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LA MIGLIORE OFFERTA



Regia: Giuseppe Tornatore
Lettura del film di: Adelio Cola
Titolo del film: LA MIGLIORE OFFERTA
Titolo originale: LA MIGLIORE OFFERTA
Cast: regia, sogg., scenegg.: Giuseppe Tornatore – scenogr.: Maurizio Sabatini – fotogr.: Fabio Zamarion – mont.: Massimo Quaglia – mus.: Ennio Morricone - arredamento: Raffaella Giovannetti - cost.: Maurizio Millenotti - interpr. princ.: Geoffrey Rush (Virgil Oldman), Jim Sturgess (Robert), Sylvia Hoeks (Claire), Donald Sutherland (Billy Whislter), Philip Jackson (Fred), Dermot Crowley (Lambert), Liya Kebede (Sarah) – durata: 124' – colore - produz. : Isabella Cocuzza e Arturo Paglia per Paco Cinematografica in associazione con Warner Bros, Entertainment Italia, in associazione con Unicredit – origine: ITALIA, 2012 - distrib.: Warner Bros, Pictures Italia (01-01-2013)
Sceneggiatura: Giuseppe Tornatore
Nazione: ITALIA
Anno: 2013
Chiavi tematiche: anche una LETTURA di Franco Sestini la si trova in Edav n. 406/2013

Il film è distinto in tre parti con al centro sempre il protagonista, che l’occhio e l’orecchi della cinepresa non abbandonano un solo istante e registrano ogni suo movimento  senza perdere una delle poche parole che egli proferisce calmo o concitato e nervoso.

 

PRIMA PARTE

Il protagonista, celebre battitore d’asta, nell’esercizio delle sue funzioni.

SECONDA PARTE

L’ingenua illusione del protagonista che rimane vittima nel gioco tra il gatto e il topo.

TERZA PARTE

Le conseguenze psicofisiche nel protagonista che prende coscienza d’essere stato ingannato da coloro dei quali si fidava ciecamente.

La sentenza seguente condensa le vicende artistiche e quelle reali nella vita del protagonista:

Ogni cosa vera ha qualcosa di falso. Ogni cosa falsa ha qualcosa di vero”.

Una domanda, che l’illuso protagonista rivolge al giovane ‘psicologo’ del quale si fida, rivela un suo prudente dubbio da lui purtroppo non risolto: “C’è simulazione anche nell’amore?

È LA STORIA DEL SIGNOR  OLDMAN, anziano battitore d’asta, antiquario collezionista,  esperto nel suo mestiere, (che esercita con l’alleanza e la complicità d’un vecchio amico), ma ingenuo nelle relazioni umane che evita da sempre, IL QUALE, ingannato da due giovani innamorati, (uno esperto nel restauro di oggetti meccanici antichi e l’altra finta malata di solitudine, autoprigioniera in una villa di lusso), dopo essere stato affascinato dalla giovane, da lei ricambiato!, dopo aver scoperto d’essere stato da loro giocato e derubato di tutte le opere d’arte collezionate in vita, ricoverato in una casa di riposo per anziani, RIPENSA malinconico a quanto gli era successo, mentre fuori la vita continua e continua ad andare com’è sempre andata.

Il film non è né, maschilista né femminista: i due giovani, che agiscono in funzione dell’anziano protagonista infatti, fanno pessima figura tutti e due.

Il film è pessimista circa la realtà della vita dominata da relazioni non sincere.

Abbiamo assistito alla rappresentazione d’un giallo, se pur di nuova maniera, diretto da un maestro del cinema, e recitato con viva partecipazione.

La sceneggiatura, simile alle trame intricate e fantasiose di recenti famosi romanzi italiani, è carica d’inquadrature con senso simbolico: porte che dopo il passaggio d’un personaggio rimangono insolitamente aperte, specchi che riflettono scene inquietanti, statue inquadrate su particolari emblematici, improbabili nascondigli segreti, prevedibili circostanze drammatiche...

Il protagonista è uomo che vive fuori dal mondo, in particolare quando cerca consigli da un giovanotto che egli giudica ‘esperto di donne’ e al quale presta fede come se fosse un celebre ‘psicologo’!

La breve inquadratura, ripresa un paio di volte verso la fine del film, con i due giovani colleghi d’imbrogli che fanno l’amore, spiega inutilmente agli spettatori ciò che avevano già capito. Si ripete la storia di Pinocchio che cade vittima del Gatto e la Volpe.

La colonna musicale di Morricone gira e rigira attorno a un’unica scheggia musicale: ora seria, ora drammatica, ora sospesa e allusiva a stati d’animo. Nasce come l’a solo di soprano e flauto e procede con costante variata monotonia.

L’inquadratura finale è pessimistica (realistica?). Dopo aver detto con il film che nel nostro mondo non bisogna essere ingenui perché gli altri sono furbi e se ne approfittano, come se nessuno avesse capito la lezione, il regista mostra coppie che in pubblico e al ristorante si comportano ‘normalmente’ manifestando sinceri sentimenti reciproci.

Il valore del film non sta nell’originalità dell’intreccio, dovuto in parte all’ambientazione, ma nella regia attentissima e mai banale. L’interpretazione del protagonista è di alto livello.

Lo è anche quella del giovane geniale, esperto nel restauro di oggetti meccanici e che soprattutto si atteggia conoscitore in campo amoroso dispensando consigli con generoso disinteresse.

La giovane è meno credibile, perché la sua recitazione è forzata. Fa sorgere il dubbio di fingere quando, ad insaputa di lui che la spia, esce dal nascondiglio e si comporta in tutto come persona normale, per tornare subito a nascondersi appena s’accorge che qualcuno la osserva.

