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EL SICARIO, ROOM 164



Regia: Gianfranco Rosi
Lettura del film di: Adelio Cola
Edav N: - 2010
Titolo del film: EL SICARIO, ROOM 164
Titolo originale: EL SICARIO, ROOM 164
Nazione: FRANCIA, ITALIA
Anno: 2010
Presentato: 67. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2010 - Orizzonti

Didascalia:”Il film è tratto da un articolo di giornale”.

Un uomo si copre il volto in una stanza (Room 164) d’un lussuoso albergo. Racconta la sua storia di vent’anni di vita delittuosa. Mentre parla scarabocchia nervosamente su un grande notes simbolici schizzi: case, uomini, vetture, incroci stradali. Veniamo a sapere che risponde all’intervistatore che l’interroga su un argomento ‘proibito’. Con disinvoltura e, sembra, con sincerità, riferisce vicende e tragedie inimmaginabili da persone normali. Al centro dei delitti da lui commessi ci sono i “narcos messicani” (“ma ce ne sono anche in…” ed elenca varie nazioni americane del Sud e del Nord, “e alcuni li conosco anch’io!”) “Ha lavorato al loro servizio. Per lui l’unica persona importante era ‘il capo’, al quale, qualunque fosse il comando, aveva sempre risposto, ‘Sì, capo!’ Anche i suoi colleghi sicari agivano ugualmente. Egli non ha mai provato scrupolo per quanto faceva. Era il suo lavoro, lautamente ricompensato. Nessun dubbio gli turbò mai il sonno; sapeva quello che gli sarebbe toccato se non avesse prontamente obbedito” Il racconto dei supplizi e delle torture che infliggeva alle sue vittime (coloro che non riuscivano a saldare i debiti contratti con i fornitori di droga, ad esempio), oppure le persone condannate dai ‘narcos’ e destinate a morire per sua mano, sono quanto di più orrendo si possa immaginare. La freddezza dei particolari sembrano frutto di fantasia malata. E così per vent’anni. “Ma arrivò il giorno nel quale io mi resi conto d’essere arrivato al limite oltre il quale non sarei potuto andare”. Un suo ex ‘cliente’, ora cristiano convinto, quando viene a sapere che si trova nella sua città, lo invita a casa sua come ospite e lo conduce ad un raduno “di pazzi! Mi pareva d’essere entrato in manicomio! Centinaia di persone adulte gridavano, ballavano, cantavano con le braccia al cielo!” Il giono seguente comprese: erano cristiani che in chiesa si rivolgevano a Dio. Fu coinvolto dalle loro espressioni di fede, cadde in ginocchio e per otto ore non fece che piangere e piangere, ripensando ai suoi genitori, a quand’era bambino, quando da adulto non si drogava, non beveva, non andava a donne….In una parola si convertì. Fuggì lontano e non fu mai più trovato dalla polizia, nessuno sa dove si trova. Sul suo capo pende una taglia proporzionata ai suoi misfatti. ‘Il buon ladrone’, confessa egli stesso, non beve più, non si droga più, vive onestamente dopo vent’anni di via sbagliata.

Chi lo interpreta sullo schermo sa parlare e disegnare troppo bene per essere l’autore dei delitti dei quali si accusa. La morale della favola, che tale non è perché si tratta d’un pubblico delinquente accertato, anche se per ora sfuggito alla giustizia umana, è chiara per tutti: mai abbandonare la speranza di ravvedimento, anche dei peggiori individui. (Adelio Cola)

 


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