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LINHAS DE WELLINGTON



Regia: Valeria Sarmiento
Lettura del film di: Franco Sestini
Titolo del film: LINHAS DE WELLINGTON
Titolo originale: LINHAS DE WELLINGTON
Cast: regia: Valeria Sarmiento – scenegg.: Carlos Sabota – mont.: Valeria Sarmiento e Luca Alverdi – fotogr.: Andrι Szankowski – scenogr., cost.: Isabel Branco – mus.: Jorge Arriagada – interpr. princ.: Nuno Lopes, Soraia Chaves, John Malkovich, Marisa Peredes, Melvil Poupaud, Catherine Deneuve – durata: 151’ – colore – produz.: Alfama Films-Portugal, Alfama Film France – origine: PORTOGALLO/FRANCIA, 2012 – distrib. intern.: Alfama Film France
Sceneggiatura: Carlos Sabota
Nazione: PORTOGALLOO FRANCIA
Anno: 2012
Presentato: 69 Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia 2012 – CONCORSO VE69

È la storia di un grande evento storico per il Portogallo, un evento che cambia la vita ed il futuro di quel Paese: dopo un paio di tentativi affidati a Junot e Soult, entrambi falliti, nel 1810 Napoleone Bonaparte invia il maresciallo Messena al comando di una imponente armata di terra e di mare, con l’incarico di invadere il Portogallo; in aiuto del quale l’Inghilterra invia un forte esercito al comando del generale Wellington.

L’armata francese ha buon gioco nelle prime battaglie e raggiunge facilmente il centro del Paese, ma nell’ultima battaglia Messena, dopo avere sconfitto il nemico, lascia che questi faccia una autentica “ritirata strategica”, mentre in francesi non lo inseguono ma si fermano per riorganizzare le fila e per curare i feriti; quando l’armata riparte, si trova a dover incontrare gli anglo-portoghese proprio nei posti che loro vogliono, cioè nelle famose “linee fortificate” messe in piedi da Wellington in oltre tre anni di lavoro.

Quando i francesi giungono sotto le linee nemiche si rendono conto che sono inespugnabili ed abbandonano la battaglia ed il Paese; sarà la vittoria per il Portogallo, vittoria che avrà grande importanza per il futuro del Portogallo.

Il film inizia con una carrellata su un campo di battaglia in cui sono rimasti una miriade di cadaveri di soldati ed è costruito lungo la “ritirata strategica” dell’esercito portoghese verso le fortificazioni di Torre Vedrai e l’inseguimento dell’armata francese; in questo lasso cinematografico l’autrice presenta una serie di piccoli avvenimenti che inducono alla riflessione: si comincia con l’incontro tra il sergente portoghese ferito e la signora inglese, si prosegue con l’analisi del personaggio “Martirio”, una prostituta che segue l’esercito portoghese e si concede, a pagamento, a “quasi tutti” È e al termine del film la troviamo mentre viene condotta all’altare da un sergente.

Tra le varie bande che imperversano nel territorio teatro della guerra, oltre ad un gruppo di disertori di entrambi gli eserciti che si comportano da “banditi”, dediti solo al massacro ed alle ruberie, c’è una strana “armata” capitanata da un Abate, nella quale milita un’accozzaglia di persone, tutte comunque fedeli al capo, che portano con se una statua della Madonna alla quale sono fedeli; sono feroci come gli altri, sono anch’essi dediti alle ruberie ed al saccheggio, ma ogni tanto si lasciano andare a qualche “motto” religioso, come a dire che ormai la vita in quelle lande desolate è talmente inquinata da “produrre” anche questo genere di persone.

Il film è stato preparato con la consueta cura dal regista portoghese Raul Ruiz e quando la morte lo ha raggiunto, l’opera è passata nelle mani della compagna, Valeria Sarmento, che ha chiesto la collaborazione dello sceneggiatore Sabota ed ha realizzato questo film di oltre due ore e mezza, dedicandolo al regista scomparso.

Poiché la Sarmento viveva con Ruiz, è sperabile che abbia colto lo spirito del lavoro che il regista portoghese stava mettendo in piedi e lo abbia trasferito nel suo; comunque, la tematica dell’opera che ci arriva nelle sale è anzitutto un urlo agghiacciante contro le guerre, contro tutte le guerre, quelle “giuste” e quelle “ingiuste”, colpevoli di ridurre gli individui a macchine per uccidere e di far esplodere dal loro intimo tutte le più perverse attitudini al male.

Il film quindi è uno splendido affresco storico pieno di affreschi su luoghi e situazioni, il tutto però focalizzato sugli effetti devastanti che la guerra scatena nelle menti degli individui, siano essi soldati in guerra oppure famiglie che niente hanno a che vedere con il conflitto o, per ultimo, di vittime innocenti che hanno avuto la sola colpa di essere lì in quel momento.

E l’autrice compie questa azione di ricostruzione, sia dei luoghi che delle persone, con un occhio che mi è apparso quasi sempre velato dalla commozione e da un grande amore per coloro che soffrono; non c’è il buono o il cattivo come non c’è il vincente en il perdente, sono tutti esseri umani che il destino ha collocato in quel luogo in quel preciso momento storico.

Per concludere, il film è ben costruito, con accuratezza e mestiere e si avvale di un ottimo cast; tra gli attori, alcuni “cammei”, più o meno importanti, sono veramente gustosi: Nichel Piccoli, Catherine Deneuve e John Malkovich, quest’ultimo impegnato a costruire un generale Wellington dai toni in alcuni tratti quasi farseschi e comunque sempre “sopra le righe”.

 


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