Ciscs


Edav.it



LOGIN ABBONATI

Cerca negli articoli


   
Il portale di studi sulla comunicazione del CiSCS
Centro Internazionale dello Spettacolo e della Comunicazione Sociale
   



Visualizza tutte le notizie:



 

I CANNIBALI



Regia: Liliana Cavani
Lettura del film di: Nazareno Taddei sj (NAT)
Titolo del film: I CANNIBALI
Titolo originale: I CANNIBALI
Nazione: ITALIA
Anno: 1969

da: Note Schedario n. 15 - 20 maggio 1970

In una città moderna (Milano), i ribelli sono stati uccisi e sotto pena di morte i loro corpi devono rimanere insepolti. La città ne è piena. La gente passa indifferente. Una ragazza, Antigone, riesce a seppellire il fratello contro il parere di tutti e anche senza l'aiuto del fidanzato (figlio del primo ministro), con l'aiuto invece di uno strano giovane straniero che dipinge sui manifesti della proibizione un pesce. Dopo il primo, ne seppelliranno altri. Ma sono denunciati e inseguiti dalla polizia. Si rifugiano nudi in una chiesa e ne escono rivestiti da preti; così vestiti vanno nella caserma della polizia sollecitando gli allievi poliziotti a non lasciarsi mutilare dai comandanti. Finalmente vengono catturati. Antigone è sottoposta a tortura e l'amico messo in manicomio. Il fidanzato intercede invano presso il padre e quindi si dà anch'egli a seppellire i morti. Così viene arrestato. Invano il padre cerca di farlo ragionare per poterlo liberare: egli si metterà a vivere da bestia, strisciando per terra e mangiando senza le mani. Lo strano compagno di Antigone viene liberato e si mette alla ricerca di lei. La incontra mentre viene portata dai poliziotti in mezzo a una piazza, esposta non si capisce bene se alla berlina o a uno strano esperimento. Le si unisce e finiscono per essere uccisi. E nel commento d'un comandante che l'ordine è stato così ristabilito, il film finisce, mentre sui titoli di coda, gli ospiti del manicomio liberati si mettono a seppellire i morti.
S'è detto che la Cavani si rifà, con questo film, a Pasolini; ma di Pasolini pare non ci sia né la chiarezza e profondità tematiche né il vigore strutturale della trasposizione moderna di una tragedia greca. C'è certamente il tentativo, in parte riuscito, di una tale trasposizione.
L'Antigone di Sofocle volle seppellire il fratello Polinice, ucciso e uccisore nel duello contro il fratello Eteocle, tiranno di Tebe. Creonte che era succeduto a Eteocle, aveva ordinato di dare sepoltura a questi, ma di lasciare insepolto - sotto pena di morte - Polinice. La tragedia di Sofocle comincia appunto (come il film) con Antigone che discute con la sorella Ismene il decreto di Creonte, dicendo che gli ordini divini di dare sepoltura ai morti sono più forti di quelli del tiranno. Ismene rifiuta di aiutare Antigone, ma le promette che non la ostacolerà. Così Antigone provvede da sola. Creonte la condanna a morte. Invano Ismene ed Emone (figlio di Creonte, fidanzato di Antigone) intercedono per lei. Invano interviene anche il profeta Tiresia. La pena sarà ancor più crudele. Tiresia profetizza che Emone si ucciderà se Antigone sarà giustiziata. Creonte allora corre a liberare Antigone, ma questa si è impiccata. Emone si suicida e, dopo lui, si uccide Euridice, moglie di Creonte.
La tragedia finisce con Creonte che invoca la morte.
Ne i CANNIBALI, i riferimenti alla tragedia sono parecchi (c'è anche la figura della sorella, oltre quella del fidanzato e del tiranno; oltre ovviamente la situazione base), ma sono moltissimi i punti in cui le due versioni divergono. Ma più che per le situazioni narrative, s'impone la diversità dalla tragedia sofoclea per la presenza di quello strano personaggio del pesce (che parla una lingua incomprensibile, eppur s'intende con Antigone), il quale ha nel film un ruolo quasi da coprotagonista. Può non avere alcuna importanza sapere se questo personaggio abbia o meno riferimento alla tragedia, poiché il film vive una sua evidentissima vita autonoma e, in genere, può essere inutile o dannoso tentare di commisurare l'opera filmica su quella letteraria o teatrale alla quale si ispira. Ma in questo caso può essere interessante, poiché più che il contenuto narrativo della tragedia greca è il suo contenuto tematico che pare aver ispirato l'autrice del film. Sofocle tratta del conflitto tra le leggi divine e quelle umane; e forse detto personaggio potrebbe essere una sorta di incarnazione del potere divino.
