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LA PRIMA LUCE



Regia: Vincenzo Marra
Lettura del film di: Olinto Brugnoli
Titolo del film: LA PRIMA LUCE
Titolo originale: LA PRIMA LUCE
Cast: Regia: Vincenzo Marra; interpreti principali: Riccardo Scamarcio, Daniela Ramirez, Gianni Pezzolla, Luis Gnecco, Alejandro Goie; durata: 108'; origine: Italia, 2015.
Sceneggiatura: Angelo Carbone, Vincenzo Marra
Nazione: ITALIA
Anno: 2015
Presentato: 72. Mostra Internazionale D'arte Cinematografica di Venezia (2015) GIORNATE DEGLI AUTORI

Dopo aver vinto nel 2001 con Tornando a casa il premio come miglior film alla Settimana Internazionale della Critica a Venezia ed aver presentato nel 2007 L'ora di punta, il regista napoletano Vincenzo Marra ritorna al Lido nelle Giornate degli Autori con un'opera che racconta, secondo lo stesso autore, «la storia di una dolorosa separazione, di una sottrazione, che, al di là delle latitudini nella quale è calata, coinvolge una coppia».

 

La vicenda, inizialmente ambientata a Bari, è quella di Marco Mauri, di sua moglie Martina e del loro figlio di sette anni Mateo. Marco è un avvocato italiano che svolge il proprio lavoro freddamente, pensando più ai soldi che alle persone che deve difendere (soprattutto se d'ufficio); Martina è una giovane cilena che ha lasciato il suo paese per sposarsi con Marco e lavora come grafica presso un'agenzia di pubblicità; Mateo è un bambino sensibile, amato sia dal padre che dalla madre, ma che deve subire i continui litigi che avvengono tra di loro. Martina è in piena crisi, sia dal punto di vista coniugale che esistenziale. Il suo rapporto col marito si è deteriorato al punto che la donna vuole tornare nel proprio paese, ma naturalmente portandosi dietro il figlio, cosa che Marco non accetta assolutamente. In occasione di un viaggio di Marco a Milano, per motivi di lavoro, Martina, che è riuscita a trovare i passaporti che il marito aveva nascosto, fugge con Mateo e ritorna in Cile. Marco, trovatosi improvvisamente solo, si rende conto di quanto il figlio gli manchi, va in crisi e decide di partire alla ricerca del figlio senza sapere dove questo si trovi. Dovrà superare ostacoli, barriere, difficoltà; dovrà subire umiliazioni; dovrà fare un serio esame di coscienza, fino a capire che l'unica cosa che conta è quella di ritrovare l'amore del figlio e di ricongiungersi con lui.

Il racconto è lineare e divide chiaramente la vicenda in due grosse parti. All'inizio vengono presentati i personaggi con le loro caratteristiche: Marco, con la sua indifferenza come difensore d'ufficio, Martina in piena crisi, con il rimprovero che riceve da parte del capo dell'agenzia, Mateo sballottato tra i due genitori. Nonostante la sua freddezza, Marco dimostra di provare un grande affetto (ricambiato) per il figlio, anche se non si rivela un buon educatore quando gli consiglia di reagire con uno schiaffo ad un bambino che lo molestava. Martina è in crisi, anche se nel film non è ben chiarito il motivo: si accenna alla crisi economica che c'è in Italia, all'incompatibilità che ormai si è creata col marito, al desiderio di ritornare nel proprio paese. Dopo varie discussioni e litigi si arriva finalmente alla decisione di Martina di fuggire dall'Italia, approfittando dell'occasione propizia. A questo punto inizia la seconda parte. Ora è Marco che deve prendere una decisione, anzi più decisioni. La prima, che gli viene suggerita da un amico, è quella di partire per Santiago per cercare, in una metropoli di sei milioni di abitanti, una donna e un bambino senza avere alcun indizio. Dopo aver tentato attraverso i canali ufficiali di avere notizie, Marco si affida ad un investigatore privato senza scrupoli che, con un po' di fortuna, riesce a localizzare Martina e Mateo. Ma in Cile Marco deve sottostare alle leggi di quel paese e deve difendersi dalle accuse della moglie che lo presenta come un uomo violento e incapace di fare il padre. Ad un certo punto Marco ha due possibilità: o andarsene dal paese o sottoporsi al processo del tribunale dei minori. Dopo una certa esitazione, Marco accetta di sottoporsi al processo. È sottoposto a interrogatori anche umilianti, che tuttavia lo costringono a riconoscere i propri torti e i propri errori. Dopo la sentenza che gli concede di poter vedere il figlio una volta ogni due settimane, ma gli nega la possibilità di riprenderselo, Marco si trova ancora di fronte ad un bivio: rapire il bambino e fuggire attraverso la montagna (rischiando vent'anni di galera) o accettare la sentenza. Marco sembra scegliere la prima strada, ma, poco prima di mettere in atto il piano, desiste. Ora è solo e smarrito, in un paese straniero (un lungo primo piano sottolinea questa situazione esistenziale). E capisce che l'unico modo per fare il bene del figlio è quello di rimanere lì con lui, anche se limitatamente. Inutile dire che il film, un po' prevedibilmente, finisce con un lungo abbraccio tra padre e figlio.

La significazione nasce soprattutto dall'evoluzione di Marco che, passando attraverso varie vicissitudini e sofferenze, trasforma il proprio amore quasi viscerale per il figlio in un amore maturo e maturante. Un film che pertanto esalta il vero amore paterno (il riferimento a quella “prima luce” cui fa riferimento il titolo del film). Anche se certi aspetti rimangono non approfonditi e certe soluzioni appaiono talvolta scontate e non esenti da patetismo

 


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