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La menzogna elettronica


di ANDREA MUZZEDDU
LA MENZOGNA ELETTRONICA
NAVIGATORI SPROVVEDUTI CEDONO AL FASCINO DELL’INGANNO
ALCUNI CONSIGLI PRATICI IN DIFESA DELLA DIGNITÀ DELLA PERSONA
 

     Non sono pochi quelli che si lamentano di essere stati vittime della “posta elettronica” per la deplorevole abitudine di alcuni d’inviare o mettere in rete annunci non veritieri. Non è facile capire l’inganno ma entro certi limiti è possibile evitarlo. Per essere in grado di mettere un argine alla menzogna così diffusa in rete è necessario avere un’idea chiara (meglio se conoscenza) del linguaggio dell’immagine che, in virtù della sua essenza di “segno”, riferito a quanto rappresenta come figura, comunica qualcosa che si pone oltre la semplice significazione dell’immagine riprodotta.

     Far credere come “cosa vera” ciò che “vero non è”, nel nostro tempo, sembra una moda diffusa, anche se, a dire il vero, è un “vizio antico”. Il sistema informativo e comunicativo contemporaneo però, basato soprattutto sulla comunicazione a distanza, priva l’uomo del contatto diretto con l’altro uomo (comunicazione faccia a faccia) e, nello stesso tempo, con l’oggetto di riferimento (la cosa che interessa conoscere o comprare). Un sistema comunicativo alla portata di tutti ma sostanzialmente privo di controllo.

     Non è un mistero per nessuno che attraverso il “sistema internet” diverse persone entrano in contatto tra loro, abolendo distanze territoriali impensabili fino a qualche anno fa… Il computer, quindi, consente di interagire (concettualmente) con persone residenti in altri contesti ambientali e, nello stesso tempo, permette di celare la propria identità (come nome, come morale). Nessuno è in grado di capire, fatte salve alcune ricerche di settore, se l’interlocutore è realmente ciò che dichiara di essere, o se l’offerta o la richiesta effettuata corrisponde al vero o è una colossale presa in giro (per non parlare d’imbroglio)…

     È di questi giorni (ma non è l’ultimo caso di menzogna elettronica) la scoperta di una truffa per sito web: una richiesta di aiuto per una situazione drammatica. Una falsa condizione sociale che ha commosso non pochi “internauti”. C’è voluto del tempo prima che si avesse conoscenza dell’effettiva realtà di riferimento. Ora indaga la Polizia Postale. Nel frattempo alcune migliaia di persone sono cadute nel “tranello informatico” inviando il loro contributo per favorire una felice soluzione del problema.

     Ovvia la domanda: come mai, nonostante da più parti si ripeta da anni di essere prudenti con la comunicazione elettronica, non si è ancora raggiunta la soglia della diffidenza? La risposta è suggerita dal sistema comunicativo adottato. Non deve mai essere dimenticato che quanto avviene al computer si visualizza nello schermo del monitor per cui tanto la pagina scritta, quanto la foto trasmessa di fatto non sono altro che “immagini” e come tali devono essere prese in considerazione.

     Conoscere il “linguaggio dell’immagine elettronica”, superando lo schema arcaico della semplice idea dell’immagine artistica, quindi è fondamentale se si desidera evitare o ridurre la presa in giro.

     L’immagine rappresenta la realtà e la rappresenta in un certo modo, ossia nel modo con cui il suo autore ha “visto” quella determinata realtà. È altresì vero che l’immagine nel rappresentare la realtà dà testimonianza. Si tratta di una “testimonianza” attendibile perché noi in quella immagine riconosciamo l’oggetto rappresentato. Inconsciamente siamo portati a credere nella sua veridicità informativa utilizzando i “fondi mentali” che costituiscono la riserva della nostra memoria. L’immagine si collega ai ricordi. I ricordi richiamano alla mente quanto realmente accaduto e da noi vissuto con particolare intensità emotiva. L’immagine che riproduce quella atmosfera è, pertanto, più facilmente considerata veritiera.

     Fin qui nulla da eccepire se non si trattasse dell’immagine e non della realtà. L’inganno inizia da questa forma percettiva: intendere come fatto reale ciò che è solo la sua rappresentazione. L’immagine di una mela non è la mela. Il frutto posso morderlo e mangiarlo… l’immagine posso solo guardarla. Eppure di fronte alla fotografia di una mela non si è portati a dire che si tratta “dell’immagine di una mela”, e non “è una mela”. Concettualmente si attribuisce l’essenza di cosa a ciò che quella cosa non è.

