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LA LETTURA DEL FILM TRA OBIETTIVITÀ E VALUTAZIONE


di ADELIO COLA
Edav N: 371 - 2009

L’articolo ampliato e completo di foto, schemi si trova in Edav n. 371 giugno 2009

 
Domande preliminari.
È possibile leggere OBIETTIVAMENTE un film?
COME FARE per leggerlo SENZA INTERVENIRE SOGGETTIVAMENTE nella lettura del medesimo?
La domanda consta di due parti distinte.
Alla prima la risposta è positiva ( = Sí, è possibile!) anche se si possono incontrare difficili ostacoli, che esigono coraggio per essere superati. Coloro che intendessero affrontarli senza lo strumento di un buon metodo non sarebbero in grado di arrivare alla lettura completa del film.
 
1. Il medesimo problema si ripresenterà al lettore di qualunque altra comunicazione, realizzata con qualunque altro mezzo/segno espressivo.
Il lettore deve leggere il segno COSÍ COME si presenta, cioè come è stato fatto dal comunicante: regista, giornalista, fotografo, radiocronista… (per quanto riguarda i mass media), architetto, pittore, musicista…, che si esprimono con le loro opere.
A noi qui ora interessa l’aspetto comunicativo in relazione al recettore della comunicazione.
Il comunicante, prima di esprimersi con il suo segno, non ha potuto disincarnarsi dalla sua esistenzialità, cioè liberarsi completamente da se stesso, dal suo modo di pensare, dall’educazione ricevuta, dalla cultura che ha accumulata e che ormai fa parte del suo io. Questo è vero anche per il recettore, che vuole fare lettura del segno. Egli non potrà, prima di leggere il film, disincarnarsi, per cosí dire, ed uscire da se stesso dimenticando o meglio decidendo di mettere completamente da parte la sua esistenzialità.
Sembrerebbe quindi che non si potesse fare lettura strutturale del film!
Ma non è cosí! Perchè se cosí fosse, al genere umano, condannato a non poter comunicare al cento per cento le proprie idee ed emozioni ai/con i propri simili, non rimarrebbe che una soluzione al problema, isolarsi nell’assoluto silenzio dell’incomunicabilità in attesa della comune fine disperata.
Ma, ripetiamo, non è cosí!
Anzitutto i ponti da attraversare, a disposizione del genere umano per comunicare, sono molteplici. Le scienze umane, dalla psicologia all’antropologia, ne illustrano la natura a beneficio di tutti.
Ma poi ci chiediamo: se non è umanamente possibile comunicare, e per conseguenza conoscerci l’un l’altro al cento per cento, dal momento che non siamo stati creati perfetti ma limitati, è possibile almeno arrivare ad una accettabile percentuale di comunicazione/conoscenza, anche se dipendente da condizioni soggettive/oggettive tanto da parte del comunicante che del recettore?
Alla possibilità della risposta positiva alla domanda nessuno dubita per esperienza personale. Chi, regista o letterato, ha preteso di dimostrare il contrario, ha fallito lo scopo, tant’è vero che i lettori dei loro libri e gli spettatori dei loro film hanno compreso la tesi che essi volevano dimostrare ed hanno quindi raggiunto lo scopo di comunicare con gli autori. Se la presunzione dell’incomunicabilità corrispondesse alla realtà, nessuno sarebbe riuscito a comprendere e conoscere in modo almeno sufficiente le idee di certi registi e di alcuni letterati.
Naturalmente gli autori non intendevano affermare l’incomunicabilità umana al livello assoluto.
 
