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Lourdes



Regia: Jessica Hausner
Lettura del film di: Adelio Cola
Edav N: 377 - 2010
Titolo del film: LOURDES
Titolo originale: LOURDES
Cast: Regia, sogg. e scenegg.: Jessica Hausner; fotogr.: Martin Gschlacht; mus.: Abel Korzeniowski; mont.: Karina Ressler; scenogr.: Katharina Woppermann; cost.: Tanja Hausner; interpr.: Léa Seydoux (Maria), Sylvie Testud (Christine), Bruno Todeschini (Kuno), Elina Lowensohn (Cécile), Irma Wagner (Pilgerin), Gilette Barbier (Hartl), Gerhard Liebmann (Nigel); durata: 99'; colore; produz.: Coop 99; origine: AUSTRIA, 2009; distrib.: Cinecittà  Luce
Sceneggiatura: Jessica Hausner
Nazione: AUSTRIA
Anno: 2009
Presentato: 66. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2009 - Concorso; Vienna International Film Fest 2009; Varsavia International Film Fest 2009; Sevilla Festival de Cine Europeo 2009
Premi: Venezia: PREMIO SIGNIS; PREMIO BRIAN; PREMIO LA NAVICELLA; PREMIO FIPRESCI Vienna: VIENNE FILM AWARD Varsavia: GRAND PRIX Sevilla: GOLD GIRALDILLO
Chiavi tematiche: fede, miracolo, religione, malattia

È la storia di Christine, una giovane donna costretta da una malattia incurabile all’immobilità, che, recatasi in pellegrinaggio a Lourdes (piú per uscire da un forzato isolamento che per sentimenti devozionali) si ritrova, come per «miracolo», completamente guarita, in grado di muoversi e camminare, fino a che, al termine di una festa, si sente costretta a risedersi sulla sedia a rotelle.
La storia, che può essere divisa in due parti, prima e dopo il «miracolo», si svolge nell’ambito temporale di un pellegrinaggio a Lourdes (probabilmente una settimana): dal pranzo del primo giorno alla festa conclusiva dell’ultimo.

Prima del «miracolo»
Tra i pellegrini (tutti in attesa di qualcosa) ci sono malati e persone sane, che intraprendono questo viaggio nella speranza di trovare un conforto spirituale o perché sono alla ricerca di una guarigione corporale. Oltre a Christine, c’è una madre che spera nel miracolo per la figlia, ci sono delle anziane tra cui la signora Hartl (compagna di camera della protagonista) e ci sono i giovani volontari, ragazzi e ragazze (tra cui Maria) dell’Ordine di Malta, guidati dall’arcigna e severa Cécile e dall’attraente e meno severo Kuno. C’è ovviamente anche un prete.
Christine, tra i malati, è affidata, tra i volontari, a Maria, che l’accompagna alle processioni, la nutre, la lava e la aiuta a coricarsi. Christine osserva l’universo di Maria con un pizzico di invidia. Maria preferisce frequentare i suoi coetanei e talvolta tenta di sfuggire allo spettacolo della malattia. Christine si accontenta allora della compagnia della signora Hartl, un’anziana brusca e solitaria, che non è andata a Lourdes per curare un male fisico ma per tentare di alleviare le sofferenze di una vita interamente trascorsa in solitudine. Prova il bisogno di dare un senso alla sua esistenza vuota, di colmare questo vuoto con una missione. Lo troverà prendendosi cura di Christine, pregando per lei. E la sua preghiera sarà in qualche modo esaudita: durante il soggiorno, Christine torna a camminare.

