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THE HURT LOCKER



Regia: Kathryn Bigelow
Lettura del film di: Adelio Cola
Edav N: - 2008
Titolo del film: THE HURT LOCKER
Titolo originale: THE HURT LOCKER
Cast: Attori: Ralph Fiennes (Caposquadra), Guy Pearce (Sergente Matt Thompson), David Morse (Colonnello Reed), Jeremy Renner (William James), Anthony Mackie (Sergente JT Sanborn), Brian Geraghty (Owen Eldridge), Christian Camargo (Colonnello John Cambridge); Fotografia: Barry Ackroyd; Montaggio: Bob Murawski e Chris Innis; Musiche: Marco Beltrami; Produzione: First Light Production, Kingsgate Films; Distribuzione: Videa-CDE; Paese: USA 2008; Genere: Drammatico, Guerra; Durata: 131 Min; Formato: Colore.
Sceneggiatura: Mark Boal
Nazione: USA
Anno: 2008
Presentato: 65. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2008 - In Concorso
Premi: PREMIO SIGNIS alla 65a Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia; Premio Navicella. PREMIO OSCAR 2010 MIGLIOR FILM; PREMIO OSCAR 2010 MIGLIOR REGIA (Kathryn Bigelow); PREMIO OSCAR 2010 MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE (Mark Boal); PREMIO OSCAR 2010 MIGLIOR MONTAGGIO (Chris Innis e Bob Murawski); PREMIO OSCAR 2010 MIGLIOR MONTAGGIO SONORO (Paul N.J. Ottosson); PREMIO OSCAR 2010 MIGLIOR SONORO (Paul N.J. Ottosson e Ray Beckett)

Il film dice tutto nella prima parte: non è antimilitarista soltanto per convinzione ma per motivi e cause ben precise. La seconda parte racconta episodi d’un paio di storie particolari per confermare con i fatti la tesi.

Il teatro di guerra del film è l’Irak. Soldati americani artificieri sono altamente specializzati nel disinnesco di mine e di bombe. Mestiere pericolosissimo, nel quale talvolta restano vittime del dovere. Il nuovo capo comando di pattuglia offre ai suoi sudditi esempi di eroico coraggio. Bisogna affrontare il pericolo a…sangue freddo, per quanto è possibile!
La regista tratta l’argomento dal punto di vista maschile; bisogna riconoscerle il merito d’essere riuscita! Ci sono casi nei quali l’impresa arriva a buon termine, altri in cui l’artificiere, che “va a pezzi!”, ha rischiato e perso la vita per risparmiare quella di tanti altri. Se, come in un episodio della prima parte, egli va incontro al pericolo con baldanza e spensieratezza, prima viene punito dal suo ufficiale al quale ha disobbedito, poi lodato dal capitano per essersi comportato da eroe. E’ la guerra con i suoi compromessi e contraddizioni!
Ma perché tanto eroismo ‘spensierato’? La risposta è nella sentenza che introduce il film: ”La guerra è una droga”. Per coloro che la combattono, arriva il giorno in cui essi non riescono più a farne a meno! Sembra una conclusione pazzesca. Eppure gli artificieri del film ne provano la verità. C’è tra di loro chi arriva a fare quel mestiere per la prima volta: egli muore di paura solo al pensarci. C’è chi è sposato ed è in attesa del tempo in cui potrà “programmare” un figlio, ma che, nella previsione che forse da adulto anch’egli potrebbe andare in guerra come suo padre, maledice le armi. Non manca tra gli altri l’eroe, ma egli stesso si giudica “un drogato”. E ne dà prova eloquente: licenziato e tornato in seno alla famiglia, mentre tiene il braccio il figlioletto sente dalla radio l’appello del ministero della difesa che “necessitano altri artificieri specializzati (li chiamano “gli specialisti”). Egli non sa resistere alla “tentazione” e riparte per la guerra.
La frase d’apertura del film si presenta quasi come il titolo d’una trattazione tematica e l’episodio finale lo conferma e ne costituisce un nuovo tipo di inclusione cinematografica.
Nei momenti pericolosi ed in particolare nelle giornate della rotazione con l’evacuazione dei cittadini dai luoghi delle esercitazioni, si rivelano comportamenti intelligenti ed altri ingenui. Soldati e sottufficiali sanno a che cosa si va incontro e con modi decisi e bruschi spingono i civili ad allontanarsi; il colonnello gentile ed educato si rivolge agli stessi con modi inefficaci: ”Scusate, potrebbe esserci pericolo, penso che sarebbe meglio allontanarsi!”
Come ho anticipato, la prima parte del lungo film racconta storie d’eroismo dei soldati artificieri; la seconda vuole aggiungere alla prima, girata con stile di documentario, due storie evidentemente di fiction con trama e sviluppo previsti dalla scenografia, e finisce, a pare mio, con diminuire il peso tematico della prima ad esclusivo vantaggio dello spettacolo.
Distinzione narrativa tra la prima, che interrompe i vari episodi di guerra con intermezzi d’incontri e scontri verbali e talvolta drammatici tra commilitoni e civili (si distingue in particolare la relazione tra un soldato ed un bambino, che perderà la vita come tanti altre persone innocenti), la seconda narra senza soluzioni di continuità le due storie sopra ricordate (da ricordare quella del tentativo di disinnesco dei detonatori delle bombe di cui è stato forzatamente imbottito un padre con quattro figli che si consegna agli americani per essere salvato, ma al quale il tempo necessario al disinnesco viene a mancare, per cui …va in fumo (!) saltando in aria con un gruppo di malcapitati passanti coinvolti dalla deflagrazione).
Al bambino che gioca con la scatoletta metallica dalla quale scatta fuori, facendolo divertire, un pagliaccetto multicolore, il babbo che ritornerà, come sopra ricordato, al fronte, augura di non dover giocare, quando sarà grande, con altre scatolette…esplosive, come quelle con le quali decide di tornare a ‘giocare’ pericolosamente egli stesso.  

Fotografia e recitazione sono molto apprezzabili. La suspense provocata dal disinnesco delle bombe è efficace, anche se la situazione, più volte ripetuta, diminuisce la tensione psicologica dello spettatore. Il commento musicale, consistente ordinariamente in un’unica nota bassa tenuta, sembra un accorato lamento. Altri interventi orchestrali durante la seconda parte del film sono di maniera.

 


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