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Copia Conforme



Regia: Abbas Kiarostami
Lettura del film di: Adelio Cola
Edav N: - 2010
Titolo del film: COPIA CONFORME
Titolo originale: COPIE CONFORME
Cast: regia: Abbas Kiarostami – scenegg.: Abbas Kiarostami, Massoumeh Lahidji – fotogr.: Luca Bigazzi – mont.: Bahman Kiarostami – scenogr.: Giancarlo Basili, Ludovica Ferrario – effetti: Rodolfo Migliari – interpr.: Juliette Binoche (gallerista francese), William Shimell (James Miller), Jean-Claude Carrière (uomo in piazza), Agathe Natanson (donna in piazza), Gianna Giachetti (proprietaria del caffè), Adrian Moore (il figlio), Angelo Barbagallo (l’interprete), Andrea Laurenzi (la guida), Filippo Troiano (lo sposo), Manuela Balsimelli (la sposa) – colore – durata: 106’ – produz.: Abbas Kiarostami, Angelo Barbagallo, Charles Gillibert, Marin Karmitz, Nathanaël Karmitz per Abbas Kiarostami Productions, Mk2 Productions, Bibi Film, France 3 Cinema – origine: FRANCIA / ITALIA, 2008 – distrib.: Bim (21.05.2010)
Sceneggiatura: Abbas Kiarostami, Massoumeh Lahidji
Nazione: FRANCIA, ITALIA
Anno: 2008
Presentato: 63. Festival di Cannnes (2010) - In Concorso
Premi: Premio come miglior attrice a Juliette Binoche al 63. Festival di cannes (2010).

Il film inizia con la proposta della tesi da dimostrare. Che in realtà non è quella pretestuosa di discutere se sia migliore in campo artistico l’originale o una sua copia conforme, ma di scambiare opinioni su un argomento che propone una domanda imbarazzante per chi ne cerca la risposta: dov’è la perfezione, se c’è, e, ancora prima, esiste la perfezione, possiamo raggiungerla?
La conferenza dell’esperto d’arte, dunque, che dà l’avvio al film presentando il suo ultimo libro, è interessante ma soltanto introduttiva al vero problema.
In prima fila tra gli intervenuti siede una signora di mezza età, che a stento può seguire i ragionamenti del conferenziere, perché insistentemente distratta dal figlio preadolescente, ‘impegnatissimo’ in un giochino informatico, e che esige di portare la madre fuori da quella sala (gli dà fastidio e lo fa sospettare il fatto che ella parli all’orecchio d’un distinto signore seduto al suo fianco!) e lo porti al ristorante. Domande imbarazzanti e indiscrete turbano la madre, innocente di quanto il figlio insinua con domande insolenti.
È soltanto l’inizio del film, ma è stato necessario ricordarlo nei particolari perché è premessa al suo svolgimento.
PRIMA PARTE
Siamo a Firenze. Il conferenziere, che aveva presentato il suo libro nel quale trattava l’argomento prima ricordato, incontra all’uscita la signora, che lo invita a visitare la bottega d’arte da lei gestita. Quelle esposte sono tutte copie conformi agli originali classici. Il quesito di partenza si ripresenta ed è meno semplice di quanto si poteva presupporre. Poniamo il caso della Gioconda. Essa è copia conforme di Monna Lisa? Quest’ultima nel quadro dell’autore sorride perché lei sorrideva o perché Leonardo le ha chiesto di sorridere? Qual è l’originale? E chi è migliore, l’originale vivo o la copia dipinta conforme? La signora segue le dotte distinzioni fino ad un certo punto soltanto, soprattutto quando ‘la cosa’ comincia a riguardarla da vicino. Poniamo il caso di suo figlio. Vuole quello che vuole, gioca e non smette di giocare, non pensa al futuro…! Eppure, commenta l’altro durante una ‘uscita fuori porta’ in macchina con la gallerista, “egli è felice”. Si accontenta del presente, pensa soltanto al presente e non si preoccupa del futuro. Cava dalla vita quello che può, il gioco per adesso, e s’accontenta. La morale è piuttosto povera! Si capisce subito che l’interlocutore non ha esperienza e non sa cosa significhi educare figli impertinenti e spensierati! Meta della ‘gita’ non può essere che un museo d’arte. La Toscana ne è piena. Esso è fatto meta di visita anche da parte di coppie di sposini novelli, che amano farsi fotografare sullo sfondo di antiche opere d’arte. Appaiono tutti felici nei loro sogni ‘di miele’. I nostri due ad un certo punto, senza rendersene conto, continuano il dialogo rivolgendosi l’uno all’altra dandosi del tu.
SECONDA PARTE, LO PSICODRAMMA
Ora ‘sono marito e moglie, copia conforme di marito e moglie!’. Confronto su idee e sentimenti diversi, incontro e scontro su convinzioni opposte, diverbi su questioni di vita matrimoniale piuttosto che di arte …li avvicinano e li allontanano alternativamente. C’è una sorpresa che la moglie intende offrire al marito: lo porta all’alberghetto dove, quindici anni prima, avevano trascorso la loro prima notte di nozze. Commozione di lei e controllata reazione di lui, che rimane ‘lontano’ dall’indiretto eppur esplicito invito di seduzione della moglie, che sembra volerlo invitare ad un rinnovato incontro amoroso, copia conforme di quello di quindici anni prima.. Egli si ritira e l’abbandona mentre un festoso scampanio chiude il film inquadrando il paesaggio della chiesetta poco lontana e delle allegre campane danzanti. FINE..
Tutto s’è svolto come un sapienziale dialogo peripatetico, (nel nostro caso automobilistico), alla maniera platonica, su argomento di ordinaria vita quotidiana. Sembra che la risposta alla domanda iniziale venga dall’innocente condotta dell’irriflessivo figlio, che s’accontenta di giocare, felice e soddisfatto del suo tempo presente. È una variazione di compromesso del classico ‘carpe diem’..
La perfezione artistica, la felicità esistono soltanto negli ideali che ognuno si crea a suo uso e consumo. Chiederci se in campo artistico sia migliore l’originale o una sua copia conforme è discussione puramente accademica. Il conferenziere, lo confessa egli stesso, ha scritto il suo libro  forse soltanto per convincersi che la domanda è inutile e che non ha risposta univoca.
Il confronto tra la ‘dura’ realtà della vita , nel nostro caso matrimoniale, e il sogno d’un futuro  radioso, è evidenziata nel film dalla ‘seriosa’ discussione tra marito e moglie dello psicodramma nel confronto con la festosa confusione che festeggia le coppie di sposini al di là d’una finestra a vetri, attraverso i quali i nostri inviano ai giovani saluti e auguri senza riuscire ad aprire quella finestra sbarrata. Il rapido passaggio del dialogo, che sfiora il ricordo dell’amara realtà che “tutti dobbiamo morire”, non incrina il desiderio di felicità che i due esprimono con nostalgia, la ‘moglie’ soprattutto, nel ricordo del bel tempo passato:”Ti ricordi, ti ricordi?…” Il ‘marito’ non sembra ripensare con trasporto alla vita di allora (ma…di quando?) Egli è consapevole che quel tempo idilliaco è stato soltanto un sogno. L’esperienza è maestra di vita. Non coltiviamo illusioni!
Il consiglio che un anziano signore gli rivolge:”Mettile una mano sulla spalla con affetto; è quello che lei, che sembra così  triste!, aspetta da te, e vedrai che i problemi che la l’angosciano si risolveranno!” Egli ci prova, la sfiora appena: oh, se bastasse!
Esco per ultimo dalla sala di proiezione, preceduto da una anziana signora accompagnata da una giovane (la nuora?)  Il suo commento mi impressiona:”È la vita”, sentenzia.

