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LAVORARE CON LENTEZZA – Radio Alice100.6 MHZ



Regia: Guido Chiesa
Lettura del film di: Eugenio Bicocchi
Edav N: 323 - 2004
Titolo del film: LAVORARE CON LENTEZZA – RADIO ALICE100.6 MHZ
Titolo originale: LAVORARE CON LENTEZZA – RADIO ALICE100.6 MHZ
Cast: regia: Guido Chiesa – sogg., scenegg.: Wu Ming, Guido Chiesa – fotogr.: Gherardo Gossi – mus.: Teho Teardo - mont.: Luca Gasparini - scenogr.: Sonia Peng - cost.: Lina Taviani - interpr. princ.: Tommaso Ramenghi (Sgualo), Marco Luisi (Pelo), Claudia Pandolfi (Marta), Valerio Mastandrea (Tenente Lippolis), Valerio Binasco (Marangon), Jacopo Bonvicini (Pigi), Max Mazzotta (Lionello), Massimo Coppola (Umberto) – durata 111’ – colore – produz.: Domenico Procacci per Fandango, Medusa Film, Les Films des Tournelles, Roissy Film – origine: ITALIA, 2003 – distrib.: Fandango, (01-10.2004)
Sceneggiatura: Wu Ming, Guido Chiesa
Nazione: ITALIA
Anno: 2004
Presentato: 61 MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA DI VENEZIA - CONCORSO
Premi: Premio Marcello Mastroianni a Marco Luisi e Tommaso Ramenghi

L’argomento del film (o almeno una significativa parte) rimanda a precisi ambienti della storia italiana di quasi trent’anni fa. La città, luogo dove si svolge l’azione, è Bologna. Il fenomeno culturale e politico è la presenza di una stazione libera radiofonica «Radio Alice», appunto, come compare nella seconda parte del titolo dell’opera di Guido Chiesa. Alcuni eventi trattati dal film richiamano, senza equivoci, episodi reali, come per esempio la morte di uno studente, colpito dai carabinieri, durante una manifestazione. Ce ne è piú che a sufficienza per far saltare fuori immediatamente il problema del come porsi di fronte al film. A parte l’atteggiamento di chi era favorevole già durante la fila in attesa di entrare in sala (una sorta di acquisto a scatola chiusa compiuto dallo spettatore, se non addirittura dal critico), LAVORARE CON LENTEZZA - RADIO ALICE 100.6 MHZ finisce (suo malgrado?), al termine della proiezione, per lanciare alla platea la provocazione dell’interrogativo: si deve «andare» direttamente sull’argomento, oppure «intrattenersi» sulla pellicola? Nel primo caso si tratterrebbe – stando a criteri di autodefinizione – di «critica militante», nel secondo – sempre per autodefinizione – di «critica cinematografica». Gli esiti sono diversi. Per quanto riguarda la critica militante basta, almeno per un orientamento, guardare le valutazioni di due testate politicamente su posizioni contrapposte, «Il Manifesto» e «Il Giornale». Stando al supplemento del periodico «Ciak», vale a dire «Ciak in Mostra», distribuito quotidianamente nel periodo della manifestazione veneziana, dentro una scala da uno a cinque, il primo giornale attribuisce al film di Chiesa tre punti (che la legenda fa corrispondere ad «appetitoso»), il secondo uno (cioè da lasciare perdere). Anche se una valutazione quantitativistica è quella che è, non pare una forzatura dire che è l’argomento a fare discendere il giudizio.

 

È, di certo, piú interessante, propositivo e (anche) difficile andare alla ricerca del contenuto comunicativo del film, contenuto che, ovviamente, non può che essere desunto dalla forma filmica. LAVORARE CON LENTEZZA - RADIO ALICE 100.6 MHZ narra la vicenda di due giovani (trent’anni fa si sarebbero definiti «proletari»), che vengono coinvolti in un piano, non eseguito fino al successo, per scassinare, tramite un cunicolo scavato nel sottosuolo del centro di Bologna, il caveau di una banca. (Note distribuite nel contesto della Mostra informano che, in realtà, ci fu un caso molto simile nel capoluogo emiliano, senza però che si sia mai arrivati alla identificazione dei responsabili). Durante i «lavori di scavo» i due si sintonizzano casualmente sulla frequenza di «Radio Alice». Sono attratti da questa emittente. Incominciano a frequentarne gli ambienti e finiscono per essere coinvolti nei drammatici scontri di piazza tra gli studenti e le forze dell’ordine, che la stazione radiofonica documenta e, per quel che può, coordina.