Tuttavia, a prescindere ormai da ogni riferimento alla tragedia, il film fa un suo discorso ch'è evidentemente moderno e impostato sulle situazioni che travagliano la società contemporanea. Sulla situazione di base (Antigone che vuol dare sepoltura al fratello e poi continua anche con gli altri, allargando così la tematica della pietà fraterna più alla ribellione a leggi ingiuste che alla pietà per tutti), la Cavani tocca vari aspetti: dall'indifferenza succube e impietosa dei cittadini che camminano tra i morti, anche quando i cadaveri stanno diventando fetidi, al feticismo per la legge del primo ministro (non alieno peraltro a superarla quando ne è direttamente toccato), alla scientifica massificante preparazione dei poliziotti, ai valori universali e profondi della "madre terra" (il seppellimento del fratello e del secondo cadavere), all'inutilità di certe forme religiose, alla generica pazzia d'una società alienata in contrapposto ai ricoverati del manicomio.
Ma ci sono punti che restano oscuri e nemmeno si vede come dal complesso di questi spunti nasca una precisa tematica.
Si potrebbe dire che la tematica è di contestazione più o meno globale; ma c'è una sorta di acidità nel contestare che non solo ne sminuisce il vigore, bensì ne offusca anche la portata o la dimensione ideologica. A questo proposito, non si può non osservare la decisa irriverenza verso il personaggio del Papa che passa benedicente i cadaveri, precedendo un camion inaffiatore di strade. Qui non è questione di contestare certe forme religiose o certi costumi del potere ecclesiastico (come fa terribilmente ma efficacemente e, vorrei dire, teologicamente Buñuel) che possono e devono essere contestati; qui si tratta invece di confondere uso e abuso, sostanza e manifestazione, visione oggettiva e soggettiva delle cose. In quel Papa che passa a quel modo c'è l'eco di accuse che sono state mosse e forse si muovono al Papato (connivenza con i tiranni di vario genere, ecc.) per la parte che esse hanno di ingiusto e di insulso e che la Cavani, forse senza volere, fa proprie con eccessiva leggerezza.
La lezione di Buñuel, di Fellini, di Pasolini le avrebbe potuto giovare maggiormente, se l'avesse ascoltata con meno di quella sorta d'acidità di cui ho detto. E lo stesso potrebbe dirsi di altri momenti del film, se non di tutto. Il che avrebbe giovato anzitutto al film stesso, poi alla validità della sua contestazione.
Ci sono dunque nel film molte cose che dispiacciono, non nel senso della sgradevolezza - così turgida di significati e quindi di valore - di alcune cose pasoliniane, bensì nel senso d'una non raggiunta chiarezza, d'un'impressione di parlare in gergo e quasi con ostentazione, d'un'acidità (ripeto) che tiene quasi il discorso a un livello di fatto personale. E dispiace soprattutto l'impressione che il film non arrivi a una precisa e valida denuncia, documentata da cose e non da… parole, resti quasi velleitario nella sua indagine e nella sua tematica, sprechi inutilmente energie preziose e occasioni rare.
Ma detto questo, non si possono non rilevare alcuni aspetti di notevole interesse, ben più di pensiero che artistico. Aspetti che, pur nella loro ambiguità o insufficiente determinazione, rivelano intuizioni acute e ambiti di pensiero estremamente attuali. Mi riferisco soprattutto al personaggio del pesce e a quanto concerne il seppellimento dei due primi cadaveri. Ci troviamo qui in una dimensione che più che religiosa vorrei dire teologica; anche se, a qualcuno, la trattazione vista in questa chiave potrebbe sembrare eretica o blasfema. Il personaggio misterioso che interviene ad aiutare Antigone e prende contatto con lei con un ingenuo disegno di pesce è chiaramente cristiano. Non voglio dire sia esattamente il Cristo, l'ictjs (=Gesù Cristo Dio Salvatore); ma la figura stessa dell'attore, il suo vestire, il suo agire, il seminare di disegni di pesce sugli oridini di morte tutto il film assumono un peso chiarissimo. Egli verrà relegato tra i pazzi, come pazzo è stato giudicato il Cristo alla corte di Pilato; e verrà ucciso come il Cristo è stato ucciso; e sul suo cadavere si pronunceranno parole di soddisfazione per un ordine ristabilito, così come del Cristo s'era parlato di sediziosità e di ordine pubblico.