2. Che significa, in secondo luogo, la provocazione dell’avverbio OBIETTIVAMENTE usato dalla domanda iniziale? 
La pratica applicazione della cosiddetta lettura strutturale, nella quale si pretenderebbe che il lettore si mantenesse oggettivamente aderente al film/segno senza aggiungervi nulla di soggettivo e senza togliervi nulla di oggettivo, merita una specificazione ulteriore.
Non si tratta di assistere alla proiezione del film come una persona priva di intelligenza e di attenzione, né tanto meno come un automa o un robot. È inevitabile che lo spettatore subisca l’influsso psicologico provocato da ciò che vede e che ascolta. Il film, proprio perché è segno, è fatto per comunicare ed effettivamente comunica tanto con i suoi contorni uno (la VICENDA: cosa succede nel film?), quanto e soprattutto, anche se spesso in MODO inavvertito, con i contorni due (RACCONTO: come succede?).
Non si pretende, perciò, che il lettore/spettatore rimanga del tutto indifferente di fronte al film proiettato sullo schermo: questo non è umanamente possibile. Si tratta di fare proprio l’atteggiamento dello spettatore che desidera conoscere ciò che realmente il regista del film è riuscito a comunicare con il film, da lui diretto IN QUEL MODO particolare. Ciò che il regista aveva intenzione di comunicare, non lo possiamo conoscere da interviste, da documentazione delle novità tecnologiche usate al fine di confezionare lo spettacolo.
Al lettore interessa comprendere ciò che l’autore del film ha effettivamente detto dirigendolo, ripetiamo, IN QUEL MODO. È là, in quel MODO, la risposta alla domanda.
Ricordiamo quanto detto sopra: la comunicazione esige sempre un segno sensibile, senza segno non può esserci comunicazione.
Anche il segno/film, come tutti i segni, ha due aspetti materialmente indivisibili, ma distinguibili intellettualmente, se si vuole leggere la sua comunicazione.
Le caratteristiche esterne visibili-auscultabili ce lo fanno conoscere come film, distinguendolo da altri segni: non è, ad esempio, né una nave, né un corpo di polizia!
- Eppure, mi interrompe un giovane spettatore, vedo sullo schermo una nave e dei poliziotti!-.
Abbi pazienza! Dovrei dirti subito che tu non vedi una nave e dei poliziotti, ma sono certo che mi guarderesti con sospetto di cecità! Eppure…, quello che tu vedi sullo schermo non è né una nave, né sono dei poliziotti.
- E allora cosa sono?-
Ecco la risposta che non ti aspetti: sono immagini di una nave e di alcuni poliziotti.
- Ma non è la stessa cosa?-
No. Sono realtà diverse. Bisogna saperlo, anzitutto, e poi è necessario distinguere le due cose, se si vuole fare lettura. Quest’ultima, alla quale qui si fa soltanto un generico riferimento, non può esistere senza separare-distinguere intellettualmente, (non materialmente!), due aspetti delle immagini viste sullo schermo. Quelli che possiamo chiamare i contorni uno ci fanno riconoscere rispettivamente una nave e dei poliziotti e non altre cose, mentre i contorni due, corrispondono alle particolari caratteristiche delle immagini, volute dal regista nelle immagini di quella nave e di quei poliziotti.
Se ti dicessi: che «non sono tutte uguali le navi ancorate nei porti del mondo e che neppure i poliziotti nelle caserme sono tutti uguali», tu saresti certamente d’accordo con me. Ma io non intendo affermare questo, che ci vede tutti d’accordo; dico invece che le navi e i poliziotti possono essere presentati con immagini tutte diverse. Mi riferisco al MODO d’essere stati FOTOGRAFATI per il film, per cui vediamo la nave con quel colore caratteristico, con la sua stabilità od incertezza sulle onde in tempesta, i poliziotti in azione che si mantengono fedeli o meno al loro dovere: tutto come il regista ha voluto che le loro immagini apparissero sullo schermo. Egli di quella nave e di quei poliziotti aveva la sua idea e quella ha voluto comunicare agli spettatori del suo film. Colui che vuole essere lettore del film, non deve partire con la sua idea sulle navi da guerra o da crociera, sui poliziotti fedeli o corrotti che egli conosce o che ha visti negli spettacoli gialli alla TV: se partisse cosí, partirebbe male, cioè in modo soggettivo e sarebbe in pericolo di confondere o addirittura di sostituire le sue idee con quelle del regista del film.
- Ma come si fa a conoscere le idee del regista?-
Ecco la grande domanda!
Per arrivare a raggiungere, per cosí dire, le idee del regista, bisogna ripercorrere a marcia indietro la medesima strada che egli ha scelto per arrivare a comunicare a noi le sue idee. Egli ha voluto fotografare (o far fotografare) nave e poliziotti in un certo MODO, che corrisponde a quello che egli pensava di quelle realtà che io non vedo sullo schermo e delle quali invece vedo le immagini.
Il segreto per dare la giusta risposta alla tua domanda dipende dalla mia capacità di saper distinguere quello che vedo (i contorni uno dellanave e dei poliziotti!) dal loro MODO di esistere come immagini sullo schermo , (i loro contorni due : illuminazione, inclinazione, ripresa dal basso o dall’alto, primo piano, varietà di campo, trucchi, effetti speciali, musica e rumori…).
