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CHE GUEVARA: MA FU VERO MITO O INVENZIONE?


di LUIGI ZAFFAGNINI
Edav N: 370 - 2009

L’articolo ampliato e completo di foto, schemi si trova in Edav n. 370 maggio 2009

Ernesto Guevara de la Serna, di anni 81, nato in Argentina, capelli e barba bianchi, radi, occhi infossati, seguace di Fidel Castro e suo delfino fino al 1965, quando, preso dal compulsivo bisogno di esportare da qualche parte la rivoluzione comunista nella forma più radicale possibile, abbandona Cuba e passa dall’Africa al Sudamerica, nell’intento di scatenare movimenti armati nei paesi del sottosviluppo. Questo è quanto che si potrebbe dire oggi se questo personaggio non fosse stato catturato e ucciso nel 1967 e non fosse divenuto un'icona (proprio nel senso letterale del termine) del ’68 e del ribellismo giovanile. Icona perché la sua identità fisionomica è legata quasi unicamente alla foto di Alberto Diaz Gutierrez (detto Korda), che si trova stampata su magliette, tazze da caffè e su ogni sorta di gadget del mondo consumista. Questa operazione di diffusione dell’immagine del Che1 (cui non fu estranea la editrice Feltrinelli), orientata a conquistare i giovani, dipende da una grande macchina commerciale-ideologica, alla quale hanno contribuito i media tradizionali, compreso quello della canzone, e, non da ora, anche il cinema e internet.
Se il termine mito indica fenomeni e personaggi trasferiti dal piano della realtà storica a quello dell’amplificazione sentimentale e fantastica, mai figura della stirpe umana ha meritato più appropriatamente questa definizione. Se, però, mito, nella sua accezione positiva, vuol dire, più correttamente, una forma sacrale del sapere che riveste gli aspetti reali di un’aura di religioso rispetto, per quanto essi hanno emblematicamente incarnato di giusto, di nobile e di vero, allora, Ernesto Che Guevara è tutt’altro che un mito, e forse è solo un’invenzione, assolutamente immeritevole di memoria.
Anche se, indubbiamente, sono stati promossi una “santificazione” e un culto laico del Che, ad opera soprattutto del pubblico femminile, non si può certo dire che tale venerazione si fondi su un suo pensiero politicamente organico e maturo o su una sua autentica abilità di stratega militare o guerrigliero. Anzi, la fama del Che è proprio dovuta, in primo luogo, alla sola conoscenza superficiale della sua personalità e alla celebrazione a-storica e idealizzata della sua attività, nonché alla enfatizzazione della sua cattura in Bolivia ad opera di elementi militari governativi, sostenuti da un agente della CIA.
Prima di tutto, esistono una critica e una storiografia che attenuano il giudizio sulla profondità e sull’importanza politica delle opere, a cominciare dai Diari. Secondariamente, la natura del pensiero guevariano è collocabile tutta tra la volontà di non avvalersi della laurea in medicina e la dichiarazione, rilasciata in sede ONU, cinque anni dopo la presa di potere a Cuba: “Fusilamientos? Sì! Hemos fusilado. Fusilamos y seguiremos fusilando mientre sea necesario”...“Nuestra lucha es una lucha a muerte!”, che non ha alcun bisogno di traduzione. Lo spessore politico consiste in un vago giacobinismo, condito di molto anti-americanismo e in una concezione di rivoluzione permanente, che si richiama più a Trotzkij e al comunismo cinese, che non a Stalin, nonostante il Che avesse il vezzo di firmarsi Stalin II. Militarmente parlando, l’unica vittoria notevole, quella di Santa Clara, in cui un treno di rinforzi governativi cadde nelle mani dei rivoluzionari, perché i militari fuggirono dal combattimento, non appare propriamente un esempio da citare nei manuali di strategia bellica, ancorché guerrigliera. Al massimo gli esperti di questa disciplina riconoscono a Ernesto Che Guevara una forte propensione a tradurre le azioni offensive sul piano tattico in una chiave assimilabile all’attentato. Lo annoverano, perciò, tra i suggeritori e i padrini di quella concezione della rivolta dei “focolai”, che tanto ha segnato di sangue le operazioni brigatiste in Occidente e in Italia e che, nelle valutazioni del guerrigliero, avrebbe dovuto aprire la strada a un consenso di massa per la rivoluzione generale.   
Ma, circa la personalità e le effettive inclinazioni, capacità e competenze del Che, oggi esistono documenti e testimonianze, raccolte non tra gli avversari, bensì tra i suoi stessi compagni di esperienza politica e di lotta armata, che possono ridimensionare posizioni e comportamenti del guerrigliero. In non pochi casi, purtroppo, essi sono sconcertanti quanto a durezza, avventurismo, inumanità, infedeltà verso i compagni. Del tutto incoerenti con quegli ideali che, oggi, gli attribuiscono i suoi seguaci, soprattutto europei, che ne inalberano, paradossalmente, l’immagine come fosse una bandiera di pace. E’ almeno di 216 il numero provvisorio delle vittime che solo dal ’57 al ’59 sono imputabili direttamente agli ordini di esecuzione capitale da parte del Che e appaiono pienamente contestabili le sue attitudini al comando, come pure le sue capacità di essere vicino ai suoi uomini o di esercitare la giustizia nei confronti dei suoi nemici2.
Ma tutto questo non è ancora entrato nel circuito della divulgazione e, quindi, la solita mentalità massmediale inganna, non tollerando ombre di verità storica sul volto dell’idolo.       
 
 
NOTE
 
[1] L’appellativo “Che” deriva dalla abitudine del personaggio a usare l’intercalare “che” tipico della parlata argentina e che equivale più o meno al nostro “ehi” o “caspita” o al castigliano “hombre”!.
 
2 Stanti la vasta letteratura e la produzione agiografica sul personaggio, ci limitiamo a rimandare a qualche documentazione non conformista straniera. Si vedano pertanto: Recovery Archive on Cuba in “Free society project, Inc.” P.O. Box 757, Summit, NJ 0792; Guardia L.: Guevara. Anatomia de un mito, Caiman Production & Instituto de la memoria historica cubana, 2005; Valladores A.: Mémoires de prison, Gallimard, Paris, 1989; In Italia la sola produzione editoriale celebrativa del Che, rispetto a quella poca di impostazione critica, è imponente e reclamizzatissima, senza contare i film, le canzoni, i servizi televisivi e i siti internet, tutti votati a una passionale idolatria del personaggio. Si vorrà pertanto scusare se ci esimiamo dall’incrementare ulteriormente la massificazione propagandistica. Sul fronte critico segnaliamo: Vargas Llosa A.: Il mito di Che Guevara e il futuro della libertà, Edizioni Lindau, 2005; Morigi A.: Che Guevara, il bandito santificato, Il Timone, n.61, marzo 2007.
 


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