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COTTI D’AMORE



Regia: Petr Buslov, Alexei German jr., Boris Khlebnkpv, Serebrennkpv, Ivan Vyrypayev
Lettura del film di: Adelio Cola
Titolo del film: COTTI D’AMORE
Titolo originale: KOROTKOYE ZAMYKANIYE
Nazione: RUSSIA
Anno: 2009
Presentato: 66. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2009 - Orizzonti

Il film è costituito da cinque storie di cinque giovani registi russi. I protagonisti sono tutti ‘cotti’, come vuole il titolo italiano e le loro storie sono tutte e cinque ‘corte’ di metraggio. Il tema comune è l’amore. Attraverso il prisma amoroso passa la fantasia creatrice degli autori, quale umoristica, quale drammatica. Le tecniche di direzione sono diverse tra di loro, quale girata in modo ‘magistralmente classico, quale con cipiglio critico verso le istituzioni governative attuali, quale con esuberanza ironica e sfumature comiche (registri, soprattutto l’ultimo, difficilissimo su cui ‘giocare’!)

ça preparazione accademica degli interpreti si lascia ammirare, anche dove la regìa scricchiola in alcuni risvolti.

Riferisco brevemente i cinque episodi non nell’ordine originale del film ma secondo la graduatoria artistica, secondo me.

-  Un giovane calzolaio muto (bravissimo!) s’innamora della proprietaria del paio di scarpe da riparare ‘urgentemente’. La cinepresa gli è sempre addosso, lo avvolge in spire sempre più strette mentre osserva i passanti sulla strada, dei quali scorge, dalla finestra del suo laboratorio interrato, soltanto i piedi melle calzature. E’ talmente ‘distratto’ dalla sua ‘cottura d’amore’ da non accorgersi che la mola, di cui si serve per rifinire i lavori, trascina negli ingranaggi la mano destra stritolandola (libera citazione di Chaplin in “Tempi moderni”)..

Nei momenti ‘spensierati’ gioca facendo danzare le scarpe rotte (ricordate il grande Charlot nel caso simile, prima di addentarle dopo averle cotte sul fuoco?) (RIPARAZIONE URGENTE. Come nel film, cito i titoli dei ‘corti’ dopo la fine dei medesimi).

- Kim, detto l’eschimese, entra nel manicomio diretto da medici che ‘curano’ dall’altro i poveri pazienti con metodi opposti e contraddittori. Kim si autodefisce “il migliore di tutti quand’ero nel circo”; ora però, malgrado la sua dichiarazione d’essere in perfetta salute, viene trattato come i suoi colleghi reclusi. Disapprova il dottorino che adotta sistemi coercitivi per tenere calmo qualche malato e s’innamora della dottoressa, che cura i furiosi con atteggiamento materno. La vita nell’ospizio, ricavato da un antico arsenale navale abbandonato, si svolge tra somministrazione di pastiglie ed intrugli vari con l’impiego degli improvvisati operai nel trasporto dei rottami di sommergibili in disarmo (“dicono che il metallo è prezioso!”). Là dentro, (dove uno tiene fisso lo sguardo alla nuvole per ore, l’altro siede come ‘rottame’ inutile tutto il giorno sotto un albero anche quando la pioggia scende a dirotto), se uno non è ‘matto’, col tempo rischia di diventarlo. La fotografia ‘autunnale’ strappa l’applauso.- (KIM).

- Una ragazza arriva nella capitale e s’informa da uno della sua età circa usi e costumi dei giorni di festa. Lei però non capisce il russo. L’interrogato parla e spiega inutilmente, ma la rassicura dichiarandole che importante è ‘sentire’ anche se non si ‘capisce’. Il dialogo funziona ugualmente, anche se le parole sono simboli per lei incomprensibili. Armata di cinepresa digitale documenta quello che vede a ricordo d’una giornata festiva indimenticabile. La qualità della fotografia è volutamente sgranata e approssimativa durante le riprese della ragazza; curata e significativa durante il dialogo dei due giovani.(SENTIRE).

- Un giovane aspirante giornalista imbranato viene incaricato di raccogliere giudizi e lamentele degli abitanti d’un quartiere di periferia dove i tubi di riscaldamento sono guasti per disinteresse delle autorità comunali. E’ attratto da una scritta sul muro, che indirettamente invita ad un incontro con una formosa ragazza del luogo. Vorrebbe conoscerla ma, quando capisce che è un brutto scherzo, rinuncia e s’allontana dal povero caseggiato residenziale. (VERGOGNA).

- “Fa’ quello che vuoi, ma portami i clienti al ristorante!”, ordina il capo al giovane intraprendente. E quello parte mascherato da ‘Gambero rosso’., il nome del locale. Ad ogni passante propone il menu  che offre ogni leccornia e poi lo bacia in bocca. Così per un diecina di volte (ripetizioni noiose!), con uomini e donne che egli incrocia nel suo tragitto di propaganda culinaria. Le reazioni dei malcapitati inorriditi non si fanno attendere ed il nostro incassa  botte e sonore bastonate (ripetizioni inutili!) da tutti, compresi due vigili stradali anch’essi caduti vittime dell’imprevedibile avventura. Incontrerà infine una giovane che finge di tentare il suicidio inseguita dal suo innamorato non ricambiato d’amore. Lei gli si offre ma il poveretto, privato anche della rossa maschera strappategli di dosso dai clienti incontrati, non accetta e torna all’albergo a missione …non compiuta. (IL BACIO DEL GAMBERO).

Nulla nel film ci permette di concludere che esso è uno specchio, sia pur ‘deformante, della società russa contemporanea. (Adelio Cola) 

 


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