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I Simpson - Il film



Regia: David Silverman
Lettura del film di: Adelio Cola
Edav N: 354 - 2007
Titolo del film: I SIMPSON - IL FILM
Titolo originale: THE SIMPSONS MOVIE
Cast: regia: David Silverman – sogg.: Matt Groening (serie animata), James L. Brooks, Sam Simon – scenegg.: James L. Brooks, Matt Groening, Al Jean, Ian Maxtone-Graham, George Meyer, David Mirkin, Mike Reiss, Mike Scully, Matt Selman, John Swartzwelder, Jan Vitti - scenogr.: Dima Malanitchev – effetti: Carol VanHook, Rough Draft Studios, Film Roman Productions, Akom Production Company – mont.: John Carnochan – mus.: Hans Zimmer, il tema musicale θ di Danny Elfman – le voci, i personaggi: Tonino Accolla (Homer), Liω Bosisio, (Marge), Ilaria Stagni (Bart), Monica Ward (Lisa), Omero Antonutti (Russ Cargil), Francesco Prando (Flanders), Mario Milita (Nonno) – le voci della versione originale: Dan Castellaneta (Homer Simpson), Julie Kavner (Marge Simpson), Nancy Cartwright (Bart Simpson), Yeardley Smith (Lisa Simpson) – durata: 87’ – colore – produz.: James L. Brooks, Matt Groening, Al Jean, Mike Scully, Richard Sakai per 20th Century Fox, Film Roman Productions, Gracie Films - origine: USA, 2007 – distrib.: 20th Century Fox Italia
Sceneggiatura: James L. Brooks, Matt Groening, Al Jean, Ian Maxtone-Graham, George Meyer, David Mirkin, Mike Reiss, Mike Scully, Matt Selman, John Swartzwelder, Jan Vitti
Nazione: USA
Anno: 2007

Una breve sequenza d’apertura, quasi sigla introduttiva al film d’animazione, mostra una capsula spaziale, abitata da esseri «infraumani», scendere dalla Luna e risalire lassú. Ci possiamo dunque aspettare avventure d’ogni tipo dallo spettacolo che si presenta diviso in tre parti strutturali narrative.
PROLOGO: ecco la famiglia dei Simpson, papà HOMER e mamma con figli birichini e bimba normalmente pettegola, che vivono, litigano e si rappacificano tra di loro e sopravvivono con i vicini senza particolari problemi di convivenza. Il capo famiglia prende risolutamente iniziative ed affronta problematiche superiori alle sue capacità; i risultati sono tutti fallimentari. Egli però non si scoraggia e persiste nella decisione di non rinunciare alle sue imprese.
PRIMA PARTE: come succede in tante buone famiglie, anche qui convivono con le persone animali di compagnia. Nel caso si tratta d’un grazioso maialino, che il capo famiglia coccola con tenerezza trattandolo come un biondo bambolotto. L’animaletto ha un brutto difetto, anzi eccesso: scarica qua e là gli effetti, contaminati da radiazioni nucleari!, degli abbondanti pasti inquinando l’ambiente. Il padrone escogita un geniale rimedio. Raccoglie tutto in un capace silos metallico, lo sigilla per sicurezza. (– cosí grande?, obietta la moglie, «Io, la convince il marito, gli ho dato una mano!»), trasporta il grande contenitore di rifiuti radioattivi e lo seppellisce nelle limpide acque del laghetto cittadino. Il silos però si apre e inquina l’acqua, fonte di vita dei cittadini. Questi ultimi, scoperto il colpevole, si organizzano e lo assediano al grido programmatico «A morte!». Il nostro raccoglie armi e bagagli ed emigra in Alasca, dove «sogna» una vita serena e tranquilla tra ghiacci accoglienti ed animali fraternamente al suo sevizio.
SECONDA PARTE: la polizia cittadina ed in particolare la divisione incaricata della nettezza urbana prende drastici provvedimenti contro l’inquinamento ecologico. Imprigiona dentro una sfera di trasparente infrangibile cristallo la città con tutti gli abitanti, per impedire che gli effetti micidiali del delitto si estendano a... tutta l’umanità!
Le (dis)avventure della famiglia dei Simpson si susseguono a catena con le solite conseguenze negative, malgrado l’ ingenua buona volontà dei suoi membri. Intanto nella città assediata scarseggiano le risorse dei viveri fino quasi ad esaurirsi.
TERZA PARTE: il responsabile del disastro ecologico s’impegna nel tentativo di salvare capra e cavoli, e cioè se stesso con la famiglia ma anche i concittadini prigionieri. Del caso è informato il presidente degli USA, preoccupato della faccenda elevata a minacciose proporzioni di guerra nucleare. Stormi di elicotteri vigilano sulla città contaminata senza mai perdere di vista la celeste sfera cristallina. Da un foro praticato sulla sommità della trasparente prigione si vuole far scendere una potentissima bomba per distruggere quella porzione di mondo inquinato. Il responsabile del male s’impegna con sacrificio e genialità per salvare il salvabile, sostenuto dalla creativa fantasia che elabora stratagemmi geniali nei momenti di crisi. Riesce a far scivolare la bomba, depositata sulla cupola che sovrasta la città, fuori dalla sfera e salva cosí la catastrofe. Riparte infine, nuovo cavaliere senza macchia e senza paura, a bordo d’una supervelocissima motocicletta avviandosi verso nuove prossime (dis)av¬venture.

