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Juno



Regia: Jason Reitman
Lettura del film di: Franco Sestini
Edav N: 360 - 2008
Titolo del film: JUNO
Titolo originale: JUNO
Cast: regia: Jason Reitman – sogg.: Diablo Cody – scenegg.: Diablo Cody‘– fotogr.: Eric Steelberg – mus.: Mateo Messina, Kimya Dawson – mont.: Dana E. Glauberman – scenogr.: Steve Saklad – cost.: Monique Prudhomme – effetti: Brandon Flyte, John Sleep – interpr.: Ellen Page (Juno MacGuff), Michael Cera (Paulie Bleeker), Jennifer Garner (Vanessa Loring), Jason Bateman (Mark Loring), Olivia Thirlby (Leah), J.K. Simmons (Mac MacGuff), Allison Janney (Bren), Rainn Wilson (Rollo) – durata: 92’ – colore – produz.: Fox Searchlight Pictures, Mandate Pictures, Mr. Mudd – origine: USA, 2007 – distrib.: 20th Century Fox Italia (4.4.2008)
Sceneggiatura: Diablo Cody
Nazione: USA
Anno: 2007
Presentato: 2. Festival Internazionale del Cinema di Roma, 2007 - Sezione Cinema 2007 - In Concorso - Premio MARC'AURELIO D'ORO, Premio CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIG.AGRIC.DI ROMA, OSCAR 2008 MIGLIOR SCENEGGIATURA ORIGINALE (Diablo Cody)

È la storia di Juno, una ragazzina di appena 16 anni, che resta incinta e, senza fare tante tragedie – né lei né la famiglia (padre e matrigna) – cerca una soluzione al problema che peraltro scaturisce da un unico rapporto sessuale avuto con un compagno di classe il quale è anch’esso alla «prima volta»: la prima soluzione che le appare evidente è quella di abortire in un centro specializzato, ma dopo una visita all’ambiente decide che non è il caso e opta per partorire e affidare il bambino ad una coppia che non può avere figli oppure ad un paio di lesbiche.

La ricerca della coppia a cui affidare il nascituro ha inizio dagli annunci economici di una rivista («accanto ai terrier, alle iguana ed alle attrezzature da fitness usate») e, sulla carta, alcune vengono scartate e finalmente viene individuata quella apparentemente giusta: è il prototipo della coppia perfetta «belli-ricchi-colti» e, dopo un primo incontro per conoscersi meglio, viene stipulato addirittura un atto da un avvocato che sancisce il passaggio del bambino alla coppia, la quale s’impegna a pagare tutte le spese del parto.

Hanno inizio cosí i sette mesi di gravidanza, durante i quali la ragazzina continua ad andare a scuola, incontra Bleeker, l’imbranatissimo «padre» del nascituro, e vede alcune volte la coppia prescelta per accogliere il bambino: lui, Mark, lavora molto in casa (è autore di musiche per spot televisivi), mentre lei, Vanessa, sembra impiegata ad alto livello ed è quasi sempre fuori di casa; tra i due, è la donna la piú impaziente per l’arrivo del bambino, mentre l’uomo – evidentemente immaturo – sembra vivere una sorta di sindrome di Peter Pan, come se l’arrivo di un figlio lo renda automaticamente «adulto» e quindi gli vieti i suoi giochi quotidiani (chitarra, raccolta di dischi e CD, film dell’orrore, ecc.).

Durante questo periodo, la ragazza riprende i contatti anche con Bleeker e, dopo alcune schermaglie su colei che potrà diventare la sua nuova fidanzata, Juno comincia a confidarsi con questo suo coetaneo che è tutto sport e «poco cervello», ma quel poco indirizzato alle cose concrete (l’unica sua vera passione sembrano le caramelline Tic-Tac all’arancio; c’è poi il rapporto con il padre e con la matrigna, entrambi felici della scelta di Juno e in trepida attesa del parto.

Poco tempo prima del lieto evento, Juno assiste alla sfascio della coppia alla quale dovrebbe andare il bimbo: Mark si rifiuta di «diventare padre» e questo è il motivo scatenante per il litigio ed il conseguente divorzio; il compositore lascerà la casa e andrà ad abitare in centro, in un loft (come moda impone), mentre Vanessa resterà sola e frustrata dall’ennesimo fallimento di questa forma surrettizia di maternità.

È una grande delusione per Juno che invano si chiede «ma non esiste l’amore eterno?» e non trova risposta né in se stessa e neppure nelle persone che le sono vicine: il padre le dirà che lui sta con la sua matrigna da dieci anni e si sente «un campione di resistenza!».

