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LE RAGAZZE DI PIAZZA DI SPAGNA



Regia: Luciano Emmer
Lettura del film di: Maurizio Negri
Titolo del film: LE RAGAZZE DI PIAZZA DI SPAGNA
Titolo originale: LE RAGAZZE DI PIAZZA DI SPAGNA
Cast: regia: Luciano Emmer – sogg. scenegg.: Sergio Amidei – collaboratori alla scenegg.: Karin Valde, Fausto Tozzi – fotogr. (b. e n.) Rodolfo Lombardi A.I.C. – operatore alla macchina: Guglielmo Lombardi A.I.C. – aiuto operatore: Alfredo Palmieri – scenogr.: Mario Garbuglia – cost.: Sartoria Fontana – segreteria di edizione: Alda Grimaldi – mont.: Jolanda Benvenuti – mus.: canzoni di successo di vari autori orchestrate da Carlo Innocenzi, dirette da Nello Segurini (Edizioni Nazionalmusic, Milano); canzone Le ragazze di Piazza di Spagna di Mario Ruccione – fonico: Mario Amari – interpr.: Lucia Bosι (Marisa), Cosetta Greco (Elena), Liliana Bonfatti (Lucia), Eduardo De Filippo (Sor Vittorio), Marcello Mastroianni (Marcello, il tassinaro), Renato Salvatori (Augusto), Ave Ninchi (Giulia, madre di Marisa), Leda Gloria (Rosa, madre di Elena), Giorgio Bassani (il professore), Franco Brunoni, Anna Maria Bugliari, Galeazzo Benti, Mario Guarnacci, Fernando Milani, Antonio Spitali, Agnes Von Rosen, Mario Silvani – direttore di prod.: Giorgio G. Agliani – segretari di prod.: Antonio Negri, Tonino Sarno – prod.: Astoria Film – Teatro di Posa Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma – positivi e negativi Tecnostampa – pellicola Ferrania Pancro C 7 – registrazione Fono Roma – orig.: ITALIA, 1952 – distrib.: Astoria Film (1952) – 2726 m.
Sceneggiatura: Sergio Amidei
Nazione: ITALIA
Anno: 1952
Chiavi tematiche: Il film θ particolarmente adatto per cicli sulla commedia cinematografica italiana, sul problema dell’amore nei giovani, sui problemi umani del matrimonio e della famiglia, sui film con particolari procedimenti narrativi.

Da «Schedario Cinematografico», ed. CSCS, Roma, 30.11.68, MAN/MOS

 

È LA STORIA – raccontata da un professore loro conoscente – DI tre giovani amiche (abitanti in tre diverse borgate periferiche romane e compagne di lavoro in una sartoria di piazza di Spagna), le quali, ingenue e spensierate nell’affrontare la loro modesta routine quotidiana, giungono alla fine ad una interiore maturazione e all’inserimento in una normalità di vita, serenamente accettata: Marisa dopo che i suoi rapporti con il fidanzato Augusto (aitante ed onesto garzone) sono entrati in crisi in conseguenza delle prospettive che crede di scoprire nella carriera fortunosamente iniziata di indossatrice, delusa, finisce per ritornare felicemente da Augusto, col quale si sposa; Elena, innamorata di Alberto (distinto e ambiguo ragioniere meridionale), delusa dalla scoperta del meschino egoismo del suo fidanzato (che era quasi giunto, oltre al resto, a compromettere il matrimonio della madre di lei con un maturo ferroviere), dopo aver tentato il suicidio trova infine in un modesto e simpatico «tassinaro» la serenità e la gioia di vivere; Lucia, attratta, a causa della sua piccola statura, verso gli uomini alti, dopo una banale delusione finisce per accettare la corte insistente del piccolo Amleto (un fantino che aveva precedentemente trascurato).

Strutturalmente il film procede su tre filoni paralleli che sviluppano altrettante storie episodiche più o meno definite, che permettono il concentrarsi di situazioni ambientali o sociologiche o psicologiche, intenzionalmente unificate attraverso il racconto – in flash-back – di un professore che ogni tanto appare nel film, o come commentatore, o come spettatore. Conseguentemente, il film si presenta in forma piuttosto frammentaria: le tre storie hanno peso e andamento diverso, l’intervento dello speaker è artificioso, l’amore è un elemento fra gli altri e non costituisce fattore di unità.

Marisa – la cui storia ha maggior peso – ama Augusto sinceramente, però la prospettiva di migliorare sul piano economico e, sotto sotto, sociale, non la lascia indifferente; sì che affronta con leggerezza i sotterfugi ai quali la prevedibile reazione del fidanzato la costringe e le facili occasioni di ammirazione che la nuova professione di indossatrice le offre. Ma si rende conto ben presto dell’illusione e invoca il fidanzato.