La vecchina del bar che numera le volte dell’entrata e dell’uscita di Claire e del protagonista dalla misteriosa villa, è un elemento ‘giallo’ per spiegare infine l’inspiegabile agli spettatori, ma non è verosimile.

Si ha l’impressione che a questo punto il regista non sappia decidere come chiudere il film, nel quale sono ancora evidenti resistenze logiche, nodi da sciogliere e personaggi che rimangono ‘sospesi’: sono circostanze difficili da dimenticare.

Il film, interessante nelle due prime parti, nella terza va avanti faticosamente e perde l’attenzione degli spettatori. Un coraggioso intervento chirurgico on fase di sceneggiatura l’avrebbe mantenuto a un livello superiore.

Le variazioni psicologiche del protagonista sono bene espresse e coerenti con le premesse del suo carattere ingenuo. “Io, confida un giorno allo ‘psicologo’!, le donne le conosco, le ho sempre amate ed esse mi hanno sempre amato!” Le sue donne sono quelle dipinte nei cento quadri che ha collezionato e che gli fanno compagnia!

Quando esercita la funzione di battitore d’asta (esperto nel suscitare e nell’attendere “la migliore offerta” prima d’aggiudicarel’oggetto proposto in gara, frequentemente vinto da un suo amico complice), desiderato e superpagato da imprenditori d’ogni continente, si dimostra forte, deciso, autoritario. È talmente fiero del lavoro da arrivare a sorprendere il suo (doppio) pubblico (dei clienti e degli spettatori del film!) con battute autoironiche animate d’umorismo. Quando esce da quel ruolo, è timido, scontroso con tutti, maniaco igienista nell’uso del fazzoletto per toccare oggetti altrui, timoroso della brutta figura in pubblico, per cui si fa tingere i capelli grigi che gli restano. E’ geloso della solitudine, non accetta che qualcuno comprometta la sua privacy, rifiuta commissioni e scambi d’idee con sconosciuti. È assolutamente contrario ad accettare le ripetute telefonate di Claire, la giovane che si finge prigioniera volontaria nella lussuosa villa ereditata dai genitori; quando poi ella gli chiede di venire a valutare le opere d’arte in essa conservate, si dichiara del tutto indisponibile..

Dopo i numerosi dinieghi espressi nelle insistenti telefonate, l’anziano antiquario, annoiato a morte, un poco alla volta comincia a cedere e infine accetta a malincuore, per liberarsi da quell’incubo, di trattare con lei, la quale però mette la condizione di parlargli da dietro una porta chiusa senza essere veduta.

Il desiderio di conoscere quel misterioso personaggio si fa sempre più ingombrante nella sua mente  Un giorno gli fa fare  la pessima figura, durante una battuta d’asta, di confondere un’opera d’arte con un’altra. Si scopre così in crisi sentimentale. Deve ammetterlo, egli s’è innamorato della donna del mistero. E’ a questo punto che una sera uscendo dalla villa rimane vittima di un’aggressione che l’abbandona ferito in mezzo alla strada sotto un violento acquazzone. Tutto è stato organizzato dai due giovani congiurati per far in modo che il signor Oldman s’incontri la prima volta con Claire. Ella, (che dopo essere stata vista dall’anziano, per farlo contento si trucca ogni volta di più per apparirgli “sempre più bella”),  ha assistito alla scena dalle finestre della villa, esce e lo fa trasportare all’ospedale. Altra testimone del fatto è la solita vecchina del bar di fronte “che ricorda tutto quello che vede”. A questo punto lo spettatore, che non prevede forse il furto finale dei due giovani a danno dell’anziano, si chiede il motivo di quanto è successo. Forse il film va decisamente verso la chiusura. Rimane da giustificare le conseguenze della crisi amorosa del signor Oldman. Ma il film ‘giallo’ induce lo spettatore a dubitare circa la motivazione di quello che ha visto sullo schermo. Gli ultimi minuti di proiezione gli spiegano, se da solo non l’aveva ancora inteso, che tutto il funzionamento dell’assedio dei due giovani fidanzati ai danni del povero (adesso lo è davvero!) antiquario è stata opera della loro invidia.

Il doppio stratagemma della ricostruzione dell’automa umano assemblandone i pezzi che l’antiquario scopriva negli angoli bui della villa e le sottili strategie psicologiche per farlo innamorare di Claire, fanno andare avanti il film, che per certi aspetti sembra soltanto di vicenda. È quanto può succedere anche a film d’autore, nel nostro caso scritto e diretto con grande esperienza.

Quando il giocattolo meccanico è pronto, la molla caricata per far cadere in trappola ‘il topo’ scatta e il signor Oldman è ‘preso’.

L’IDEA CENTRALE deriva maggiormente dalla vicenda che dal racconto ‘macchinoso’, è ovvia:  .

Non conviene oggi affrontare la vita ingenuamente in un mondo abitato da furbi disposti ad approfittarsene.

Per la formazione personale dei giovani spettatori conviene ricordare che la vita non è il film e che quindi non è giusto generalizzare il giudizio che tutti sono imbroglioni e che di nessuno ci si può fidare.

Del resto, lo sappiamo, le relazioni giuste con le persone non si aggiustano come si assemblano gli ingranaggi d’un giocattolo meccanico. 

Il giudizio morale sul comportamento del giovane artigiano e la complicità della fidanzata che sfrutta la debolezza d’un facoltoso pover uomo giocando con i suoi sentimenti mettendo in opera i mezzi per farlo innamorare di lei, che finge di contraccambiarlo per riuscire a derubarlo della sua collezione di preziosi quadri artistici, è condannabile. I due personaggi fanno parte dei cosiddetti furbi del mondo. (Adelio Cola, Torino 29 gennaio 2013)

 
 


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