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La seconda notte di nozze



Regia: Pupi Avati
Lettura del film di: Nazareno Taddei
Edav N: 333 - 2005
Titolo del film: LA SECONDA NOTTE DI NOZZE
Cast: regia, sogg., scenegg.: Pupi Avati – mont.: Amedeo Salfa – fotogr.: Pasquale Rachini – cost.: Francesco Crivellini – suono: Piero Parisi – scenogr.: Simona Migliotti – tema musicale: “Cantando con le lacrime agli Occhi” V.Mascheroni e M.Panzeri – arredamento: Giuliano Pannuti – interpr.: Antonio Albanese (Giordano Ricci), Neri Marcoré (Nino Ricci), Katia Ricciarelli (Lilliana Vespero), Angela Luce (Suntina Ricci), Marisa Merlini (Eugenia Ricci), Robert Madison (Enzo Fiermonte), Tony Santagata (Ugo Di Dante), Sandro Dori (Notary Colliva), Mia Benedetta (Mariagrazia), Manuela Morabito (Estrelita), Valeria D’Obici (mamma di Clara) – colore – durata: 103’ – produt.: Antonio Avati – coproduz.: Duea Film e Rai Cinema – distrib.: 01 Distribution
Sceneggiatura: Pupi Avati
Nazione: ITALIA
Anno: 2005
Presentato: 62. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2005 - In Concorso -

Una Mostra, questa, come s’è potuto notare, senza grandi sprazzi di colore, come succedeva ai tempi di Fellini e anche di Pasolini e, vorrei dire, anche senza sprazzi di intelligente fantasia e di arte che incidevano, a quei tempi, sul gusto estetico, oltre che sui contenuti di pensiero e sollecitavano Il brivido della contemplazione.
Aspettavamo Abel Ferrara, Faenza, la Comencini e, se si vuole anche George Clooney; ma fino a questo punto, mi pare di dover dire che l’impressione è quella di una Mostra piuttosto moscia, senza frustate vere e proprie, nonostante quella tematicamente notevole di Ang Lee, che ci obbliga però, a riconoscere che il Premio al film, senz’altro dignitoso, dei due mandriani è stato semplicemente, da parte di chi lo ha attribuito, un errore di «lettura» del film, perché si è premiato un film che era proprio il contrario di quello che si voleva premiare (v. la nostra «lettura».)
A questo punto della Mostra siamo qui dunque a sperare solo sul film di Pupi Avati, il quale sappiamo bene non essere proprio l’ultimo arrivato.
Ed eccoci, dopo aver visto il film: proprio di frustata, né di entusiasmo, né di delusione, direi che non si può parlare; anche perché Pupi non è mai eclatante, né da «strapar ‘l goto» e quindi richiede una certa capacità di «lettura» per poterlo intendere e valutare. Detta fuori dai denti, Avati ha fatto ¬una ben grossa sorpresa, a chi ha pazienza di leggere un film, prima di sparare valutazioni improvvisate, che possono anche piacere al popolo bue, ma che non vanno molto al di là di questo.
Ed ecco la sopresa: Pupi Avati questa volta ha portato al cinema quella modalità che è propria tipica della pittura e che si chiama «paesaggio» e, piú propriamente, «paesaggio umano», cioè di uomini e di donne.