     Il secondo aspetto si cela nei sentimenti, o meglio, nel sentimentalismo. Nessuno dubita, a livello immediato, che l’immagine è stato fissato un attimo del nostro tempo passato, eppure, inconsciamente, diamo a quell’attimo tutto il valore del tempo presente, per un senso, inserendo nel contesto rappresentativo il tempo reale dell’avvenimento, dimenticando, per l’altro, che quell’immagine non è altro che un “semplice attimo” del tutto; così, nel guardare una foto di famiglia nella quale mi rivedo piccolino tra le braccia di mia madre, riconduco alla foto sia gli affetti che mi legano ai miei genitori, sia i momenti vissuti in braccio alla mamma. L’esistenzialità familiare diventa un tutt’uno con l’immagine, nonostante l’immagine sia solo una “rappresentazione materiale” di una realtà a dimensione “spirituale”.

     La materialità oggettuale della fotografia come fotografia non contiene nulla degli affetti familiari presenti in ciascuno di noi nel momento in cui la fotografia è stata realizzata. L’affettività si concretizza nella rappresentazione o in quel modo di stare insieme. C’è quindi una relazione “mentale” tra immagine e vita che si affida alla memoria. Ecco perché nel vedere l’immagine mi emoziono. Ma non è l’immagine in sé che mi ammorbidisce l’anima, bensì quanto l’immagine suggerisce alla mia coscienza sotto la spinta dei frammenti di memoria (sentimentalismo, appunto, e non sentimento)[1].

     E siamo giunti al cuore del problema. Se desidero, se ho bisogno o se voglio realizzare qualcosa mi metto nella “condizione di ricerca”. Via internet, questa ricerca, diventa obbligatoriamente una “continua visione di immagini” che mi vengono inviate dal motore di ricerca di cui mi avvalgo e nel quale diversi soggetti si mettono a disposizione ed offrono quanto dichiaro di desiderare… 

     La modalità con cui viene descritto l’oggetto, il modo con cui viene rappresentato e il livello di soddisfazione che vorrei raggiungere, una volta entrato in possesso della cosa desiderata, mi mettono nella condizione di sudditanza. Io sono inconsciamente dipendente dal tipo di offerta ricevuta la quale, se ben articolata, toglie alla mia mente ogni filtro razionale e mi sollecita ad agire per istinto (la forma più elementare dell’egoismo umano: bramosia di possesso).

     Divento così una potenziale vittima della truffa elettronica. Come uscirne?

     Prima di tutto avvalendosi della lettura dell’immagine. L’immagine, come già detto, rappresenta l’oggetto ma non lo sostituisce. Questo suggerisce di essere prudenti[2] con quanto mi viene proposto per immagini. Il che comporta la richiesta di più fotografie sull’oggetto in fase di contrattazione. Foto realizzate da diverse angolazioni al fine di avere una “panoramica tridimensionale” dell’oggetto in questione. Una possibilità visiva, questa, che avvicina alla realtà concreta, anche se – è utile ribadirlo – non si tratta della realtà.

     In secondo luogo devono essere richieste delle informazioni scritte… se si tratta di un oggetto già in uso e rivenduto dal proprietario, è necessario chiedere la descrizione delle sue caratteristiche e dello stato di efficienza al momento di vendita, tanto come utilità d’uso immediato, quanto come intervento da effettuare se si desidera la migliore applicazione possibile. L’eccessivo uso di aggettivi che qualificano in “positivo” l’oggetto in contrattazione è il primo campanello d’allarme, anche se non è detto che il proponente sia davvero un “bugiardo”; se, al contrario, si tratta di un oggetto messo in vendita da una ditta costruttrice allora è indispensabile richiedere la modalità della garanzia, non solo come tempo, ma come applicarla dal momento in cui a casa, una volta aperto il pacco, ci si accorge che il tutto non è esattamente come quanto concordato. Le ditte affidabili non hanno difficoltà ad informare in merito.

     La terza fase, infine, consiste nel raffronto tra quanto “fatto vedere” per immagini e quanto “scritto” in merito… le due parti devono concordare. Se questo non accade è preferibile rinunciare all’acquisto. Rivolgersi ad altri offerenti è il migliore dei consigli possibili.

     Quanto consigliato non è tutto, ma può essere considerato sufficiente per non fare la figura degli allocchi.

(Andrea Muzzeddu)

 



[1] Il “Sentimento” implica il consapevole e cosciente coinvolgimento emotivo di sé in rapporto al momento esistenziale che si vive o si ricorda; il “sentimentalismo”, invece, accantona l’aspetto cosciente e si abbandona a forme di affettività esagerata, affettata e non sempre realmente partecipata. In altri termini, col sentimentalismo ci troviamo di fronte alla “recita” degli affetti – il rito di manifestare se stessi in modo falsato-, col sentimento gli affetti e la persona umana sono inscindibili –si è sensibili per essenza interiore-.

[2] Prudenti e non diffidenti. La prudenza (la prima delle quattro virtù cardinali) non elimina la fiducia verso il prossimo ma esige cautela per evitare un agire insensato; la diffidenza, invece, presuppone la sfiducia verso il diverso da sé e mette il sospetto al di sopra di ogni qualità umana (atteggiamento, questo, realmente poco Cristiano).

 


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