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LÁ BAS – EDUCAZIONE CRIMINALE



Regia: Guido Lombardi
Lettura del film di: Adelio Cola
Titolo del film: LÁ BAS – EDUCAZIONE CRIMINALE
Titolo originale: LÁ-BAS
Cast: regia e scenegg.: Guido Lombardi – fotogr.: Francesca Amitrano – mont.: Annalisa Forgione, Giuseppe Leonetti – scenogr.: Maica Rotondo – cost.: Francesca Balzano – mus.: Giordano Corapi – interpr.: Kader Alassane (Yssouf), Moussa Mone (Moses), Esther Elisha (Suad), Billy Serigne Faye (Germain), Fatima Traore (Asetù), Alassane Doulougou (Idris), Salvatore Rocco (il «casalese»), Franco Caiazzo (Zi Peppe), Gaetano Di Vaio (gestore autolavaggio), Marco Mario De Notarsi (chirurgo) – durata: 100’– colore – produz.: Eskimo, Dario Formisano, Gaetano Di Vaio, Gianluca Curti – origine: ITALIA, 2011 – distrib.: Istituto Luce (9.3.2012)
Sceneggiatura: Guido Lombardi
Nazione: ITALIA
Anno: 2011
Presentato: 68. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2011 – SETTIMANA DELLA CRITICA
Premi: LEONE DEL FUTURO-PREMIO VENEZIA OPERA PRIMA (Luigi De Laurentis) + un Premio di 100.000USD da Filmauro di Aurelio e Luigi De Laurentis in parti uguali a regista e produttore – Premio del pubblico «Kino» –

La prima inquadratura offre allo spettatore la chiave d’entrata alla comprensione dell’intento del regista nel dirigere il film. Quell’insistenza sul particolare del viso d’un giovane di colore preoccupato e ansioso, dice chiaramente che quello che stiamo per vedere sarà un film psicologico. Le vicende di Yssouf, il protagonista appena visto sullo schermo, saranno numerose, ma quello che al regista, diremo alla fine del film, è piaciuto evidenziare sono state le sue reazioni interiori E’arrivato in Italia meridionale, nei pressi di Napoli, provenendo dalla Nigeria su invito dello zio Moise con la previsione di poter trovare lavoro e la certezza di fare soldi in breve tempo. La realtà che incontra è quella che, purtroppo, prevediamo, data la nostra conoscenza delle condizioni dei suoi compatrioti, illusi di trovare in Italia “i soldi per terra sulle strade!” Dopo aver lavoricchiato sottopagato e sfruttato da datori di lavoro senza coscienza, italiani naturalmente!, entra a servizio dello zio, che sembra un brav’uomo. E’ invece un arricchito, dedicatosi senza scrupoli ad attività illegali e violente. Neppure la morte d’una donna imbottita di ovuli di droga, brutalmente recuperati e offerti al mercato della mafia, lo ferma nei suoi progetti delittuosi. Il nipote, ingenuo e frastornato dai soldi dei quali Moise gli riempie le mani, pur accettando gli incarichi di mala voglia e condannandoli moralmente (è un buon musulmano), diventa complice dello zio. La minaccia a mano armata dei “camorristi ” mafiosi (“smettetela e andate altrove perché qui chi comanda siamo noi”?), è il pericolo costante dello zio, che però è difeso dalla banda criminale ostile alla prima. Dopo alterne vicende rischiose e altre ‘ben riuscite’, i “padroni del territorio” travestiti da poliziotti uccidono lo zio e inseguono il nipote, che, incredibilmente!, si salva dalla sorte a lui destinata. Della storia di Yssoul conviene ricordare alcuni particolari interessanti, ad esempio il paio di scarpe bianche, primo regalo dello zio al nipote, ormai suo complice. Di esse si priverà, anche simbolicamente, quest’ultimo, dopo aver rinunciato alla cooperazione negativa con le iniziative di Moise. Lo zio gli aveva fatto omaggio anche d’un lussuoso vestito bianco. Il nipote nelle inquadrature finali del film, mentre sfugge di notte all’inseguimento della mala che lo vuole uccidere, si libera di quel vergognoso simbolo di ricchezza e nudo si presenta al gruppo di nigeriani pacifici che stanno festeggiando una particolare festività nazionale. Lo accolgono con estremo rispetto, lo ricoprono con la bandiera e lo riaccolgono pentito e ‘purificato’ nel loro gruppo. E’ evidente che il regista ha voluto attribuire le vicende del protagonista non tanto a lui come persona singola, ma emblematicamente agli immigrati che, illusi e male informati dai mezzi di comunicazione, arrivano in Italia (Là-Bas) come nel paese del bengodi. Alcune ingenuità della scenografia allo scopo di salvare la vita, per almeno due volte in modo poco verosimile, al protagonista, non annullano il valore civile del film, del resto ben diretto e molto bene interpretato. La colonna sonora è costituita ovviamente da musiche africane(Adelio Cola)

 


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