Elena è un po’ invanita per il fatto che il fidanzato è un ragioniere ed è una persona così seria; ma la sua personalità profonda ed il suo amore non sono legati a queste caratteristiche esteriori, infatti si meraviglia che sua madre trovi difficoltà a sposare il vedovo, si offende delle insinuazioni del ragioniere sul conto di sua madre e, se tenta il suicidio, non è perché si sente delusa nel desiderio di salire nella scala sociale, ma perché si vede tradita nella buona fede. Che il suo desiderio profondo sia quello di partecipare a realtà semplici e chiare è confermato dal suo successivo innamorarsi del cordiale e affettuoso «tassinaro».

Lucia vuole affermare la propria superiorità «morale» sui maschi come rivalsa dell’inferiorità «fisica»; ma il suo è un gioco ingenuo favorito dalla facilità con la quale i giovanotti alti accettano la sua tirannia. Trascura, ma non disprezza, le attenzioni del fantino che poi, pigliando coscienza del proprio infantilismo, finirà per sposare.

Però le storie delle tre ragazze contengono degli elementi che consentono sufficientemente di ridurre a unità strutturale e tematica il discorso: l’amicizia che le unisce, l’ambiente popolare dal quale provengono e al quale restano legate, l’atteggiamento spontaneo, ma infantile, di fronte agli avvenimenti. È appunto il comune infantilismo degli atteggiamenti, fatto di ingenuità e di immaturità, che le accieca leggermente inducendole a dare a circostanze banali un significato che non hanno e a farne un’occasione di possibile evasione o – soprattutto nel caso di Elena – a chiudere gli occhi sui veri motivi delle azioni altrui. La realtà si incaricherà di aprir loro gli occhi e l’intelligenza. Ed esse reagiranno – altro elemento comune – in un primo tempo infantilmente (tentato suicidio in Elena, disprezzo per i maschi in Lucia, pensieri di sconforto in Marisa); ma poi, bruciando definitivamente i residui immaturi, con determinazioni e prese di coscienza adulte che sfociano, nei fatti, in convinti e riposanti matrimoni.

Tenuto conto anche di questi elementi, il film raggiunge una certa unità sotto il profilo tematico. I personaggi che si muovono in LE RAGAZZE DI PIAZZA DI SPAGNA, anche quelli di contorno, sono volutamente di estrazione popolare, e pensano e agiscono come tali, spinti dalle circostanze o da moti istintivi, più che per una calcolata riflessione o premeditazione. Queste caratterizzazioni più esterne che interiorizzate dei personaggi e le indulgenze bozzettistiche con cui il regista racconta e struttura le vicende, inducono a ritenere che per lui l’ambiente popolare in cui sono collocati i personaggi costituisce il punto di arrivo di un’inchiesta sociologica più che il punto di partenza per una meditazione sui sentimenti umani. Gli accenni a problemi e valori più universalmente umani non raggiungono una vera pienezza espressiva.

Cinematograficamente, il film risulta piuttosto modesto ma ingegnoso, dotato di una sua freschezza e ricchezza di articolazioni nel suo tentativo di esprimere la complessità di un mondo attraverso una complessa strutturazione del racconto; e sotto questo aspetto, sia pure nei limiti visti, l’opera è apprezzabile, anche se appare appesantita da una certa insistenza dialogica che subordina in parte l’espressività dell’immagine. Si rinviene al fondo soprattutto una certa abilità di mestiere e un gusto non banale, anche se talvolta incline al patetismo.

 

Moralmente, in tutto il film riluce un’implicita valutazione etica che, per essere espressa in forma più poetica che razionale, non è per questo meno precisa e decisa. Si ha un chiaro apprezzamento delle virtù native dell’animo femminile – che l’ambientazione popolana mette meglio in risalto – quel, leggermente trasognato, vivere nel presente con l’aspettativa del futuro che dà un senso umano (e, in profondità, religioso) al lavoro e all’amicizia; quel credere ai valori più immediati e più veri. Le ragazze sono legate da un vero spirito di solidarietà come appare dagli avvenimenti; agli occhi degli estranei appaiono collegate e la loro presenza è già una testimonianza dell’amicizia e della femminilità. Il fattore religioso non è esplicitamente citato come determinante della condotta: il film si muove su un terreno di etica naturale. Ma non è assente: la vicenda è ambientata in un contesto sociologico cattolico e il comportamento etico dei personaggi è implicitamente riferito ai canoni della morale cattolica. Ciò conferisce al film una carica etica sotterranea, come effetto del fondo mentale dell’autore più che della sua esplicita intenzione. C’è nel regista una «benevolenza» chiaramente cristiana verso i propri personaggi, un desiderio profondo che non commettano errori. Ne risulta al film un’atmosfera autenticamente morale.

 

GIUDIZIO UFFICIALE CATTOLICO (C.C.C., Italia): «Prevalgono nel film gli elementi positivi; ma un tentativo di suicidio, per quanto condannato, alcune sequenze con costumi succinti, qualche battuta un po’ libera ne fanno spettacolo non adatto ai giovani. La visione è ammessa solo per gli adulti.» (MAurzio Negri, MOrabito Sebastiano)

 


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