Si resta, inizialmente!, con l’impressione che il film sia la ripresa teatrale d’un dramma su problemi di vita. L’ambientazione del medesimo, però, non è qualunquistica. Discutere d’arte all’interno di musei e gallerie d’antiquariato non è come parlare di viaggi dialogando rimanendo in poltrona. La coerenza e convenienza tra scenografia e finzione cinematografica non permettono di classificare il film come teatro filmato. La recitazione dei due protagonisti è ammirevole: di classe quella della donna; perfetta e credibile, lontana da ogni ‘finzione’ quella dell’uomo. La sua naturalezza, il controllo assoluto di gesti e mimica, l’interpretazione della parte del ‘marito’ nella seconda parte del film, è, ancora una volta, perfetta.
Un pregio del film, del quale il regista non ha merito, è il doppiaggio italiano. Finalmente ho avuto la soddisfazione di aver ascoltato un personaggio, mi riferisco all’interprete del conferenziere, che si è espresso in modo ‘naturale’ senza quelle fastidiose inflessioni accademiche nella pronuncia delle parole, che inquinano il modo di parlare e allontanano chi le ‘recita’ dalla vita reale. Finalmente ho ascoltato una ‘persona’ e non un fittizio personaggio costruito secondo moduli scolastici.
Che dire della ‘morale della favola’, del consiglio cioè di sapersi accontentare della realtà e di non sognare il futuro nella vita? C’è del buono nel parere espresso dal regista, ma poi ogni spettatore può aggiungervi ciò che di buono egli coltiva, sia pure nei suoi sogni, per non cedere al pessimismo. Quando, ad esempio, ‘la moglie’ entra verso la fine in chiesa e spiega che vi era entrata soltanto per attendere ad una sua necessità, mentre ‘il marito’ che l’aveva osservava le controbatte che “l’aveva vista pregare”, che significa quella brevissima scena se non che anche la religione e la fede potrebbero avere un loro ruolo nella vita?
Dipende, a questo punto, dallo spettatore scegliere la risposta e decidere in merito.
Non è possibile riferire tutti gli argomenti entrati nel dialogo cinematografico, che ha intrecciato l’esperienza negativa della donna con la ‘letteraria’ sapienza ideale dell’uomo, con il buon senso popolare di personaggi secondari e con l’ingenua giocondità irriflessiva del ragazzo che gioca e si diverte senza proporsi noiosi problemi..
È notevole nel film un gesto frequente dei personaggi. I due protagonisti, ma anche le coppie delle figure di contorno, ogni tanto si avvicinano l’uno all’altra e sussurrano brevi frasi all’orecchio, spesso senza lasciarci ascoltare il contenuto delle loro comunicazioni, soffocate da rumori off e da musiche che accompagnano le feste allegre di giovani sposi. Anche quel, per noi spettatori, ‘silenzio’ è eloquente, fa parte del dialogo e ‘allerta’ la riflessione.
A proposito dello psicodramma, (ben riuscito!), qual è la coppia originale dei maturi sposi, e qual è migliore, quella dei due interpreti o quella alla quale fanno riferimento, in cui la vera moglie è spesso sola perché il vero marito non pensa a lei? La vita o lo psicodramma?
Il voluto gioco di parole non è qui soltanto espediente letterario ma specchio, ’copia’ d’un ‘originale’ quadro di vita.
  È ben difficile che i giovani frequentino film di tipo riflessivo come questo, abbastanza estraneo ai loro interessi. Ad ogni modo, una eventuale parolina a non lasciarsi contagiare dal pessimismo e a non rinunciare a positivi sogni d’un avvenire ottimistico, sarebbe ben spesa. (Adelio Cola)

 


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