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QUESTIONE DI PUNTI DI VISTA



Regia: Jacques Rivette
Lettura del film di: Franco Sestini
Titolo del film: QUESTIONE DI PUNTI DI VISTA
Titolo originale: 36 VUES DU PIC SAINT LOUP
Cast: Regia: Jacques Rivette – sogg. e scenegg.: Pascal Bonitzer, Christine Laurent, Shirel amitay, Sergio Castellitto – fotogr.: Irina Lubtchansky – mus.: Pierre Allio – mont.: Nicole Lubtchansky – scenogr.: Emmanuel De Chauvigny [Manu De Chauvigny], Giuseppe Pirrotta – cost.: Laurence Struz – interpr.: Sergio Castellitto (Vittorio), Jane Birkin (Kate), André Marcon (Alexandre),Jacques Bonnaffé (Marlo), Julie-Marie Parmentier (Clèmence), Hélène de Vallombreuse (Margot),Tintin Orsoni (Wilfid), Vimala Pons (Barbara), Mickaël Gaspar (Tom), Julie-Anne Roth (Xénie), Stéphane Laisné (Stéphane) – durata: 84’ – colore – produz.: Roberto Cicutto, Martine Marignac, Luigi Musini e Ermanno Olmi per Cinemaundici, Alien Produzioni, Pierre Grise Productions, France 2 Cinéma, Raicinema, Canal+, CNC – origine: FRANCIA, ITALIA, 2008 – distrib.: Bolero Film (08-09-2009)
Sceneggiatura: Pascal Bonitzer, Christine Laurent, Shirel amitay, Sergio Castellitto
Nazione: FRANCIA, ITALIA
Anno: 2009
Presentato: 66. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2009 - Concorso

È la storia di un gruppo di artisti di un piccolo circo che – dopo la morte del vecchio proprietario e fondatore, Pierre – si ritrovano in dubbio sulla prosecuzione della tourné stagionale; per cercare di risolvere il problema gli artisti si rivolgono alla figlia, Kate, che se ne è andata dal circo quindici anni addietro dopo una litigata con il padre; la donna, inaspettatamente, accetta di sospendere i suoi impegni parigini e di ritornare nel circo; durante la fase di avvicinamento al paese in cui è montato il tendone, l’auto della donna ha un guasto che viene risolto – quasi magicamente – da uno strano personaggio, Vittorio, un italiano che sembra fare “di mestiere” il viaggiatore (adesso si sta recando da Milano a Barcellona).

Kate raggiunge la compagnia dei circensi ed è raggiunta poco dopo da Vittorio che continua a gravitare attorno al tendone del circo; a questo punto – per le domande insistenti dell’italiano, definito “l’inquisitore – si comincia ad afferrare le situazione che interagiscono tra i vari componenti della compagnia.

La donna ha lasciato il circo dopo un incidente mortale capitato ad un giocoliere, Antoine, compagno di Kate malvisto dal padre, che durante un esercizio con la frusta cade e non si rialza: la ragazza non lo dice apertamente, ma ha da sempre imputato l’incidente allo zampino del padre e, per questa ragione, ha abbandonato la compagnia.

Vittorio cerca di far parlare la donna per sapere le motivazioni del proprio atteggiamento, ma tra i due c’è una sorta di attrazione che non si concretizza se non in un atteggiamento di sospetto.

Gli altri componenti della compagnia sono dei giovani alle prime armi che sperano di fare carriera all’interno del circo, oltre a Alexander, un clown di mezz’età che appare subito innamorato di una ragazza che invece sta insieme con un altro giocoliere.

Nella rappresentazione che conclude la stagione, abbiamo una serie di incidenti che turbano la compagnia: il compagno di Alexander ha una brutta colica epatica ed è ricoverato in Ospedale: sarà Vittorio a sostituirlo in una variazione del “numero” dei due clown; il giovane del gruppo esegue lo stesso numero con la frusta che eseguiva Antoine e Vittorio “costringe” Kate a fargli da spalla, facendole così rivivere un episodio della propria esistenza che ormai era stato sepolto.

Entrambe le rappresentazioni hanno successo e al termine della serata il circo si scioglie e ognuno riprende la propria strada, con la speranza – più o meno veritiera – di ritrovarsi per la prossima tourné; ma molti di loro sono cambiati e affrontano la vita con nuove realtà esistenziali: Kate, dopo la rivisitazione dell’episodio che ha condotto alla morte del compagno ed alla rottura con il padre, mostra di avere accettato l’evento e di averlo etichettato come “incidente”; il clown Alexander ha conquistato la ragazza e parte con lei, mentre la ragazzina – chiaramente invaghita di Vittorio – mostra questa sua attrazione, ma l’uomo è portato maggiormente a interessarsi di Kate ed è a lei che rivolge il saluto speciale e finale della vicenda.

Il film inizia e finisce con delle riprese – sempre diverse per angolazione e tipo di luce – di un massiccio montuoso, il Pic Saint Loup del titolo e questo modo cinematografico ci fornisce una prima chiave di lettura: l’uomo ha varie sfaccettature che lo riguardano e che dipendono dal modo con cui vengono eseguite le riprese.

E nell’opera in questione, colui che mostra di avere la disponibilità per modificare le angolazioni è Vittorio, autentico elemento detonante all’interno di una compagnia che vive di silenzi e di ricordi non accettati; lui, invece, comincia subito a fare domande – qualcuna anche indiscreta - e si merita così l’appellativo di “indiscreto”, ma sarà il suo modo di procedere a fare scoppiare l’acquiescente situazione stagnante ed a determinare alcune prese di coscienza; in particolare la situazione di Kate – personaggio che interagisce maggiormente con Vittorio – che si è rifugiata in un lavoro artisticamente appagante (realizza tessuti con colori particolari), ma che appare bloccata dal ricordo non accettato della morte di Antoine e della presunta colpa del padre: sarà Vittorio, con quella sorta di rivisitazione in chiave psicanalitica del drammatico evento, che sbloccherà la donna, la quale affronterà il proprio futuro con la psiche sgombra da fantasmi invadenti e da ricordi ingombranti.

Possiamo quindi dire che la tematica dell’autore ruota attorno al concetto del teatro (in questo caso il circo) che sostituisce la vita reale e ne assume le colpe e la tragicità e sarà il capocomico (Vittorio) a dettare le modalità per la soluzione dei problemi della gente attraverso di esso.

Il film – pur in una staticità narrativa – si fa piacere per una grande interpretazione della Jane Birkin, presentata dall’autore senza un filo di trucco e con tutta l’età che gli fornisce le cosiddette “rughe d’espressione” nella faccia e nel corpo; la bella recitazione della donna non è ovviamente in discussione e non è neppure una sorpresa, stante le tante prove forniteci dalla Birkin in una carriera piena di onori; piuttosto, incuriosiva la presenza di Sergio Castellitto – qui anche in veste di coproduttore insieme alla moglie – che addirittura recita in francese: ebbene, l’attore nostrale, mostra le sue grandi capacità (specie nella scena in cui si improvvisa clown), ma mi è apparso un po’ legato dal modo cinematografico in cui si svolge l’intera narrazione e non precisamente a proprio agio nello sviluppare il ruolo assegnatogli che, peraltro, non è affatto facile. (Franco Sestini)

 


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