Vale la pena di ricordare ai pochi che non li conoscono, i personaggi del film ed il modo di presentarsi sullo schermo.
Essi provengono da una lunga serie televisiva importata in Italia dagli USA, adottata e programmata da anni dalla TV nostrana. I piú fedeli fruitori delle vicende sono i ragazzi.
I Simpson sono «disegnati» alla brava, per cosí dire, e alla buona, senza particolare cura nel tratto e nell’uso dei colori (eccezione fatta nella citazione esplicita dell’indimenticato maestro Disney: uccellini variopinti [v. CENERENTOLA] e gentili caprioli  [v. BAMBI]). La scarsa efficacia ed emozione estetica che riescono a trasmettere è supplita dalla spontanea simpatia che essi, a quanto affermano gli osservatori del fenomeno mediatico, riescono a suscitare nei loro «amici» che frequentano i primi anni di scuola.
Grandi bulbi oculari con pupille puntiformi; capigliature originali e «personalizzate» in modo da risultare tutte diverse; modi di parlare e di gestire individualizzanti, anche se generalmente da tutti adottate nel nervoso agitarsi delle rapide animazioni; mani tradizionalmente fornite di quattro dita, come vuole la convenzione di estrazione animale; mascelle superiori prominenti, generalmente riprese di profilo per evidenziarne la «deformità»; bocche esageratamente ampie con enormi labbra retrattili come native proboscidi; modalità di rapporti reciproci di carattere impulsivo, sgraziato, talvolta screanzato e maleducato, istintivo, a modo loro «autentico e spontaneo» fino alla mancanza di rispetto verso gli altri: sono tutti elementi «umani» desunti dall’esistenzialità diseducata e selvatica che caratterizza la vita senza troppi riguardi verso il prossimo di molta gente egocentrica della quale anche noi facciamo parte.
I difetti peggiori nel film sono propri dei vicini, non dei componenti della famiglia Simpson. Cosí di solito succede anche nella vita fuori dallo schermo: in essa le pecche e le colpe sono sempre degli «altri»!
Il film sfrutta tali ingredienti senza forzarli fino all’esagerazione per fare spettacolo. Lo spettatore non solo si identifica in quel modo di comportarsi ma addirittura vi si riconosce e forse, ma chissà?!, ne resta (salutarmene) disgustato. Il regista non fa del moralismo, non punta il dito sui nostri difetti e non intende emettere giudizi di censura e tanto meno di denuncia sociale. Racconta ed illustra storie al limite della credibilità ma non lontane, nelle circostanze semplificate, dalla verisimiglianza. Si serve di personaggi di carta, intrattiene e diverte gli spettatori, cosí come ha intrattenuto e divertito da anni gli spettatori delle sue strisce televisive.
L’ironia colpisce, senza ferire!, ogni aspetto dell’attività umana: la religione cristiana (che esclude «Budda dal paradiso!») ma propone, se pur comicamente, il ricorso al «Signore» nelle circostanze pericolose; la politica in genere ed in particolare quella «nostrana» (leggi «americana») con le brutture commesse dai politici di professione; la vita civile e famigliare negli abituali risvolti pratici e problematici, visti sempre con tollerante superficialità spettacolare; le complicazioni di natura ecologica (qui favolisticamente esagerate!) che minacciano l’umanità.
La sceneggiatura si sbizzarrisce nella citazione implicita di film celebri e meno noti della storia del cinema, facilmente leggibili tra le rapide inquadrature.
L’umorismo, arma troppo sottile e difficile da usare, (eccetto che non la si voglia limitare a livello di espediente per far ridere chi vede e ascolta), raramente coglie il bersaglio.
Ho scelto di assistere alla proie¬zione del film in una sala molto affollata durante lo spettacolo di mezzo pomeriggio, circondato da bambini, ragazzi, adolescenti e giovani. Ho notato che i bambini assistevano quasi indifferenti senza partecipare emotivamente con reazioni esterne alle avventure dei loro «amici» di carta. I ragazzi ridacchiavano alla citazione proveniente dallo schermo di argomenti sessuali, del resto soltanto accennati dal montaggio. I giovani esternavano risa d’intesa alla presentazione rapidissima di situazioni coniugali e d’un rapidissimo incontro omosessuale maschile.