Dopo il «miracolo»
La guarigione, o presunta tale, suscita ammirazione, ma soprattutto dubbi e gelosie. Il comitato dei medici di Lourdes è chiamato a esprimersi sul presunto miracolo. Il verdetto è incerto, in quanto la malattia di Christine è imprevedibile: le sue condizioni possono migliorare notevolmente ma anche aggravarsi con altrettanta facilità. Christine si aggrappa a questa nuova occasione di felicità, compreso l’inizio di una storia d’amore con Kuno, pur temendo che tutto possa rivelarsi effimero. E cosí, infatti, sarà: tutto torna al punto di partenza. Christine, costretta all’inizio del film su una sedia a rotelle, sarà di nuovo costretta a tornarci alla fine del film. Quindi il miracolo non c’è stato, almeno quello inteso come frutto di un intervento soprannaturale. Qualcosa però c’è stato, ma forse è casuale. C’è stata una parentesi di felicità dovuta non tanto al soprannaturale o alla fede quanto alla solidarietà e alla premura dell’anziana signora Hartl. È il miracolo dell’attenzione disinteressata (non parliamo di amore in senso cristiano perché il film non lo dice) di una persona per un’altra in un ambiente di meschinità ed egoismi, di persone che pensano solo a se stesse. Quasi nessuno è contento per il «miracolo» ricevuto da Christine. I piú si domandano: «Perché proprio a lei?». Solo il prete, fino a quel momento piú impegnato a raccontare e a farsi raccontare barzellette (tra cui quella della Madonna che vuole recarsi a Lourdes «perché non ci sono mai stata!»), sarà in grado di dare una risposta saggia: «Perché Dio è libero». E inviterà i presenti a chiedere al Signore il vero autentico miracolo e cioè la forza di sopportare il proprio impedimento fisico, ricordando che a Lourdes molti ritrovano la pace dello spirito ed altri si convertono. Ma a prevalere sarà la routine delle foto ricordo e dei pranzi in albergo, quasi a dire che non solo non esiste il miracolo ma che spesso non c’è nemmeno la propensione allo stupirsi di fronte ad un fatto inspiegabile, almeno che non ci riguardi direttamente. La stessa capogruppo, la rigida Cécile, di cui inaspettatamente e drammaticamente scopriremo essere afflitta da un tumore allo stato terminale, non troverà nessun conforto da un’attenzione agli altri determinata piú da motivi organizzativi e dall’efficienza che non da attenzione disinteressata verso gli altri. Anche lei, come molti, va a Lourdes in cerca di una risposta che non troverà. Emblematica per tutti la sequenza del bagno in piscina nell’acqua miracolosa con le tende che si aprono, ma al di là delle quali non si trovano risposte, nemmeno al senso del dolore.

L’idea centrale
Prendendo a pretesto un possibile evento soprannaturale, miracoloso e inspiegabile, LOURDES affronta un tema totalmente umano: la ricerca, da parte di ognuno di noi, di una rivelazione interiore, di un qualcosa che dia un senso alla vita, in poche parole la ricerca della felicità. Non è un caso che il film si chiuda sulle note di una vecchia canzone di Al Bano e Romina, «Felicità» appunto, cantata in italiano (da un improbabile cantante) anche nella versione originale francese del film: «Felicità, è tenersi per mano e andare lontano/la felicità il tuo sguardo innocente in mezzo alla gente/la felicità e restare vicini come bambini la felicità, felicità…./Senti nell’aria c’è già la nostra canzone d’amore che va/come un pensiero che sa di felicità…». La canzone è la conferma (forse un po’ banale) della tematica realmente affrontata dal film, che ci porta alla formulazione di un’idea centrale di questo tipo: ogni persona aspira alla propria felicità. Si tratta di un anelito legittimo che può giustificare qualsiasi tipo di ricerca (umana e soprannaturale), ma che quasi sempre si risolve in un’aspirazione egoistica.

Valutazione
La trentasettenne regista austriaca Jessica Hausner guarda con curiosità al miracolo in senso lato, soprattutto cerca di capire cosa possa passare nella testa e nell’animo delle persone che lo attendono (prima parte del film). Ma lo fa senza la fede e quindi non è in grado di ammetterlo. Finisce cosí per soffermarsi su come le persone possono vedere il presunto miracolo capitato ad altri (seconda parte del film). La regista, in questo senso, scolpisce i propri personaggi con un rigore quasi glaciale, concentrandosi sugli aspetti umani e terreni che l’attesa del miracolo ha sulle persone con totale disincanto e poca speranza. Quello della Hausner è infatti anche tecnicamente un film senza cielo, con inquadrature ad altezza d’uomo (persino durante la visita alla Grotta, la regista non stacca mai sulla statua della Madonna posta in alto; fa sempre vedere le riproduzioni di quell’originale), a volte è addirittura un po’ claustrofobico (si pensi ad esempio alla sala da pranzo e a molte altre sale senza finestre, al tempo meteorologico quasi sempre piovigginoso, ad eccezione del giorno della gita sui Pirenei al culmine del «miracolo»). Le stesse inquadrature sono spesso statiche e i tempi cinematografici a volte corrispondono quasi ai tempi reali.
Oltre che alle miserie umane di cui abbiamo detto, non mancano nel film le critiche a fenomeni esteriori come il mercimonio delle boutique religiose (ci sono in questo senso inquadrature impietose all’interno dei tanti negozi che costeggiano la strada verso il santuario mariano) o alla leggerezza di certi volontari che dividono il tempo tra un goffo aiuto ai malati e l’intreccio di storie amorose. Ciò non toglie che il film guardi con sostanziale rispetto verso il luogo, Lourdes, e verso le persone che ci vanno in pellegrinaggio. A testimoniarlo sono soprattutto le suggestive ed emozionanti inquadrature della processione notturna girata dal vivo con gli attori mischiati alle migliaia di pellegrini reali. Oltre al personaggio decisamente piú positivo del film: la signora Hartl.
Per noi cristiani è ovvio che il film non coglie assolutamente il senso vero del miracolo. Per noi il piú grande miracolo avviene tutti i santi giorni in milioni di chiese in tutto il mondo di fronte agli occhi di tutti con l’Eucarestia. E sappiamo anche che un miracolo piú importante della guarigione fisica è quello della guarigione spirituale. Detto questo, il film della Hausner (molto bene interpretato a partire da Sylvie Testud nei panni di Christine) resta un’opera di buon livello, persino coraggiosa nel suo affrontare un tema cosí ostico nel panorama cinematografico attuale. Ed anche la disamina sugli egoismi e sulla sostanziale cattiveria di certi personaggi riflette un mondo ahinoi reale, anche nel «luogo del miracolo» per eccellenza. Manca, come detto, la luce della speranza intesa in senso cristiano. Ma questa non si può certo pretendere da chi, come la regista austriaca, si dichiara atea.

