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LONSJ (Piatto Freddo)



Regia: Eva Sorhaug
Lettura del film di: Franco Sestini
Titolo del film: LONSJ (PIATTO FREDDO)
Titolo originale: LONSJ
Cast: regia: Eva Sorhaug - scenegg.: Per Schreiner - fotogr.: John Andreas Andersen - mont.: Wibecke Ronseth, Sophie Hesselberg - mus.: Bugge Wesseltoft - suono: Tormod Ringnes - interpr.: Ane Dahl (Leni), Aksel Hennie (Christer), Pia Tjelta (Heidi), Nicolai Cleve Broch (Marius), Biorn Floberg (Kildahl) - durata: 85' - colore - produtt.: Hakon Overas, Aagot Skjeldal - origine: Norvegia, 2008 - distrib.: TrustNordisk
Nazione: NORVEGIA
Anno: 2008
Presentato: 65. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2008 - SETTIMANA INTERNAZIONALE DELLA CRITICA - EVENTO SPECIALE

E’ la storia di un gruppo di persone, tutte abitanti in un quartiere della buona borghesia di Oslo e della loro infelicità che, per cause del tutto fortuite, si intreccia, anche se nessuno di loro entra in contatto con gli altri.

Il film ha un prologo nel quale si assiste ad un incidente automobilistico nel quale sembra perdere la vita un motociclista e per effetto del quale l’automobilista investitore – avendo un po’ bevuto e temendo i controlli della Polizia – tenta di addossare la responsabilità del fatto ad una donna – che sembra essere una sua collaboratrice professionale – la quale non ne vuole sapere di prendersi la colpa, ma il conducente – con uno stratagemma – riesce a far uscire la donna dall’auto e si piazza lui al posto del passeggero, lasciando a lei il posto del guidatore; a questo punto la donna accetta il ruolo della colpevole e l’uomo la ringrazia.
Dopo questo inizio che ci fornisce una sorta di chiave tematica (cattiveria che predomina e contro la quale è inutile lottare), si entra nel vivo della narrazione e ci avviciniamo ad un blocco di appartamenti, in uno dei quali abita un giovanotto, Christer, che dopo aver ricevuto una deiezione da parte di un gabbiano, decide di recarsi nella lavanderia del blocco accanto al suo per mettere in lavatrice i suoi panni; non si accorge subito che nel giubbotto ci sono i soldi per pagare l’affitto e quando se ne rende conto, cerca di fermare la lavatrice, ma riesce solo a bloccare la luce all’intero stabile; l’elettricista chiamato a riparare il danno rimette la luce ma questa, al suo ritorno fulmina            all’istante un vecchio che vive con la figlia, Leni, segregata in casa per tutta la vita, la quale ora che è rimasta sola e senza un soldo, è costretta ad affrontare il mondo, sognando una nuotata nella calda estate; un’altra coppia che abita nello stesso blocco è formata da Heidi – una avvenente signora che accudisce un bimbo nato da poco – e dal marito, un esigente signore che, nell’apprendere che la lavatrice è guasta, non trova di meglio che prendersela con la moglie, alla quale molla anche un sonoro schiaffone.
I tre personaggi si ritrovano adesso fuori dal loro nucleo e debbono cercare una loro dimensione: Christer viene buttato fuori di casa perché non ha i soldi sufficienti per pagare l’affitto e cerca in tutti i modi di procurarseli, ma l’unica offerta che riceve è quella di un amico che lo invita ad andare in barca con lui fino ai Caraibi; Heidi e il marito stanno cercando una soluzione ai loro litigi che vengono imputati ad gran daffare che ha l’uomo nel proprio lavoro; Leni – fermatasi in un Bar per riposarsi – trova lavoro nella preparazione dei tramezzini nella quale sembra eccellere e può così aspirare a comprarsi un costume per fare la famosa nuotata.
Arriviamo così alle tre sequenze finali: Christer, dopo essere andato a letto con una signora non più giovane ed aver sperato di ricevere da lei un aiuto in denaro, viene schiaffeggiato e messo fuori casa: cerca di arraffare qualcosa, ma anche quando trova dei gioielli, si pente e li rimette a posto; si reca allora dal padre che gli offre 500 Corone (ne servono 2000) e Christer li rifiuta e li lascia al padre che sembra averne più bisogno di lui.
La coppia Heidi e marito dopo aver deciso di vivere separati per qualche tempo, si ricongiunge quasi subito e i due hanno un rapporto sessuale violento nel quale il marito sodomizza la moglie; Leni si reca in un negozio dove vendono costumi da bagno e si decide ad acquistarne uno.
Alla conclusione del film, Heidi parla al telefono e mette il bambino fuori sul terrazzino perché non disturbi con il suo pianto: mentre lei parla con un’amica che la invita ad una gita, il bambino è raggiunto da un gabbiano che sembra entrare nella carrozzina del bambino, il quale smette di piangere: cosa gli avrà fatto il gabbiano? Qualcosa di male o di bene? Lo ha ferito oppure lo ha calmato? Il film non ci dice niente in proposito, ma l’intervento del gabbiano – simbolo della natura – appare come decisivo per il piccolo.
Leni ha finalmente potuto raggiungere la costa e, con un bel costume rosso addosso, gettarsi in mare: stranamente, per una che non è mai uscita di casa, sa nuotare e sguazza allegramente nell’acqua, ma dall’alto viene raggiunta da un violento acquazzone che, peraltro, non interrompe le abluzioni della ragazza.
Se leghiamo il prologo – nel quale è l’uomo, cioè la cattiveria, a determinare il futuro – con l’epilogo, nel quale i tre personaggi sono più o meno abbandonati da tutti e restano soltanto in balia della natura (i gabbiani per il bimbo di Heidi e la pioggia per Leni) possiamo trarre alcune conclusioni pur in presenza di una struttura narrativa che non si presta certo a costruire una tematica: l’assunto del film pare essere centrato sul fatto che l’uomo sta vivendo una vita innaturale, basata soltanto sul proprio egoismo e sulla propria cattiveria; a questo la natura non può restare insensibile e mostra all’individuo tutta la propria collera o comunque la disapprovazione; e a questo scopo la stessa natura fornisce anche una via d’uscita, quando prospetta a Christer quella sorta di viaggio via mare intorno al mondo: ma l’uomo non è ancora pronto a comprendere il messaggio che è insito in tale offerta e rimane con i piedi sulla terra, incapace di prendere una decisione che – anche se la sente come valida – lo spaventa.
Ecco, questa riluttanza dell’uomo contemporaneo a prendere delle decisioni che lo portino fuori dalla solita vita, sembra il messaggio finale della brava regista norvegese non ancora quarantenne che peraltro dovrebbe imparare a usare una più scrupolosa struttura narrativa al fine di raggiungere la possibilità di comunicare le sue idee che sembrano assai interessanti.
Bravissimi gli attori, tutti, con una punta in più per Christer e per Leni, sintomo che l’autrice è in possesso anche di una dimestichezza non indifferente con la direzione artistica. (Franco Sestini) 
 


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