Il film tratta questa materia «necessariamente» in modo cinematografico. E questo modo rivela la posizione dell’autore. Prima di tutto colpiscono la figurazione, l’uso del movimento della macchina da presa, il montaggio. La figurazione evita composizioni ordinate, definite o simmetriche. I movimenti della macchina da presa sono quasi costanti, molto veloci, molto irregolari. Il montaggio accosta, appena possibile, fotogrammi che potrebbero essere definiti «i meno accostabili». Si può anche dire che è un montaggio «pieno di errori»: in alcune situazioni ci sono dei veri e propri «salti macchina», cioè attacchi (le cosiddette giunte) che si manifestano discontinui, proprio in un elemento (la connessione) di collegamento. Sono tutte, ovviamente, scelte per significare che l’argomento è pieno di difficoltà, di disordine, di sconnessioni. In breve: è un argomento caotico e difficile. In questo senso è come se il regista piegasse il proprio occhio a farsi disorganizzare dall’argomento, invece di interpretarlo secondo linee di certezza. Verso questa stessa direzione portano anche la grafica dei titoli di testa (scrittura fatta, a mano libera, col gessetto da lavagna), la colonna sonora (polimorfa. Per esempio, l’arrangiamento dell’«Inno di Mameli», sui titoli stessi) e la recitazione senza «arte» (leggi: artificio) dei due protagonisti, ma per questo funzionale (forse piú per scelta iniziale del regista che per apporto successivo).

Per altri aspetti, invece, il regista abbandona la cautela, se non proprio la problematicità di cogliere una situazione storicamente complessa e dai contorni indefiniti, per rivelare il proprio sguardo preciso sull’argomento. Nel corso della storia c’è l’episodio di un violentissimo e cinico pestaggio ai danni di un anziano da parte di un giovane. Un teppista, un delinquente. Come tratta l’autore questo argomento? In una scena il regista mostra il personaggio a casa propria. Nella stanza, appeso alla parete c’e un ritratto di Padre Pio. La famiglia è cosí caratterizzata culturalmente. Poi salta fuori che il padre non ha un comportamento tanto in linea moralmente. Se si nota, infine, che l’immagine cinematografica ha una dominante «cyan» che altera la resa dell’incarnato, si può cogliere il giudizio negativo di Chiesa verso quell’ambiente culturale dove i valori appesi alle pareti non trovano riscontro nella concretezza dei gesti quotidiani. Come dire: che valori! Che esempi! (tutti negativi).

Anche sul mondo delle forze dell’ordine il giudizio del regista è pesantissimo. Il carabiniere addetto alla intercettazione e alla registrazione dei programmi diffusi da Radio Alice ha una «maschera» (nel senso di «maschera dell’attore») da «poco sveglio». La recitazione accentua questa caratteristica: il personaggio ha un tic nervoso che gli fa sbattere la palpebra di un occhio. Anche le cose in dotazione ai carabinieri hanno dei «limiti»: un primo apparecchio radiofonico è vecchio e malfunzionante; un secondo, «ancora in garanzia» rivela fin da subito problemi tecnici. Come dire: uomini e cose inadeguati.

I superiori sono trattati peggio ancora. Un tenente è sorpreso (di fatto dalla macchina da presa, cioè dal regista) mentre dall’ufficio conversa telefonicamente con la propria moglie, parlando delle possibilità di una promozione. La promozione domina anche i suoi interessi e i suoi comportamenti. Come dire: impiego privato del tempo lavorativo; ambizione personale e non serietà professionale.  Si è detto che il film è costituito da episodi inventati e da altri ispirati a fatti reali. A Bologna, l’atteggiamento dei graduati, nell’organico dei carabinieri è stato storicamente questo? Anche per il mondo dei carabinieri la scelta cromatica costante e sistematica (eccetto che in un caso) è quella della dominante del «cyan», come si è già visto sopra.

Circa l’uccisione di uno studente universitario durante gli scontri nelle strade (preciso riferimento alla morte reale del militante, Francesco Russo), il film (attraverso l’inquadratura e la recitazione del responsabile delle forze dell’ordine) afferma l’intenzionalità di quello specifico fatto di sangue. In altri termini: non un incidente durante gli scontri, ma una esecuzione comandata e per torbidi motivi. Si tratta di un’asserzione filmica gravissima. È questa la vera restituzione? Un film di fiction, in casi del genere, deve prepararsi ad affrontare, nei tempi dovuti, indagini e verifiche. Questo di Chiesa non potrà sottrarsi ad uno studio sulla sua origine eteronoma: la commistione tra parti storicamente ispirate e parti inventate fa sí che ci sia un reciproco riverbero, un intrecciarsi di significati che appartengono ad ordini diversi (un conto l’immaginazione libera di un autore e un conto la ricostruzione di episodi accaduti con modalità proprie) dai quali è bene non far sorgere equivoci.

Ma per ora – vale a dire in attesa di qualche ricerca storicamente possibile e attendibile – guardiamo LAVORARE CON LENTEZZA – RADIO ALICE 100.6 MHZ solo nel suo risvolto «autonomo» che, al di là della trama e della vocazione al bozzettismo, paradossalmente, sembra fare di tutto per richiamare l’eteronomicità delle sue parti, con tutte le sue (del film!) problematiche implicazioni.

 


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