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La struttura: ridurre a unità la molteplicità degli elementi


di ADELIO COLA
Edav N: 365 - 2008

Il ricordo di esperienze passate riserva talvolta delle sorprese.

Tra i molti corsi di educazione alla lettura strutturale del film tenuti agli studenti della scuola media superiore, ad esempio, ricordo, e la sorpresa è mia, l’iniziale smarrimento degli allievi alla presentazione dell’idea di «struttura». Mi pareva (ma chiaramente non era stato cosí!) d’aver parlato nel modo piú semplice possibile d’una «realtà», non soltanto di un’idea, che mi sembrava altrettanto semplice ed ovvia.

Le domande furono tali e tante che m’indussero ad accettare la proposta insistente di organizzare un raduno, per coloro che erano interessati all’argomento, per parlare con loro di «struttura» in ambito interdisciplinare.

 Le dodici ore complessive, divise in quattro incontri con alcuni colleghi insegnanti che si prestarono a collaborare con me per aiutare gli studenti a riflettere sull’argomento, furono seguite dalla maggioranza di coloro che le avevano richieste.

Fu un’esperienza molto interessante.

L’esposizione ebbe il seguente svolgimento:

1. Definizione/descrizione del termine «struttura», etimologia e storia della parola;

2. osservazioni sulla struttura nella vita vegetale ed animale;

3. nella letteratura, nella matematica, nella musica;

4. nell’organizzazione civile, politica, familiare, religiosa;

5. in particolare nell’ambito militare (esempio: «esercito strutturato/distrutto...»);

6. nell’esperienza personale dello studio, del gioco, dello sport;

7. esercitazioni di lettura strutturale di pagine aperte a caso dei libri di testo delle varie materie scolastiche.

I risultati furono lusinghieri.

Alcuni studenti ammisero d’aver scoperto il metodo di studio. Impararono... ad imparare impadronendosi un poco alla volta della «struttura» della pagina letta e memorizzandola con una certa facilità.

A distanza di qualche anno altri mi comunicarono la migliore riuscita negli studi universitari applicando alle materie delle facoltà, tanto di carattere umanistico che scientifico, la lettura strutturale.

Impararono a sfruttare meglio il tempo libero dalle lezioni scolastiche, scoprendo che ne rimaneva per lo sport e lo svago.

«Girando il mondo», come si dice, si abituarono a guardarlo non soltanto ma a scoprirne la struttura sotto i vari aspetti nei quali si presentavano persone ed eventi.

La lettura strutturale del giornale, della televisione e del film fu sentito non piú come argomento di riflessione sulle comunicazioni dei mass media, in particolare al fine di scoprirne le idee inavvertite, quasi che l’esercizio fosse un nuovo bel gioco per «grandi»! Si convinsero che attraverso la lettura strutturale si potevano liberare da condizionamenti sociali molto diffusi.

Quando riferisco gli effetti, che per me rappresentarono autentiche sorprese di risultato in campo educativo, non intendo affermare che tutti gli allievi ricavarono tutti i medesimi frutti dal lavoro comune, ma che ognuno è riuscito nell’impegno, ed ecco un’altra sorpresa!, secondo l’interesse per l’argomento piú che in relazione al, come si diceva un tempo, personale quoziente d’intelligenza.

La materia che maggiormente ha interessato quasi tutti i giovani, e questa non è stata una sorpresa!, fu la musica. La facilità quasi istintiva, dopo brevissima introduzione dell’esperto invitato all’incontro, con la quale scoprivano la struttura dei brani musicali proposti all’ascolto, fu motivo di soddisfazione per gli appassionati. Non soltanto sapevano distinguere strofe e ritornello, ma la riapparizione del motivo musicale nel genere «rondò, la divisione in parti A B A» in brevi suonate, la ripetizione di formule liturgiche con relativa modulazione gregoriana, la partecipazione «intelligente» al ritmo di composizioni contemporanee strumentali e vocali.

Gli occhi di coloro che non avrebbero mai previsto che gli esercizi di lettura strutturale potessero essere causa di scoperta colma di soddisfazione, brillavano di gioia.