Arriviamo al grande giorno: il parto va nel migliore dei modi ma Juno non vuole vedere la bambina che è appena nata, la quale sarà affidata alla sola Vanessa, l’unica in questo valzer di gente che sembra veramente apprezzare la nuova nata; Juno riprenderà la sua vita di sedicenne e soprattutto riprenderà – o meglio darà inizio – ad una relazione sentimentale con Bleeker.

Il film è scandito da tre stagioni, indicate anche con specifica didascalia sullo schermo: la ragazza rimane incinta in Autunno e in questa stagione assistiamo alla ricerca di una soluzione, dall’aborto all’affidamento; il grosso della narrazione si svolge invece in Inverno, durante il quale aumenta la pancia di Juno e s’infittiscono i rapporti della ragazza con la coppia che dovrà occuparsi del nascituro, ma anche con il padre e, nell’ultima parte, con Bleeker; in Primavera poi, ci sarà il parto, simbologia semplice, forse ingenua, ma efficace di qualcosa che nasce allo stesso modo del germoglio che spunta dal terreno.

Ma prima di strutturare la vicenda, mi sembra indispensabile spendere due parole sulla protagonista: è una ragazzina dei nostri tempi, anche se non possiamo universalizzarla ad archetipo delle adolescenti di adesso; il suo modo di parlare, sia pure infarcito di parolacce, è schietto e diretto, brioso e pungente, pieno di verità e carico di domande alle quali gli «adulti» raramente danno risposta; all’inizio del film la incontriamo mentre fuma la pipa, simbolo forse di saggezza; dal momento in cui ha la certezza di attendere un figlio e di non volere abortire, la pipa scompare, sintomo di rispetto per il feto; sotto l’aspetto cinematografico Juno è un gigante della narrazione, in quanto regge l’intera struttura e su di lei poggia tutto l’impianto filmico.

Ed ora passiamo ad analizzare alcuni aspetti della vicenda: nel film appare chiaramente il momento e la «cosa cinematografica» che inducono Juno a non abortire: prima di entrare nella struttura abortista, incontra una manifestante, anch’essa giovanissima, che la implora di non abortire e le rivela che «il grumo che ha in pancia è una persona completa: pensa ha già le unghie alle ma­ni!!».

Juno rimane assai colpita dalla frase della ragazzina ed entra nell’ambulatorio con questa sensazione addosso: nella mia pancia c’è già un essere umano; poi nella struttura tutte le persone sembrano «disumane», sia per il nervosismo apparentemente immotivato che manifestano e sia per la burocrazia che vi impera.

E cosí «il fagiolino» (come lei lo chiama), nascerà e verrà affidato alla «migliore» coppia possibile, come si fa con un cucciolo che non si può tenere; la scelta della coppia avviene su parametri esclusivamente materiali e, logicamente, non regge alla prova di maturità che la grandezza dell’evento richiede: la coppia scoppia e i due si dividono, ma Vanessa, colei che «sente» nella pancia di Juno il feto che scalcia, sarà quella che in fondo riesce ad ottenere il premio desiderato, cioè vivrà con – e forse – per la bambina che le viene affidata.

Quello che colpisce nella vicenda cinematografica è la descrizione di questo mondo nel quale non esistono particolari tensioni e ogni problema che sorge viene risolto con una battuta o una gag; da questa impostazione si può scorgere che l’assunto antiabortista scaturisce dalla narrazione e non certo dalle parole di Juno, la quale non è sicuramente portatrice di nessuna bandiera, né abortista né antiabortista, anche se, di fatto, nel film sceglie una strada che non è quella dell’aborto.

Ma il tutto avviene con la semplicità e la schiettezza del personaggio che affronta e risolve questioni di grande spessore senza «subire» ciò che le sta accadendo ma cercando di guidarlo verso una soluzione per lei ottimale; e la scelta di Vanessa come madre del suo «fagiolino» è senz’altro di questa categoria.

Ed altrettanto importante è la frase del padre che, dopo il parto di Juno, le si rivolge con questa frase: «sono certo che tornerai qui in ben altra condizione», come a dire che l’abbandono della bambina non è e non potrà essere una costante; il futuro di Juno è quello di tornare in Ospedale per partorire un altro «fagiolino» che però verrà portato a casa sua insieme a Bleeker, l’imbranato fidanzatino, che recita con lei una struggente e bellissima scena d’amore sulla quale si chiude il film.

