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GORDOS



Regia: Daniel Sanchez-Arevalo
Lettura del film di: Adelio Cola
Titolo del film: GORDOS
Nazione: SPAGNA
Anno: 2009
Presentato: 66. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2009 - Giornate degli Autori

Quello dell’obesità è soltanto il presto per trattare dei veri autentici problemi umani dei personaggi del film, che, diciamolo subito, le particolari caratteristiche con le quali il regista li presenta, li innalzano a livello di persone. Il film, dunque, alla fin fine si rivolge a tutti gli spettatori, obesi o lungilinei, suggerendo loro l’unico modo di risolvere le ansietà e di superare gli ostacoli che impediscono loro di raggiungere la serenità.

I personaggi del film sono tutti sofferenti a causa dell’eccessivo peso corporeo che sono costretti a portarsi dietro, in famiglia, e pazienza!, (anche se qualcuno approfitta della loro esuberanza per fini irrispettosi e, forse…interessati!) ma soprattutto nel posto di lavoro ed in società. Partecipano a raduni di terapia di gruppo. Il giovane terapeuta li ascolta e tace; qualche raro suggerimento interrompe ogni tanto l’imbarazzo generale incoraggiando gli sfoghi personali di confessione sincera. Le disavventure e gli incubi relativi ai singoli personaggi sono evidenziati dal ricordo, illustrato sullo schermo, delle circostanze ricordate e che, nel caso, risultano con voce off, pur vedendo talvolta chi parla come presente in sovraimpressione sui racconti delle loro esperienze. Qualcuno è sposato, altri convivono, uno si dichiara (e ne porta le prove!) omosessuale. È importante ricordare che il film si apre e si chiude con le medesime inquadrature (inclusione). La prima breve sequenza mostra sullo schermo ventri gonfi di lardo affiancati dalle medesime sgonfie e dimagrite. Il presentatore esalta la pubblicità d’un prodotto (una specie di VIA CHILO!) ed esige (sic) dal folto pubblico di persone obese invitate ad assistere allo spot a gridare con entusiasmo l’evviva per il meraviglioso effetto del misterioso preparato in tubetto.

Le espressioni più frequenti durante le sedute terapeutiche dànno sfogo ai problemi dei partecipanti: «Sono grassa, sono brutta, mio marito mi rifiuta, non ho più il coraggio di guardarmi allo specchio, ho scelto di ingrassare per non far vedere agli altri che sono incinta…» La cura consigliata dalla TV prevede quattro gradi: o tappe: controllo della dieta, sport, autocoscienza e assunzione costante delle pillole miracolose, ed infine quel grado che l’imbonitore pubblicitario, ripreso in primissimo piano, consiglia a tutti i presenti in sala, guardando convincentemente in macchina verso gli spettatori del film: «Tutto l’effetto dipende da te e da nessun altro!”, facendo eco e confermando la lezione appresa da uno dei partecipanti al gruppo terapeutico, l’omosessuale, che aveva sentenziato: «Nessuno può fare niente per te!».

La morale della favola, se favola può essere definita questa ossessione per la prestanza fisica che rende inquieta l’esistenza di molte persone contemporanee, [che non si accettano come sono perché sono gli altri (…l’inferno, direbbe qualcuno!) che non li accettano come sono, perché in realtà è la pubblicità il vero demone che istiga e suggerisce i modi convenienti d’essere oggi al mondo!)]. Certamente qualche personaggio del film esagera nella sovrabbondante alimentazione e nell’uso continuo di dolci e pasticcini, ma costituiscono le eccezioni che confermano la regola.

Colui che più d’ogni altro soffre di complessi di rifiuto dei ‘grassi’ è il terapeuta. Non riesce più a guardare e ad accettare la moglie incinta. Una volta venuto al mondo il bebé, il problema sembra risolto, ma chissà! Una coppia, ed in particolare il marito, è assillata dal problema religioso, dopo che il Pastore della Comunità ha dichiarato che «l’uso del sesso è buono ma al momento giusto, in circostanze giuste, in modo e con finalità giusti». L’ansietà, che sembra condizionare i rapporti coniugali, afferra l’uomo quando i due si trovano nella loro camera nuziale dominata da un grande Crocefisso che sovrasta il loro letto. Poi in realtà …fanno quello che vogliono fare. Ho ricordato prima il caso dell’omosessuale. Questi, dopo aver provocato la morte d’un amico che lo ‘desiderava’ fuori tempo, viene invitato dalla vedova a sposarla…mentre il defunto marito si trova disteso nella cassa! A parte l’esagerazione, che nel film non è l’unica!, serve al regista per fare spettacolo. Fanno parte del medesimo tutte (troppe!) le scene di accoppiamenti che sullo schermo evidenziano pulsioni irrefrenabili delle persone in cura. Sorprende, e sembra eccessiva la scelta registica, il comportamento del figlio (ma è proprio figlio? Forse no!) che riprende e documenta i genitori (ma sono suoi genitori? Sembra di no!) mentre fanno l’amore e consegna (vende?) i documentari alla TV, che li mette in onda con il titolo «grassoni che fanno l’amore». Anche sua sorella (ma è proprio sua sorella? Pare di no, a conferma degli altri dubbi, che dipendono da frasi equivoche sfuggite al padre), altro campione di obesità, ne rimane disgustata.

Il film è molto parlato ma è film e non teatro, date le caratteristiche cinematografiche usate dal regista nelle riprese, dalle quali, eccetto nelle inquadrature spettacolari sopra ricordate, è messo in evidenza il problema personale di ogni personaggio, che consiste non non accettazione e conseguente rifiuto del proprio corpo così com’è o per natura o per volontaria trascuratezza delle normali regole alimentari. Più che del dietologo e del terapeuta, esse hanno bisogno di qualcuno che le incoraggi a far da sé, perché gli altri, nel loro caso almeno, non possono aiutarli molto. (Adelio Cola)

 


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