Le scoperte, dunque, furono numerose!

Esercizi di lettura strutturale di film furono richiesti dal gruppo, che, con i genitori, seguirono in autunno avanzato la rassegna cinematografica dei cineforum serali.

E qui raccolsi un’altra sorpresa.

Almeno due volte è capitato che, quando un adulto chiedeva la parola dopo la proiezione per esporre la sua «interpretazione» del film, un giovane istintivamente cercasse di interromperlo con gesti per poi aggiungere (una sera fu iniziativa «coraggiosa» di Giorgio, seconda liceo scientifico): – Ma, papà, non c’entra! Questa è interpretazione tua, non c’entra con il film! – Toccava poi al presentatore del cineforum distinguere, spiegare con rispetto e delicatezza che la lettura si fonda sul contesto nelle sue particolari caratteristiche (C1 e C2), colte dagli spettatori in modo, per quanto possibile, oggettivo, senza aggiungere interpretazioni (integrazioni psicologiche personali).

Volete sentire l’ultima sorpresa?

Un collega che stava preparando la tesi per la seconda laurea, durante un esame espose al professore interrogante la teoria della lettura strutturale del film paragonandola con la cosiddetta «sintesi», che autori recenti ritengono l’ultimo grido della critica.

Mi riferí poi l’interesse ed una certa sorpresa (!) dimostrata dall’esaminatore e dal suo assistente mentre ascoltavano idee che apparivano «nuove».

Desidero comunicare ai lettori di EDAV l’esperienza provata all’inizio del terzo corso di proposta di lettura strutturale del film, offerta ad un gruppo di colleghi, insegnanti di religione nelle scuole di primo e secondo grado.

Iniziai chiedendo se desideravano approfondire qualche argomento già fatto oggetto di riflessione nei due corsi precedenti. Mi chiesero di parlare della «Struttura, l’argomento piú difficile da spiegare agli alunni».

I colleghi si dicevano convinti che la lettura strutturale (a proposito di struttura!) secondo la METODOLOGIA TADDEI poteva diventare un mezzo educativo di liberazione mentale anche per bambini e ragazzi di tenera età. Il coordinatore del corso, già allievo di p. Taddei, li aveva invitati a frequentare il corso, perché egli per primo aveva fatto positiva esperienza dell’utilità della metodologia del suo venerato maestro.

Persino le idee che a noi sembrano o possono apparire semplici ed ovvie, se ci applichiamo seriamente alla loro riflessione e ne vogliamo approfondire il contenuto e le possibili conseguenze, potranno presentarsi all’inizio complicate e intriganti ma in seguito, con l’esercizio costante, diventeranno sempre piú trasparenti cominciando a diventare patrimonio della nostra cultura personale.

La sorpresa finale per tutti consisterà nella scoperta, per quanto riguarda la «struttura», che essa è una realtà che tutti conoscevano implicitamente da sempre: era necessario soltanto che qualcuno svelasse l’arcano!

Se poi lo svela invitando gli altri a collaborare con lui nell’impresa della scoperta (vedi sopra l’esperienza insegnanti-studenti), allora la soddisfazione finale sarà ancora maggiore.

L’interessato, che non sarà mai infallibile, non dirà in futuro, se gli succederà di ricadere nei vecchi errori: «Ma, papà, eccetera». Animato da sana autocritica dirà: «Ma, Giorgio, questo non c’entra con il film. Questa è interpretazione tua!».

 
 

Ma cos’è, infine, questa benedetta STRUTTURA, della quale si afferma che c’è sempre e dappertutto ma che nessuno ha mai visto in faccia?

La domanda è piú che legittima, anche perché tutti ne parlano, persino i politici!.

EDAV ha riportato frequentemente doverose riflessioni come opportune risposte alla questione, che sembra misteriosa mentre in realtà non lo è affatto.

La struttura è una FORZA, la quale, come tutte le forze, esiste ma nessuno la può vedere e toccare. Ecco, forse, il motivo di ritenerla «misteriosa».

