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IL COLORE DELLE PAROLE



Regia: Marco Simon Puccioni
Lettura del film di: Adelio Cola
Titolo originale: IL COLORE DELLE PAROLE
Nazione: ITALIA
Anno: 2009
Presentato: 66. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2009 - Orizzonti

Sembra una boutade affermare che le parole non hanno colore. Eppure non tutti ne sono convinti. Che esse escano da labbra bianche, nere o gialle, il loro colore, e cioè il loro significato dovrebbe essere accettato da tutti. Ma così non è. Se ne lamentano gli africani che vivono da anni, qualcuno da trenta!, in Italia e che non vengono ancora accettati che come stranieri. Dalle loro interviste esce, per noi spettatori italiani, una specie di contraddizione. Forse non ci rendiamo conto delle loro osservazioni ed esperienze. Quando sono arrivati qui da noi, soltanto (secondo loro) il comunismo ed il sindacato rosso difendeva i loro diritti. È stato normale per loro partecipare a quelle lotte e a quelle manifestazioni di protesta contro il governo. Quando hanno assistito al rapimento ed eliminazione di Moro, hanno cominciato a rendersi conto che la violenza esercitava un potere malvagio. «Quando, tornando a casa, (ma com’era difficile trovare casa, data la diffidenza verso di noi stranieri!), mia figlia mi confessò che a scuola aveva scoperto d’essere nera!, ho concluso che a scuola si insegnava il razzismo!». È facile gridare all’esagerazione e alla generalizzazione ascoltando tale testimonianza, ma è difficile metterci nei panni e nella sensibilità dei neri trattati con discriminazione. La volontà degli intervistati fluttua, per così dire, tra la volontà di integrarsi con il paese nel quale sono arrivati, e la incancellabile memoria delle loro radici africane. Ma, come non esistono gli italiani ma l’italiano/a tale e tal altro/a, così è per i neri che ricordano il difficile soggiorno in Italia. Qualcuno ha preso davvero l’impegno di considerarsi in patria anche qui, «perché si possono possedere diverse patrie», altri stentano ad ambientarsi, perché le due culture e stili di vita sono molto diversi. «La nostra tradizione culturale è soltanto orale, qui da voi è documentata e scritta. Per ascoltare i nostri racconti ci vuole calma, molta calma, ma qui la calma non c’è!». La critica verso le varie leggi che hanno avuto come oggetto l’immigrazione, «ma non noi africani» (!), sono aspramente criticate e da alcuni definite strumenti di propaganda nella battaglia elettorale. Integralismo africano e assoluta condanna del nostro governo passato e presente l’ho colto soltanto da un avvocato e mediatore culturale, che parlava sotto la spinta di ricordi particolarmente dolorosi e mortificanti. «Se tutti gli immigrati decidessero un giorno di fare sciopero, l’Italia si fermerebbe!». Esagerazione a parte, lo sfogo addita l’esigenza degli immigrati: essere tenuti veramente in considerazione, «non soltanto quando per tre settimane raccogliamo pomodoro per prendere un po’ di soldi e poter frequentare poi l’università!». Molti tra gli intervistati si sono laureati in Italia. Il film non intende trattare lo stato degli immigrati africani in Italia: l’argomento esigerebbe ben maggiore attenzione e professionalità sociale multiculturale. Presenta soltanto le risposte (alcune risposte) a domande rivolte loro da un intervistatore, che non film non compare mai, di africani viventi da molti anni in Italia. (Adelio Cola)

 


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