lui, "figlio di Dio" (nel senso della pazzia, ma anche in quello di essere nonostante tutto un uomo) ci sono dei barlumi di umanità, ad esempio nel ricercare in qualche modo forme di amicizia, sia pure con animali veri o finti, oppure di stupirsi di fronte ai fuochi d'artificio durante la festa paesana nel corso della quale incrocia gli occhi di una bambina alla quale, forse, pensa persino di regalare la tigre vinta poco prima, ma si ferma di fronte allo sguardo sprezzante della stessa ragazzina.

In sostanza il film vuole mostrare (e questa è anche un po' l'idea centrale) cosa significhi volersi disperatamente collegare ad altri esseri umani e non essere capaci di farlo a causa dei propri disturbi, ma anche a causa della non accettazione da parte degli altri (solo i morti sembrano non rifiutare Lester). Più in generale c'è anche il tentativo di capire come si comporta l’individuo quando non riesce a tenere il passo con tutti i nuovi sistemi di civilizzazione e socializzazione, che riguardano anche un territorio montano come quello della contea di Sevier nel Tennessee: Lester, in un processo inverso agli altri, passa dalla fattoria alla capanna, alla caverna e al vagabondaggio sotto terra, fino a riemergere, nel finale, dalle viscere stesse della terra, la "sua" terra.

Film decisamente forte, anche per la violenza esplicita di molte sequenze, CHILD OF GOD si basa sulla recitazione estremamente partecipata di Scott Haze nei panni di Lester e sull'uso "a spalla" della macchina da presa che accentua proprio il senso di violenza e, se vogliamo, di confusione, forse anche mentale, come quella che domina nella testa del protagonista. (Andrea Fagioli)

 


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