Vedi la forza elettrica, ad esempio. Se mi chiedi che cos’è, non so rispondere con esattezza e compiutamente.

Se mi chiedi se c’è, non ho dubbi circa la sua esistenza. Se non credi, tocca i fili e ...attento alla scossa!

Se mi domandi di definirla, la difficoltà che incontro è grande.

Se me ne chiedi gli effetti, l’elenco dei medesimi è indefinito.

Oggi, senza la forza elettrica si vive dove non è ancora arrivata; dov’è arrivata, come da noi, essa condiziona talmente la nostra vita, che, quando viene meno per qualunque motivo e causa, la vita, per cosí dire, si ferma. Vedi quel che succede allora in fabbrica, nelle strade, nelle abitazioni domestiche.

Eppure... chi l’ha mai vista?

Si dirà: ma è proprio COSÍ la struttura in genere?

È qualche cosa di simile, almeno sotto questo profilo: c’è, ripeto, e non si vede.

Dovunque essa si trovi, cioè dappertutto, essa esercita una funzione, stavo per dire produce un effetto: riduce ad unità la molteplicità degli elementi che costituiscono la realtà dell’oggetto nel quale si trova.

Esiste in tutto il creato: piú ampio di cosí, il suo ambito non potrebbe essere!

Di quante parti (prima ho detto «elementi», ma nel caso nostro sono termini sinonimi) ha, sempre ad esempio, il corpo umano, come dire:

Di quante parti è composto?

In quante parti è strutturalmente divisibile?

Le parti reali che lo costituiscono, cioè, come si possono distinguere le une dalle altre?

E com’è possibile raggrupparle in parti principali e secondarie, non per importanza ma sotto l’aspetto funzionale?

Esistono parti strutturali primarie, che possiamo chiamare proprie della struttura fondamentale, e parti che possiamo anche definire sottoparti o infrastrutture.

C’è, dunque, nel corpo umano la possibilità di parlare di struttura e di infrastrutture? Certamente, perché il Creatore l’ha strutturato cosí, composto cioè in quel modo, che noi cerchiamo di «smontare» con la nostra intelligenza.

Evidentemente non si tratta di anatomizzare una persona. L’operazione, per cosí dire, chirurgica di dividere le parti, è intellettuale.

È ovvio, ma anche le cose ovvie talvolta conviene specificarle per non essere... fraintesi.

Abbiamo fatto riferimento al corpo umano.

Possiamo farci le medesime domande se consideriamo un albero, un edificio, addirittura un evento.

Che il corpo umano sia strutturalmente UNO, che ce lo fa apparire e conoscere, quando ce lo troviamo di fronte, come corpo umano e non come un altro essere, dipende dalla sua struttura, cioè da COME è fatto.

E com’è fatto? Com’è divisibile?

In un numero indefinito di parti e particelle.

Ma quali sono le parti principali che lo costituiscono?

Capo, tronco e membra.

Esistono, naturalmente, le infrastrutture. Le membra si sottodistinguono in superiori e inferiori: le prime in avambracci e braccia, che a loro volta hanno mani e dita con falange falangina e falangetta....

Se volessimo fermarci a considerare il capo, potremmo addirittura arrivare a numerare i capelli.

Ma... è questa «roba qui» la struttura?

Certamente e, com’è piú che evidente, esiste anche se nessuno ci pensa.

Ma dov’è, dunque, in quale preciso punto e luogo del corpo risiede per influire poi sulle singole sue parti e particelle?

La risposta non esiste, come non si trovava nei riguardi della forza elettrica (era nelle spine, nelle prese, nei fili, nelle turbine?...).

C’è dovunque e sempre. Se non ci fosse, non ci sarebbe neppure la lampadina accesa, la radio che funziona..., nel caso nostro il corpo che parla, mangia e cammina....

Domanda fondamentale: Chi mi consente di dire di fronte ad un oggetto: questo è un corpo umano, questo è un albero, questa è una casa...?

La loro struttura. Nient’altro.