Proprio di questi tempi, il 21 ottobre u.s., pag. 114-115 il settimanale «Il Venerdí» ha pubblicato un servizio dal titolo L’altra faccia dell’Emilia svelata ai turisti tedeschi, di Michele Smargiassi (v. foto a pag. 31), dove si annota «Le atmosfere di Zavattini e di Bertolucci non esistono piú», perché «quindici anni fa, aprí gli occhi e capí che un confine era stato attraversato, che era ora di buttare via un intero immaginario visivo e ricartografare mentalmente per intero un territorio che Giuseppe Verdi, redivivo, non riconoscerebbe piú.
«Nell’ombelico dell’Emilia, la piccola Rubiera, nacque allora Linea di confine, laboratorio del paesaggio che cambia. La inventarono tre fotografi, Wiliam Guerri, Roberto Margini e Guido Guidi .Ma ispirò l’occhio olimpico di un quarto, Luigi Ghirri, il primo a raccogliere nei suoi limpidi acquerelli fotografici, con la stessa estetica tolleranza, monumenti del passato e segnali stradali, orizzonti di brume e cartelloni pubblicitari. (…) Adesso ci sono migliaia di scatti, negli archivi di Rubiera, e raccontano storie che asso¬m-gliano piú ai racconti di Pier Vittorio Tondelli1 che ai romanzi di Riccardo Bac¬chelli»
E anche una nota in finestrella sottolinea che «I paesaggi di oggi ricordano piú Tondelli che Bacchelli.» Servizio, come si può notare, d’una certa levatura culturale, che ulteriormente valorizza la citazione del film di Avati.
(…) Nel cit. servizio, si legge: «Gli esseri umani non sono scomparsi. I fotografi li hanno cercati, archiviati anche loro. Ma luoghi e anime sembrano avere divorziato.»
A mio avviso, il nuovo film di Pupi Avatti riempie e distrugge tali lacune e, in un certo senso, supplisce quella mancata fiammata, anzi la adorna d’una nuova, ben piú interessante e notevole dimesione e valore.
Pupi Avati, quindi paesaggista umano, in cinema, di Emilia - Romagna, ma non solo di quelle, perché il cinema – se valido – propone sempre, generalmente, valori universali.
Il film è la storia di Giordano, in Puglia, un omone dalla barba ispida, che smina i campi di Torre Canne. Nessuno gli si oppone e tutti lo ritengono un po’ il ritardato mentale del villaggio. Le uniche a preoccuparsi di lui solo le due vecchie zie.
Ed ecco il «paesaggio umano-base».

Ma da Bologna arriva la lettera della cugina Giuliana, già sua segreta fiamma dell’a-dolescen¬za, oggi vedova da pochi mesi, che ha il vivace figlio Nino, campione nell’arrangiarsi.
Ed ecco il secondo paesaggio umano…
Giordano li invita nella sua masseria,non senza gravi trambusti, ivi compresa l’ira delle zie. Non vi pare un terzo prezioso paesaggio? I bolognesi arrivano, accolti come si può immaginare.

Giordano si interessa sempre piú di Liliana e l’amore di questa per lui cresce di giorno in giorno; paesaggio piú umano di questo, dove pensate di trovarlo? Tanto piú che Giordano trova un lavoro per Nino da un notaio e poi lo toglie dai guai, quando ne combina una delle sue.
«Qualcosa di miracoloso accadrà all’interno della masseria», ci informa la sinossi, che non vuole mai far sapere come il film finisce: cosí, chi è interessato per curiosità (che non è poi cosí male del tutto) va a vederselo (e nuovo biglietto); ma il critico che non ricorda mai bene il finale, che magari è solo un piccolo, ma fondamentale, dettaglio, deve arrangiarsi a rivedere (biglietto e biglietto) e rivedere solo il finale, che non si sa mai quando avverrà.
Quindi, chi di voi volesse fare il critico cinematografico, non dimentichi mai di annotarsi bene come un film, in dettaglio, finisce, quando lo vede la prima volta, se non volete incappare in guai ben peggiori…!
E come non ultimo pregio, il film di Avati vi offre anche una breve, ma importante lezione di metodologia e di metodica.…!!! (Nazareno Taddei SJ)

1) Nato a Correggio nel 1955 e morto di Aids nel 1991, ha studiato all’Università di Bologna, ha debuttato come scrittore con altri; autore e scrittore di geografia lette¬raria con paesaggi che sopportano elementi discordanti, a differenza di Bacchelli i cui paesaggi sono solo omogenei.
 

 


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