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È STATO IL FIGLIO



Regia: Daniele Ciprì
Lettura del film di: Franco Sestini
Titolo del film: È STATO IL FIGLIO
Titolo originale: È STATO IL FIGLIO
Cast: regia: Daniele Ciprì – sogg.: Roberro Alajmo, tratto dal suo omonimo romanzo, Massimo Gaudioso, Daniele Ciprì – scenegg.: Massimo Gaudioso, Daniele Ciprì e Miriam Rizzo – mont.: Francesca Calvelli e Alfredo Alvigini – fotogr.: Daniele Ciprì, Massimo Caiuli – scenogr.: Marco Dentici – cost.: Grazia Colombini – mus.: Carlo Crivelli – interpr. princ.: Toni Servillo (Nicola Ciraulo), Giselda Volodi (Loredana Ciraulo), Fabrizio Falco (Tancredi), Aurora Quattrocchi (nonna Rosa), Benedetto Raneli (Benedetto Raneli), Alfredo Castro (Busu), Piero Misuraca (Masino), Giacomo Civiletti (Giovanni Giacalone), Alessia Zammitti (Serenella Ciraulo), Per Giorgio Bellocchio (Deaf Man) – durata: 90’ – colore – produz.: Passione, Babe Films con Rai Cinema e con Palomar in associazione con Aleteia Communication e Faro Film – origine: ITALIA / FRANCIA , 2011 – distrib.: Fandango
Sceneggiatura: Massimo Gaudioso, Daniele Ciprì e Miriam Rizzo
Nazione: ITALIA, FRANCIA
Anno: 2011
Presentato: 69 Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia 2012 – CONCORSO VE69
Premi: 1. PREMIO MIGLIOR CONTRIBUTO TECNICO E FOTOGRAFIA a Daniele Ciprì - 2. PREMIO MARCELLO MASTROIANNI a un giovane attore/attrice emergente a Fabrizio Falco - 3. Premio Agiscuola Segnalazione Cinema for Unicef

È la storia di una famiglia palermitana, la famiglia Ciraulo, composta dal padre, Nicola – unico sostegno economico – che si arrabatta rubacchiando il ferro delle navi in disarmo e rivendendolo; la moglie dedita ai lavori domestici, il figlio, Tancredi, che non ha arte né parte e sembra avere anche poca intenzione di mettersi a lavorare, la figlia, Serenella, autentico “amore” del padre; infine i due anziani genitori – entrambi senza pensione – che vivono con la figlia a completo carico del genero.

La loro esistenza, anche se scadente sotto il profilo economico e scarna di soddisfazioni, trascorre abbastanza serena e con piccoli scorci di felicità, come l’andata al mare per l’intera famiglia. Questa situazione viene a cambiare di colpo quando, in occasione di un regolamento di conti di stampo mafioso che avviene nella piazzetta antistante l’abitazione dei Ciraulo, la piccola Serenella viene colpita da un proiettile vagante e rimane uccisa.

È naturale che la famiglia intera piombi nella più cupa disperazione e, questo, ha riflessi anche di natura economica, in quanto Nicola prende a condurre una vita apatica e inconcludente; sarà un vicino di casa che apre un nuovo spiraglio: suggerisce di chiedere allo Stato un risarcimento per le vittime delle attività mafiose; viene ovviamente incaricato un avvocato di istruire la pratica e, in breve tempo, la Prefettura, comunica che la domanda è stata accolta e che verrà liquidata la somma di 220/milioni; piccolo particolare che all’inizio sfugge a tutti, è la mancanza dei tempi di esecuzione di questa operazione.

Comunque la famiglia, appreso dell’accoglimento della domanda, comincia ad allargare la borsa della spesa, visto anche la “disponibilità” dei bottegai consueti che ben volentieri mettono in conto le cifre utilizzate, in attesa del saldo.

