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DESERT FLOWER



Regia: Sherry Hormann
Lettura del film di: Adelio Cola
Titolo del film: DESERT FLOWER
Titolo originale: DESERT FLOWER
Nazione: GERMANIA AUSTRIA FRANCIA
Anno: 2009
Presentato: 66. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2009 - Giornate degli Autori

La storia d’una ragazza somala e della sua tristissima esperienza nel passaggio dal “Fiore del deserto” (la somalia) al caotico mondo cosmopolita di Londra è stato raccontata dal regista con indignata partecipazione alla sventura della protagonista. In patria, come vediamo nelle prime inquadrature, la vita pastorizia degli abitanti si svolgeva in arminia con la natura. Fin da piccoli i bambini convivevano con gentile amorevolezza con pecore e capre (toccante è il breve episodio del bambino che abbraccia la capretta beonata e la lorta in braccio con amore). Il regista catapulta protagonosta e spettatori in tutt’altro ambiente, umano perché fatto di persone, ma disumano per il modo con il quale esse sono considerate e trattate. Ciò che vale a Londra è il denaro, comunque venga guadagnato. Lo sconcerto, il disorientamento della ragazza ‘straniera’ è totale. Era partita con una specie di contratto di lavoro come domestica presso l’ambasciata del suo paese, ma ben presto perde l’impiego per incomprensioni buricratiche. Fa casuale conoscenza, che si muterà in amicizia, con una originale commessa di negozio. La condotta di quest’ultima, che le spiegherà che “qui si usa così!”, la farà reagire malamente, ma positivamente!, stabilendo il confronto tra il rispetto reciproco dei sessi caratteristico del paese d’origine e la libertà sessuale del grande mondo nel quale si sente estranea. L’amica le procura una fonte di guadagno come donna delle polizie in un ristorante albergo. Un tizio di mezza età ammira la sua avvenenza e con il passare del tempo la convince a lavorare con lui “per guadagnare molto di più”. egli fa il fotografo di moda e lei con trepidazione ed incertezza pudica finalmente accetta. Prima vestita e in seguito senza meno veine ritratta in tutte le pose. C’è però un riserva che la ditta mantiene su di lei, quando ella stessa è costretta a confessare che a tre anni d’età è stata vittima di mutilazione sessuale secondo la tradizione locale. Da questo punto in poi il film metterà sempre meglio in evidenza la sua imperfetta femminilità. A dire il vero, le doti per imporsi sul mercato della bellezza le possiede tutte, la natura è stata molto generosa nei suoi confronti. Ecco allora le sfilate, le passerelle, le prime pagine delle riviste specializzate che la offrono agli intenditori in prima pagina. A Londra soltanto, però. Quando le viene organizzato il viaggio in America per ‘lavorare’ anche laggiù con colleghe ‘perfette’, per ottenere il passaporto deve umiliarsi fino al punto da simulare il matrimonio con un londinese che lei non ama. Accetta la condizione intollerabile, ma all’aeroporto scoprono l’illegalità e la rimandano al suo albergo! E’ famosa del resto e ben a ragione, ormai tutti la conoscono per la sua eccezionale avvenenza. Nel congresso internazionale per i diritti delle donne è lei “la donna che ha il coraggio di denunciare al mondo la crudele tradizione della quale elle stessa è stata vittima”. La legge proclamata dalle Nazioni Unite, informa la disascalia finale del film, ha proibito quella pratica ingiusta e umiliante, ma essa è ancora oggi praticata su milioni di bambine in Africane, America ed Europa.

Il grido di indignazione di dichiarazione di guerra alla mutilazione sessuale femminile lanciato dal film è sincero e, ci si augura, sarà (?) efficace.

Il film è apprezzabile non soltanto per la tematica difesa ma anche per la sorvegliata ed elegante (nella sezione londinese) realizzazione. Il regista non rinuncia agli effetti spettacolari (sfilate di alta moda con la protagonista al centro d’interesse), del resto finalizzate al sostegno finale della giusta guerra dichiarata. (Adelio Cola)

 


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