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CHALEN (ROTHOLE) – LA BUCA



Regia: Alì Karim
Lettura del film di: Adelio Cola
Titolo del film: CHALEN (ROTHOLE) – LA BUCA
Titolo originale: CHALEN (ROTHOLE)
Nazione: PERSIA
Anno: 2009
Presentato: 66. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2009 - Settimana della critica

Un disastroso terremoto ha distrutto città e villaggi. Ora il deserto, tra le sabbie del quale sorgevano le umane abitazioni, è ancora più deserto! L’autostrada che collega(va) i luoghi abitati è adesso la proverbiale ‘cattedrale nel deserto’. Dove fino a qualche settimana prima un bar ristorante offriva sollievo ai viaggiatori di passaggio, ora c’è una specie di fatiscente officina meccanica. L’anziano proprietario, (che “ha sposato una giovane orfana per impedirle di fare una brutta fine ed anche per bisogno personale di compagnia, essendo rimasto vedovo”,ora malfamato per aver fatto il nuovo matrimonio prima di essere riuscito a ritrovare il corpo della moglie sotto le macerie di casa!), sopravvive riparando le vetture che sulla strada si procurano danni non per distrazione dei guidatori ma…procurati da lui! Ha scavato una trincea che occupa trasversalmente metà dello spazio stradale, per cui inevitabilmente qualche autista v’incappa! Vive in attesa del ritorno del figlio che cinque anni prima è andato a cercare lavoro in Giappone. Ora il giovanotto sta tornando a casa sua, che però non sa essere stata distrutta. Il padre non conosce la data del ritorno del figlio e, per coincidenza, (dopo che ‘la buca’ finalmente è stata richiusa dall’amministrazione avvertita dai passanti, e che il brav’uomo ne ha scavata un’altra!), è proprio quello in cui egli mantiene la promessa, fatta più volte alla giovane sposa, di condurla a visitare le tombe dei genitori nel lontano cimitero comune. Tornando all’officina con il solito furgone arrugginito deve fermarsi per lasciare passare l’ambulanza, che ha raccolto i feriti rimasti vittime del taxi che si è schiantato a causa d’una profonda buca stradale.

Insomma, oltre la metafora, non è soltanto madre natura a trattare male, e talvolta con crudeltà i suoi figli, sono essi stessi a farsi del male, nel nostro caso senza volerlo, ma responsabilenye in causa con scelte interessate ed imprevidenti.

Lo spettatore forse deduce dal film l’esortazione a non inquinare aria, acqua e risorse naturale, perché poi arriverà il giorno!!!…Ma tale applicazione moraleggiante sarebbe fuori luogo, perché il film non offre motivi per elevare il significato della storia a quel livello; la riflessione sarebbe positiva, ma il regista non ha offerto alle immagine caratteristiche tali da suggerire quella lezione di ecologia. C’è, piuttosto, un altro importante elemento da non lasciar cadere: la colonna sonora dello spettacolo, costantemente costituita di canzoni locali proprie della tradizione persiana, accompagnate con strumenti ugualmente tradizionali della cultura locale, nel cast finale è sostituita da melodie ed armonie occidentali, sostenute dal pianoforte con orchestra di strumenti che non sono caratteristici di quel nobile Paese ma al mondo nostro. Attenzione a quel che fate!, sembra esortare il regista: non scavate buche pericolose. Ma, se è vera la lettura semiologica del cambiamento di commento musicale al film, l’autore lo dice a quel punto conclusivo, non prima.

Il film ha andamento e stile lenti e contemplativi. Le ripetizioni degli incidenti stradali non giovano a renderlo maggiormente accattivante. L’interpretazione del protagonista è ‘intensa’ nella sua partecipazione ai lutti del cataclisma che ha sconvolto la vita dei sopravvissuti delle migliaia di vittime innocenti.(Adelio Cola)

 


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