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Le ragioni dell'aragosta



Regia: Sabina Guzzanti
Lettura del film di: Franco Sestini
Edav N: 354 - 2007
Titolo del film: LE RAGIONI DELL'ARAGOSTA
Cast: regia e scenegg.: Sabina Guzzanti – fotogr.: Caroline Champetier – mont.: Clelio Benevento – mus.: Riccardo Giagni, Maurizio Rizzuto – suono: Erwan Kerzanet – scenogr. e cost.: Antonio Marcasciano – interpr.: Sabina Guzzanti, Pierfrancesco Loche, Francesca Reggiani, Cinzia Leone, Stefano Masciarelli, Antonello Fassari, Gianni Usai, Franza Di Rosa – durata: 90’ – colore – produtt.: Sabina Guzzanti, Valerio Terenzio, Simona Banchi – produz.: Gianfranco Barbagallo – origine: ITALIA, 2006 – distrib.: Istituto Luce. Realizzato con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Dipartimento dello Spettacolo.
Sceneggiatura: Sabina Guzzanti
Nazione: ITALIA
Anno: 2006
Presentato: 64. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia - 2007 - Giornate degli autori
Premi: PREMIO BRIAN ALLA 64A MOSTRA D'ARTE CINEMATOGRAFICA, VENEZIA, 2007