 

Ed ecco che dobbiamo parlare un po’ della scrittura di questo film: la sceneggiatrice, la trentenne Diablo Cody, premiata quest’anno con l’Oscar, è mostruosamente brava soprattutto nella caratterizzazione dei giovani e giovanissimi, delle loro manie e delle loro frasi fatte, ma è forse leggermente carente sul piano della struttura, ed infatti la tematica del film risulta parzialmente compromessa dalle troppe cose che la giovane autrice ha messo a bollire nel pentolone.

Nei sette mesi che temporalmente dura il film, la nostra Juno oltre a vivere la sua vicenda – per qualcuno angosciante, per lei quasi normale – ci propone uno spaccato dell’odierna società ed in particolare della famiglia contemporanea, con i suoi problemi tipici, dai ragazzini che crescono troppo in fretta (la matrigna che dice a Juno «non credevo che tu fossi sessualmente attiva») ai padri in fuga dalle responsabilità, in preda al complesso di Peter Pan e con le madri «mancate» che – tutto sommato – pur nel suo iper-attivismo, Vanessa rappresenta assai degnamente.

Insomma, in estrema sintesi è un inno alla «normalità»: questi ragazzini, che potrebbero insegnarci tante cose, tra le quali la sincerità ad ogni costo, sono permeati degli stessi valori e degli stessi sentimenti dei padri e dei nonni e nella loro ricerca di felicità, pur estremizzando ogni loro intervento, cercano una sorta di identificazione con tutti noi che li abbiamo preceduti in questa valle di lacrime; ed in quest’ottica estremizzante, ci colloco la ricerca dei genitori per il nascituro: è il sogno di ogni adolescente quello di sceglierseli e non subirli.

 

Per concludere, un bel film, con una interprete – la diciottenne Ellen Page – meritevole dell’Oscar e una scorrevole narrazione; magari ci sarebbe da chiedersi perché l’opera, premiata nell’ottobre scorso alla Festa di Roma, è rimasta così tanto tempo nel cassetto ed è uscita solo in prossimità della tornata elettorale: il distributore pensava di ricavare della gratuita pubblicità per le polemiche che – era certo – ne sarebbero scaturite? (Franco Sestini)

 

Riflessioni su JUNO di Adelio Cola

 

La giovanissima protagonista è circondata da un gruppo di personaggi finalizzati a farla emergere dal mazzo e di presentarsi come emblema di circostanze e di situazioni dell’età difficile.

 Lo spettatore adulto che intendesse «aggiornarsi», si fa per dire!, circa il modo di pensare, di esprimersi e di agire dei giovani moderni, veda il film e poi ci pensi su!

Tutto facile nel film. Tutto spontaneo. Tutto senza problemi irrisolvibili. Tutte, o quasi (vedi i due sposi che si separano), scelte civili ritenute positive, perché «tutte cose legalmente riconosciute e praticate». Al centro delle vicende c’è la simpatica adolescente immatura, che recita con sorprendente spontaneità il ruolo che le è stato affidato. Sbarazzina anche, ma sempre sincera e disarmante di fronte agli adulti. Faccia acqua e sapone, sorprende e denuncia, anche senza volerlo, fariseismi, incongruenze e immaturità umane, lei umanamente immatura ma responsabile, anche se in modo talmente inverosimile da risultare incredibile fino al punto di fare entrare la sua storia nel regno delle favole.

 Come ogni favola, però, anche quella di Juno ha la sua morale, tanto piú credibile (vedi il paradosso!), quanto scarsamente accettabile perché offerta da una protagonista di favola: SE NELLA VITA HAI FATTO LE TUE LIBERE SCELTE, PRENDITI LA RESPONSABILITA’ DI ACCETTARNE LE CONSEGUENZE.

 È tutto da condividere tra i contenuti della bella favola di Juno?

 La risposta è superflua.

 Ognuno confronti criteri e scelte di Juno con le proprie convinzioni e risponda.

 I problemi che il film suscita in spettatori riflessivi sono numerosi. La soluzione degli stessi dipende dalla cultura e mentalità che devono essere controllate ed eventualmente corrette alla luce dell’etica, al di là del modo di pensare utilitaristico che si va sempre piú diffondendo a macchia d’olio nella nostra società senza leggi (leggi: senza Dio).

 Mi auguro che il film sia presentato a gruppi di genitori con figli, (in particolari con figlie preadolescenti), disposti a discutere con loro dopo la visione dello stesso sui problemi suscitati dallo spettacolo. (Adelio Cola)

 


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