Dato che la pratica con lo Stato non si muove, come comportarsi, anche visti i solleciti dei bottegai? Sempre un amico di casa, suggerisce di rivolgersi ad un usuraio che fornirà i denari occorrenti alla famiglia, in attesa dell’arrivo di quelli spettanti dallo Stato; e qui facciamo conoscenza con un personaggio tipico dell’ambiente degli usurai: mellifluo, sempre disponibile, ma “duro” nel momento in cui occorre presentarsi con questa maschera.

Finalmente arriva la sospirata somma risarcitoria e quindi, saldati i debiti, rimangono dei soldi che il solito amico di famiglia sconsiglia vivamente di tenere in Banca e così vengono prelevati da Nicola e la famiglia al completo cerca una loro utilizzazione: gli anziani optano per un posto in un cimitero in faccia al mare; la moglie vorrebbe cambiare alcuni mobili di casa, il figlio aspira ad una motocicletta, ma tutti questi “sogni” si mostrano irrealizzabili o velleitari e così prevale il desiderio di Nicola: una fiammante Mercedes di colore blu, con la quale fare schiattare di rabbia tutto il vicinato.

L’auto arriva, la famiglia al completo compie un primo giro di prova, ma il “disastro” è in agguato: il cugino di Tancredi, circuisce il parente per andare insieme ad un cinema vicino utilizzando l’auto nuova di Nicola, guidata dal figlio che non ha neppure la patente, ma è convinto di saperla guidare: al ritorno una banale strettoia con un’auto che arriva in senso inverso, provoca un vistoso graffio sulla carrozzeria della Mercedes; Nicola il giorno seguente si accorge del “delitto” e imputa la cosa al figlio, che viene schiaffeggiato pesantemente ma che accusa il cugino il quale subisce lo stesso trattamento, ma quest’ultimo ha una pistola e con quest’arma spara due colpi e uccide Nicola.

A questo punto tutti si chiedono che fare? L’idea vincente è della nonna: Tancredi non ha una occupazione e quindi non può mantenere la famiglia, il cugino omicida ha diverse occupazioni (alcune, sembra, anche non proprio “pulite”) e quindi potrebbe sobbarcarsi l’onere del mantenimento di tutti i Ciraulo; così, mentre l’assassino viene nascosto, Tancredi viene accusato del delitto e presumibilmente andrà a scontare qualche anno di galera.

Sono stato un po’ lungo nell’esporre la vicenda, ma il film si baso solo su questa; inutile andare oltre la narrazione, salvo alcune piccole ideuzze parziali: anzitutto quella dell’automobile, simbolo di ricchezza e di prestigio sociale, che diventa simbolo di rovina e di miseria, anche morale.

E poi c’è anche lo sfondo dell’intera vicenda: sia pure calcando la mano sulla panoramica che avvolge la vita dei Ciraulo, assistiamo a situazioni ed eventi che ci portano in ambienti dove la miseria e l’incultura (quella interiore ovviamente) trasuda in ogni immagine, anche quelle rese gustose dalle prestazioni degli attori, tutti all’altezza della situazione. Insomma, il fallimento del valore famiglia e quello dei rapporti umani, sono alla base della narrazione del film; non vado oltre nella disanima di una eventuale tematica, dato che non possiamo parlare di cose che nel film sono soltanto accennate e vengono usate esclusivamente come pretesto per costruire una bella e accattivante narrazione.

C’è poi una notazione da riportare: il film tratta di cose siciliane, è parlato in siciliano, a volte anche stretto (ci sono anche i sottotitoli in italiano), risulta ambientato a Palermo, ma è stato realizzato, di fatto, in Puglia, dato che quest’ultima regione ha concesso un sostegno finanziario, grazie all’Apulia Film Commission: non voglio fare certo una colpa ai produttori, ma mi sembra una incongruenza che una Regione definita da tutti come “scialacquona” si sia fatta soppiantare da un’altra struttura il finanziamento per un “suo” film: stranezze dei finanziamenti italici.

 


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