È la storia di Sabina Guzzanti e degli «amici-colleghi» che nei primi anni ’90 misero insieme quella celebre trasmissione «Avanzi», diventata un cult per i giovani di allora e di adesso; la compagnia si ritrova per una nobile iniziativa: i pescatori sardi sono in difficoltà perché la pesca dell’aragosta è fortemente in declino e si aspettano delle iniziative dal potere politico locale, sia per disciplinarne la pesca e sia per far approdare ad una sorta di welfare i pescatori in crisi.
La banda di attori ed attrici si ritrova in un villaggio dal buffo nome «Su Pallosu», dove abita un altro dei vecchi amici di Sabina, Pierfrancesco Loche, ritiratosi dalla professione di attore ed impegnato, con scarso successo ad esibirsi alla batteria. Gli amici-colleghi arrivano alla spicciolata e cosÍ abbiamo l’opportunità di rivedere Antonello Fassari e Cinzia Leone, Stefano Masciarelli e Francesca Reggiani, tutti invecchiati ma ancora sulla breccia con alterni successi.
Si tratta ora di mettere in scena questa sorta di happening fatto per incassare dei soldi da devolvere alla nobile causa, ma soprattutto per sensibilizzare gli spettatori e le forze politiche al drammatico problema dei pescatori, a capo dei quali c’è un ex operaio della FIAT, Gianni Usai, ex sindacalista ritiratosi nella sua terra dove cerca di aiutare questa nuova realtà operistica.
Si cominciano a scegliere le scenette che ognuno metterà in scena e affiorano i primi problemi, derivanti dall’impatto di questa nuova realtà che cerca di rievocare una parentesi di lavoro («Avanzi») e di vita ormai irripetibile; nessuno di loro non è piú lo stesso di allora, ovviamente, e per di piú è provato da tutta una serie di accadimenti che lo hanno segnato, come la drammatica malattia superata dalla Leone che nel rievocarla cede ad un pianto dirotto: cosa fanno adesso i «rivoluzionari» artisti che pensavano di rivoltare il mondo usando la satira? Quasi tutti si arrangiano con «soap opere» e con «sceneggiati», tutta roba votata al consumismo piú totale, quello stesso che erano abituati a combattere.
Nella preparazione dei pezzi da utilizzare per lo spettacolo, ci scappa qualche battuta contro Berlusconi, contro la sinistra di adesso e contro il Papa, del quale viene citato un pezzetto dal «Compendio» nel quale si afferma «che la guerra può essere moralmente accettabile se si hanno buone probabilità di vittoria» (v. finestra a fianco)
Tutti i pezzi di satira sono realizzati dalla Guzzanti con il suo senso dell’imitazione molto spiccato: le voci di D’Alema, di Berlusconi e del Papa sono pressoché identiche; anche Masciarelli imita magistralmente il defunto Gianni Agnelli e narra un episodio accaduto in occasione di una «convenction» alla quale partecipò l’attore e al termine della quale ebbe l’onore di conoscere l’Avvocato.
Stiamo per andare in scena e i dubbi e le paure aumentano: Gianni Usai, l’ex sindacalista, annuncia che non se la sente di presentarsi al pubblico ed anche Pierfrancesco Loche ha fortissimi dubbi; nel suo camerino Sabina Guzzanti ha una riflessione amarissima che è in concreto la tematica del film: si mostra stufa di fare queste cose, questi spettacoli, tanto non si risolve niente, sono anni che li facciamo e il mondo non è cambiato di una virgola ed allora che li facciamo a fare? Ed informa il pubblico cinematografico che dietro il film «è tutto falso», non esiste uno spettacolo da mettere in scena, ma solo delle cose da riprendere con la telecamera... e basta.
E quindi anche Sabina non ha nessuna voglia di andare in scena, ma viene «convinta» da un piccolo raccontino fattole da Loche, circa il «brodo», il cui significato simbolico è che quando sei «costretta a bere il brodo», anche se non ti piace fai finta di niente e bevilo, cosÍ come quando sei «costretta» ad andare in scena, vacci e falla meno lunga.
Il film termina con il gruppo di attori – ai quali si è unito anche il riottoso Gianni Usai – che è riunito in riva al mare e su questa immagine arriva la parola FINE; ma il film non termina, perché dopo lo scorrere dei titoli di coda si ode una voce (quella del Papa imitata dalla Guzzanti) che dice: «Sono veramente desolato. Mi dispiace per voi».
L’opera, girata con buona maestria, è tutta nel discorsetto finale della Guzzanti nel quale si mostra il ritratto di una generazione di attori che attraverso la satira credeva di cambiare il mondo e che dal mondo è stata molto ammaccata. In questa considerazione c’è quasi una voglia della regista di smettere di confezionare questi lavori perché... tanto non serve a niente.
E la satira di questo film è veramente ridotta a poca cosa, come se non avesse piú frecce da lanciare contro questa società oppure come se avesse constatato che non serve a niente scagliarle, perché il mondo te le rimanda indietro e ti ferisce profondamente.
Ma quella frase finale – detta dopo i titoli di coda (e quindi non tutti gli spettatori la colgono) – sembra quasi un annuncio fatto dalla regista utilizzando la voce del Papa da lei imitata su un futuro che potrebbe fare a meno delle sue punzecchiature; una sorta, quindi, di annuncio che questo potrebbe essere l’ultimo film di questo genere, nel quale cioè si cerca di aiutare qualcuno (nello specifico i pescatori sardi, archetipo di una classe operaia che è ancora sfruttata) che però non si sa bene se vogliono realmente essere aiutati (Usai che poco prima di andare in scena dichiara forfait).
E cosÍ la Guzzanti, usando un modo non percepibile da tutti e quindi facilmente ritrattabile, sembra dire il canonico «ma chi me lo fa fare??», riferendosi naturalmente alle battaglie spese per cambiare il mondo (ma forse a lei bastava cambiare l’Italia) che a ben guardare non hanno prodotto nessun cambiamento di rilievo ed annunciare una specie di «ritiro dalle scene».
Ma a ben comprendere il pistolotto finale, l’autrice è «desolata» di dover fare questo ed è «dispiaciuta» perché il suo pubblico non sembra piú interessato a tali spettacoli; a ben vedere c’è spazio per «tornare indietro» da questa decisione ed è quello che mi attendo a breve, perché anche la Guzzanti deve campare e per campare deve continuare a «bere il brodo» che le viene offerto!!. (Franco Sestini)
 

 


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