Ma ciò che amplia e approfondisce - ma insieme turba alquanto od oscura - il discorso è quell'uso del pane e del vino nel seppellimento dei due morti. Il pane e il vino richiamano evidentemente il Cristo sacramentale, la comunione cioè - mediante il suo Corpo e Sangue - di tutti i suoi fedeli vivi e defunti. C'è una chiara Comunione nel seppellimento del fratello: il personaggio misterioso prende un pane (che è però imbottito di affettato), lo spezza, ne dà parte ad Antigone e insieme ne mettono un pezzetto tra le mani raccolte sul cuore del cadavere e mangiano devotamente. Per il secondo cadavere, invece, il personaggio porta grossi grappoli di uva con cui ricoprono il cadavere e di cui mangiano. I cadaveri poi vengono messi nella grotta ch'è la madre terra, che potrebbe essere il sepolcro del Getsemani. Se si pensa che il ragazzo e Antigone, nudi, entrano in un chiesa e il primo strappa la tovaglia dall'altare per ricoprire Antigone, non è difficile sentire la vicinanza con quanto detto qui sopra: la nudità simbolo della natura originale, l'altare dove c'è il Cristo sacramentale, la tovaglia che copre…, il Papa benedicente dell'inizio…; pare di sentire l'eco di un ritorno arcaico al Cristo e ancestrale alla divinità, al di là e contro formulazioni o formalizzazioni.
Non a caso ho rilevato più sopra che vedere queste scene in chiave teologica potrebbe far parlare di eresia e di bestemmia. L'incertezza e l'oscurità d'un simile parlare forse salvano dall'una e dall'altra, mentre fanno sentire il sapore d'un'interpretazione assai profonda (anche se troppo vaga) del mistero cristiano: cos'è infatti il cristianesimo se non partecipazione a una vita soprannaturale e cos'è questa vita soprannaturale se non una partecipazione profonda alla vita di Dio, il che si compie secondo l'archetipo che Dio ha formato dell'uomo, archetipo che si realizza quando l'uomo - nella sua libertà - gli si adegua, spogliandosi appunto di quelle sovrastrutture che il peccato originale gli ha lasciato in eredità? Se si prescinde dunque dalle formulazioni teologiche redatte secondo il linguaggio classico e tradizionale, i concetti coincidono - epsressi in immagine - e diventano illuminanti.
Ma contro tale interpretazione mi pare militi una insufficiente chiarezza segnica dell'immagini stesse e probabilmente, di riflesso, delle concezioni dell'autrice: intuizione si, idee compiute forse no. Ed è un peccato.
Una ricerca quasi ossessiva di simboli, un parlare per immagini composte in gergo, nuocciono fortemente.
Senza dire che riesce difficile a capire come tutto questo discorso entri strutturalmente nell'insieme e giunga a esprimere una tematica precisa. Così, il simbolo del fidanzato che vuol trasformarsi in bestia, l'uccisione finale, la contestazione in genere, la ignavia dei cittadini, il manicomio, tutto il resto, che pur presentano chiari segni tematici - anche efficaci e mordenti - non riescono a coagulare in un unico vigoroso pensiero. Così, anche il rapporto con la tragedia greca (il conflitto tra leggi umane e divine) viene assai difficile a intendersi, mentre pare attenuarsi nella sua dimensione originaria e non incarnarsi sufficientemente nella moderna problematica cristiana.
Si hanno dunque alcuni bei o bellissimi brani, frammischiati ad altri puramente narrativi o pressoché superflui o decisamente deboli; e si ha un film che ti ha fatto solo sentire l'odore del buon piatto che volentieri avresti mangiato. Questo non sminuisce il valore e il vigore di quei brani o di quegli aspetti che hanno valore e vigore; impedisce solo un giudizio meno perplesso di tutto il film. (NAT)
 


RSSFacebookGoogleYoutubeSkypeEmail

Iscriviti alla newsletter
sarai aggiornato sulle nostre attività
Nome
E-mail

È il momento del
5 per millle... sostienici!!!

C.F. 02447530581


SPECIALE ASTA
Vendiamo all'asta
due fantastici cimeli della
storia del cinema.

Un'occasione imperdibile per tutti gli appassionati e i collezionisti


"La moviola"
"La poltrona di Fellini"

   
   
    Direzione: Via Giolitti 208, 00185 Roma (RM) - Tel e Fax 06/7027212
Redazione e Amministrazione: Via XX Settembre 79, 19121 La Spezia (SP) - Tel e Fax 0187/778147
C.F. 02447530581 - email: ciscs@edav.it