Io non dico: qui c’è un capo, un tronco, quattro membra con braccia e gambe, con mani e piedi.... Raccolgo intellettualmente (= lèggo, dal verbo lèggere) tutte queste «parti e particelle» e concludo: Questo è un uomo, una donna, ....

Non dico: qui ci sono migliaia di foglie, decine di rami, una chioma, un tronco, le radici... Dico: vedo un albero.

Chi mi assicura di vedere UNA persona, Una cosa, Un animale?

Chi, insomma, mi permette di RIDURRE ALL’UNITA’ quell’essere che vedo e che definisco uomo, donna, albero, casa....?

La risposta è una soltanto: LA SUA/LORO STRUTTURA.
 

L’interessante novità, semmai, consiste nel fatto che, qualunque sia l’essere che voglio vedere, toccare, mangiare, ascoltare..., è fornito, possiamo dire, della sua caratteristica struttura e che tale struttura è sempre (quasi sempre) riconducibile alla divisione fondamentale delle sue «parti», (si potrebbe definirla esistenza strutturale) nei numeri DUE E TRE.

Due o tre sono le parti strutturali principali del corpo, dell’albero, della casa....

Due, se io mi arresto a considerare, ad esempio, la parte senza la quale il corpo umano non sarebbe vivo qualora ne fosse privo, e cioè 1. il capo, e 2. tutto il resto del corpo stesso.

Cosí per quanto riguarda la casa, la città: 1. parte visibile e 2. fondamenti/fondamenta; 1. struttura in legno e 2. in materiale edilizio minerale; 1. muri/mura e 2. aperture; 1.porte e 2. finestre....

Oppure: 1. tetto, 2. muri/mura, 3. fondamenti/fondamenta...; 1. base, 2.altezza, 3 spessore...

Sempre due o tre, dunque.

Anche il pianeta Terra, a seconda che voglio considerarne l’uno o l’altro aspetto, si presta alla «divisione» in una o due parti strutturali obiettive: 1. continenti emersi, 2. mari; 1. montagne, 2. pianure; 1. ecumene, 2. deserto...

Oppure: 1. terre emerse, 2. mare, 3. atmosfera....

È utile tenere presente questo punto d’arrivo del nostro viaggio alla scoperta della struttura, che diventa un punto acquisito di facile ed utile partenza di fronte alla domanda che possiamo porre a noi stessi di fronte a qualunque realtà, come abbiamo detto sopra, e quindi anche dopo aver assistito alla proiezione d’un film o d’una trasmissione televisiva.

E qui... ci siamo, perché è qui che volevamo arrivare.

Resta adesso da rispondere ad un’altra domanda, apparentemente di facile risposta, in realtà molto meno semplice e facilmente «reperibile» di quanto potrebbe sembrare al primo incontro.

Chi segue le trattazioni pubblicate nella rivista EDAV sa come si riesca ad individuare con una certa, diciamo pure, facilità le parti costitutive d’un film, cioè a scoprire la sua duplice/triplice struttura, narrativa e semiologica.

Non si può cominciare ogni volta da capo, nel nostro caso ripetere argomenti già ampiamente trattati. Diciamo soltanto che la scoperta della struttura del film, necessaria per passare alla sua lettura strutturale in vista di comprenderne infine l’idea centrale, cioè il motivo per cui il regista l’ha diretto, gratifica coloro che, dopo aver ben compreso che cosa sia la struttura e la sua funzione (ridurre, nel nostro caso, le migliaia di unità fotografiche dette fotogrammi ad unità, cioè ad UN film), arrivano a comunicare con il regista, ad avere compreso, cioè, l’idea da lui espressa.

A quel punto lo spettatore è in grado di confrontare le idee dell’autore del film con le sue.

Il cammino è lungo: se una persona ha passione, pazienza e perseveranza nell’esercizio che esso esige, alla fine avrà imparato un altro mestiere (arte?) utile nella vita, quello della lettura strutturale, mezzo importante di liberazione mentale dalle opinioni correnti.         

 
Nota: L’abbondanza, forse eccessiva, dei termini sorpresa, struttura e scoperta è voluta ai fini didattici
 


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