I premi
Una nota conclusiva la meritano i premi (piú che altro le motivazioni dei premi) ricevuti dal film.
Premio Signis 2009 dell’Organizzazione cattolica internazionale per il Cinema al film LOURDES «per le fondamentali problematiche umane che solleva – la fede, la sofferenza fisica, la speranza, i miracoli, l’assoluto – e la notevole abilità tecnica e artistica con cui la regista spinge il pubblico alle frontiere delle aspettative terrene, dove s’intravede il significato della libertà umana e dell’intervento divino».  
Premio Brian 2009 dell’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti «alla regista Jessica Hausner per l’approccio razionalista al tema del miracolo. La regista esamina lucidamente il fenomeno Lourdes: le motivazioni e le aspettative che muovono i pellegrini, l’atteggiamento degli organizzatori e degli accompagnatori, le strategie argomentative con cui i religiosi affrontano speranze e delusioni. Ne risulta un quadro eminentemente umano, a partire dal quale vengono proposti alcuni dubbi radicali in materia di fede. L’oggettività dello sguardo, la pacatezza dei toni e la capacità di avvicinare senso comune e riflessioni profonde hanno l’effetto di catturare l’interesse non solo dei credenti, ma anche di chi è già approdato a una visione disincantata e scettica».
Premio La Navicella 2009 della Fondazione Ente dello spettacolo e della Rivista del cinematografo con la seguente motivazione: «Un piccolo grande film sul tema del miracolo, che con toni cronachistici e privi di enfasi si interroga su destino e salvazione, mettendo in campo due prospettive religiose antitetiche: la speranza di chi ne è agito interiormente e la routine di chi la pratica “per professione”».
Premio Fipresci  2009 assegnato da una giuria internazionale di critici perché «il film riesce a sorprendere dall’inizio alla fine con un approccio inaspettato e originale affrontando un soggetto raramente trattato al cinema».
Vienna Film Award con la seguente motivazione della giuria: «“Non ho mai visto nulla di simile prima d’ora, o almeno non raccontato con cosí tanta grazia ed eleganza!”. Questa è la frase che salta in mente dopo aver visto LOURDES, l’appassionato film di Jessica Hausner. Per il suo linguaggio cinematografico non convenzionale, che evoca a tratti una vita tranquilla, per i suoi diversi aspetti, per la regia, la recitazione e l’utilizzo della macchina da presa, si tratta di un’esperienza filmica veramente straordinaria che narra l’aspetto mistico, la speranza e il desiderio, dei credenti in attesa di una guarigione miracolosa durante il pellegrinaggio mariano a Lourdes dove il film è stato anche girato».
Grand Prix. Il Gran premio della 25ma edizione del Festival di Varsavia è stato assegnato a LOURDES perchè «partendo dall’esempio del famoso santuario francese, il lungometraggio presentato in concorso a Venezia affronta la questione della fede e della religiosità ai giorni nostri» ed è «diretto con una profonda conoscenza dell’arte cinematografica, con una grande maturità di pensiero. È un film dalla composizione perfetta, dalla moltitudine di significati, di un’armonia eccezionale. Una storia indimenticabile».

Se la nostra lettura del film è corretta, il Premio cattolico Signis azzarda nel finale della motivazione quando fa riferimento all’intravedere l’intervento divino.
Cosí come azzardata appare anche la motivazione del Vienna Film Award quando parla di aspetto mistico.
Piú consona al film la motivazione dell’altro premio cattolico, quello dell’Ente dello spettacolo, con qualche perplessità sul concetto di «salvazione» e sulla «speranza di chi ne è agito interiormente».
Alla fine, ci duole dirlo, sembra che abbia colto piú nel segno l’Unione degli atei. Gli altri premi portano motivazioni piú tecniche, in parte condivisibili, con l’eccezione di quella «moltitudine di significati» di cui parla il Grand Prix del Festival di Varsavia, che ci offre, insieme a quanto detto nell’introduzione alla lettura del film, lo spunto per il saggio metodologico seguente affidato a Luigi Zaffagnini. (Adelio Cola)

 


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