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JAY



Regia: Francis Xavier Pasion
Lettura del film di: Andrea Fagioli
Titolo del film: JAY
Titolo originale: JAY
Cast: regia, scenegg.: Francis Xavier Pasion - scenogr.: Joy Puntawe - fotogr.: Carlo Mendoza - mont.: Francis X. Pasion, Kats Serraon, Chuck Guttierez - mus.: Gian Gianan - cost.: Charmaine Idea - suono: Mark Locsin, Joey Santos - interpr.: Baron Geisler, Flor Salanga, Coco Martin, Angelica Rivera, Carlo Mendoza, JC Santos - durata: 96' - colore - produz.: Pasion Para Pelicula Productions - origine: Filippine, 2008 - distrib.: Ignatius Films Canada
Nazione: FILIPPINE
Anno: 2008
Presentato: 65. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2008 - Orizzonti

Jay, giovane insegnante omosessuale, viene brutalmente ucciso a suon di coltellate in quello che ha tutte le caratteristiche dell’omicidio passionale. Ma prima ancora che la famiglia ne venga a conoscenza, un altrettanto giovane giornalista (che guarda caso si chiama Jay, come la vittima) irrompe nella casa dei congiunti accompagnato da un operatore della rete televisiva Canale 8 per documentare lo shock e il dolore dei familiari. Sarà lui stesso a riunire i familiari intorno al televisore selezionando la sua emittente che trasmette il tg con le immagini raccapriccianti del giovane senza vita riverso sul letto in un pozza di sangue. Sarà ancora lui a convincere la madre ad autorizzare le riprese della veglia funebre e del funerale per la messa in onda di un reality show dal titolo “Cari estinti” in onda su Canale 8 che, a suo dire, aiuterà a far emergere la verità sul delitto, a scovare l’assassino e a consegnarlo alla giustizia.

 
 Fin qui la vicenda, molto semplice, per un film più complesso (ma alla fine sostanzialmente didascalico) a livello di racconto, ovvero di modi narrativi, che inizia e si chiude con l’inquadratura di uno schermo televisivo con il classico fermo immagine della prova colore e un sibilo distorto del sonoro. Dopo di che prende avvio il film nel film, ovvero la finzione nella finzione con alcune parti colte dalla macchina da presa e poi riviste attraverso la camera dell’operatore di Canale 8 oppure dalla macchina da presa che segue l’operatore di Canale 8. Ma quello che interessa maggiormente è che gli stessi familiari, pur provati da un dolore terribile, finiranno per fingere di fronte alla telecamera le scene non riprese in diretta oppure quelle perse per motivi tecnici. Persino la madre di Jay sarà disposta a ripetere lo strazio di fronte alla salma del figlio sul tavolo dell’obitorio con un finto cadavere, addirittura l’ex ragazzo di Jay coperto da un lenzuolo. Clamorosa anche la cattura dell’assassino che, avvenuta senza la presenza delle telecamere, viene rifatta da poliziotti compiacenti liberando materialmente il colpevole e poi faticando e non poco per riacciuffarlo davvero di fronte alla telecamera. Incredibile anche la soggettiva con gli occhi del morto nella bara realizzata con l’operatore sdraiato sotto una lastra di vetro con i congiunti a piangerci sopra.
Il tutto orchestrato da quel grande burattinaio che sembra essere il Jay di Canale 8, che fra l’altro a sua volta non nasconde le sue tendenze omosessuali. Il giovane giornalista trova sempre il modo di convincere tutti a fare quello che lui chiede e che intende per “verità” ovvero tutto ciò che funziona in video. Fino al colpo di scena finale quando vediamo il giornalista, una volta concluse le riprese con la famiglia di Jay, predisporsi ad un incontro gay occasionale, con tanto di coltello appoggiato sul tavolino (simile a quello con cui è stato ucciso l’omonimo), e sul televisore di camera le immagini del reality da lui stesso realizzato, per poi scoprire che pure quella scena è falsa, ovvero a beneficio della telecamera, estremo atto della confusione tra finzione e realtà con la televisione che la fa comunque da padrona, manipolando tutto: dal dolore all’amore, dalla vita alla morte sfruttando soprattutto, a fini spettacolari, la sofferenza umana. (ANDREA FAGIOLI)
 


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