Note positive: non ho ascoltato nessuna parola od espressione volgare dai personaggi del film, non ho visto alcuna esagerazione veristica pruriginosa. I componenti la famiglia del protagonista dialogano tra di loro, si confrontano nelle loro idee anche diverse e finiscono per accettarsi con rispetto vicendevole.
Valore di semplice battuta ha una didascalia, tradizionale nei film recenti, del lungo cast di coda: «Nessun animale del film ha subito maltrattamenti!»
Le scenette dei protagonisti con al centro Homer sono artificiosamente incollate le une alle altre per stacco temporale e ambientale: denunciano la loro provenienza dalle strisce televisive. L’unità strutturale del film è difettosa sotto il profilo narrativo logico; buona è la coerenza comportamentale dei personaggi, ben caratterizzati senza presentarsi come impersonali variazioni d’un unico tipo umano. Le loro esperienze, abitudini, vizi e (rari) difetti umani, sono deformati con finalità leggermente critica sfruttando il registro comico, che spesso degenera nel grottesco senza mai arrivare però ad ingenerare disgusto e ripugnanza nello spettatore.
Malgrado la scarsa esteticità con cui si presentano, i Simpson possono diventare simpatici: si esige attenzione quindi agli effetti d’identificazione emotiva che possono ingenerare nei loro giovanissimi amici televisivi!
I generi cinematografici deformati ci sono quasi tutti nel film: dall’horror al sentimentale, dalla commedia ad intreccio al moderato catastrofismo spettacolare. Manca il verso al musical.
Si ride poco, si riconoscono con facilità le fonti spettacolari indirettamente parodiate.
Arriva verso la fine, opportuna e senza forzature, l’esigenza del piccolino della famiglia Simpson, che implora il papà, di solito distratto dalle sue idealità donchisciottesche, di rimanere «con lui, ma sempre!».
Gli elementi che potrebbero influenzare positivamente i ragazzini non mancano, e sono quelli già elencati, in particolare l’attenzione al problema ecologico, fonte e origine, qualora fosse considerato di secondaria importanza, di tanti malanni nei riguardi della vita sul pianeta Terra.
Essi però sono immersi e sommersi in un mare di innumerevoli gag comiche, che arrivano ad ingenerare sazietà!, e che distolgono l’attenzione e la buona volontà di chi volesse riflettere oltre che divertirsi.

L’opportuno discreto intervento dell’educatore potrebbe aiutare i piú giovani a raccogliere qualche modesto suggerimento formativo proveniente anche da un film che non si presenta come uno spettacolo con esplicite finalità educative ma soltanto come pura offerta d’evasione.
L’occasione è opportuna per esercitare i piccoli spettatori a non subire l’interminabile fortunata serie televisiva dei Simpson, ulteriormente promossa dal film, in modo esclusivamente ludico, ma a saper distinguere comportamenti che non pretendono di presentarsi come modelli di civile convivenza.
Qualche indiretto suggerimento positivo può forse arrivare talvolta ai ragazzi piú da predicatori improvvisati come i personaggi di carta che da predicatori di professione, che dal film sono bravamente ridicolizzati.

È la storia di HOMER (con i suoi famigliari), animato da ideali affrontati con leggerezza e senza senso di previdente responsabilità, il quale, dopo aver provocato danno grave alla comunità cittadina, s’impegna con generosa dedizione a riparare il mal fatto. (Adelio Cola)
 

 


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