È vero, ripeto, che non posso vedere i contorni due della nave senza vedere la nave, ma mi devo ricordare che quella sullo schermo non è una nave vera ma un segno, che me la fa riconoscere come la nave che corrisponde all’idea che di essa aveva in mente e voleva comunicare agli spettatori il regista del film. La medesima conclusione vale nei riguardi dei poliziotti visti sullo schermo.
- Ma non fai che ripetermi la stessa cosa!-
L’hai compresa bene?
- Cosí e cosí!-
Ecco perché te la ripeto!
- Ma le mie reazioni soggettive a quello che vedo sullo schermo, non sono importanti?-
Certo che lo sono, ma quella… è roba tua! Le immagini, invece, sono roba del regista. Non confondere le cose! Se un amico ti chiederà: Cos’hai visto al cinema?, non riferire, se ci riesci!, soltanto la roba tua ma soprattutto quella del regista!
- È difficile!-
Lo so. Ed è per questo che i lettori sono pochi, ma non è un buon motivo per affermare che l’argomento è impossibile perché è difficile! Tutto si può imparare. Anzi ti dico che, se uno decide di imparare a leggere il film, con l’esercizio e la buona volontà, e magari con l’aiuto di una guida, la cosa diventerà piú facile di quanto si pensa e procurerà anche belle soddisfazioni..
- Quali vantaggi si ottengono facendo la lettura strutturale del film? Quali sono le soddisfazioni promesse? -
Anzitutto la soddisfazione d’essere riusciti con la lettura strutturale a conoscere i pensieri espressi dal regista del film…
- Completamente? –
Eh, completamente! Magari! Si riuscirà a comunicare con lui almeno in buona parte e si potrà arrivare anche a scoprire le eventuali idee inavvertite, quellenascoste, per cosí dire, nei contorni due delle immagini. Di esse è possibile accorgersi con la lettura strutturale del film fatta bene. Talvolta esse sono entrate nelle immagini senza che il regista ne fosse cosciente, perché dipendevano dai suoi gusti e dalla sua mentalità, e quindi senza pensarci in quel momento.
- E che mi serve averle eventualmente scoperte?-
Ti serve per accettarle, se esse corrispondono alle tue convinzioni, oppure a quelle che vorresti approfondire per conoscerle meglio, oppure, nel caso opposto, a rifiutarle perché non le condividi.
Da quanto detto, forse non t’accorgi che questo è anche il MODO personale e normale di comunicare con una persona quando ti parla. Prima ti sforzi di comprendere quello che ti dice e poi confronti quanto hai capito con il tuo pensiero sull’argomento. Se invece sei disposto a sentire le parole ma non ad ascoltare il MODO con il quale le dice, allora non riuscirai a capire quello che ti ha detto. È diverso, ad esempio, il senso della parola amico, se uno ti ha chiamato cosí con sincerità oppure per canzonarti o per rimproverarti del tuo comportamento verso di lui. Dipende dal MODO con cui essa ti è stata rivolta!
Tutti ti hanno abituato, fin da piccolo, a fare lettura delle parole che ascolti, ma forse nessuno ti ha addestrato a fare lettura delle immagini audiovisive del film.
Conoscerai forse qualche studioso di cinema che difende l’importanza delle emozioni sperimentate dagli spettatori piuttosto che la lettura del medesimo, ma incamminandoti per quella strada rischierai di interpretare il film in modo soggettivo.
Forse hai già letto in quotidiani e riviste qualche recensione di film che assomiglia maggiormente ad una interpretazione che ad una lettura.
Noi siamo convinti che comunicare con il regista non significa soltanto lasciarsi emozionare dal suo film, ma, come dice la parola comunicare, vuol dire avere in comune con lui le idee espresse con il suo film.
Il MODO praticato dal regista per produrre le immagini del film è stato il ponte da lui attraversato per arrivare allo spettatore; il tragitto inverso, consistente nell’attraversamento del medesimo ponte per mezzo della lettura, consente allo spettatore di arrivare a comunicare con l’autore del film.
Se ci sono piú spettatori che fanno lettura del film, essi di solito esprimono sostanzialmente le medesime cose risultate dalla lettura, anche se con parole e stili differenti, ognuno secondo la propria capacità letteraria.
Con la lettura, o dopo di essa, essi aggiungono di solito anche osservazioni personali, comprese le reazioni ed emozioni ricevute dallo spettacolo. Esse possono essere differenti, perché è diversa l’esistenzialità culturale di ogni lettore, ma non entrano nella formulazione sintetica del film visto, espresse poi con la formula «È LA STORIA DI...», (della quale s’è trattato altre volte in Edav).
Saranno invece simili tra di loro le valutazioni critiche del film, perché la valutazione, ci insegnò NAZARENO TADDEI, fondatore del metodo che va sotto il suo nome, è una lettura strutturale approfondita.
 
Indagine strutturale e valutazione critica.
Alcuni generi cinematografici che interessano OGGI particolarmente il pubblico permettono di distinguere tra un atteggiamento passivo dello spettatore e un atteggiamento di lettura consapevole.
I principali generi sono tre: l’horror, la violenza e l’amore.
Essi sono trattati dagli autori come aggiornate commedie classiche, drammi, fantasy o sperimentazioni d’avanguardia e di ricerca. Occuparsi di questi generi ci permette anche di fare qualche osservazione sul problema della valutazione.
A) L’argomento amore, con tutte le possibili problematiche è probabilmente quello che riscuote maggiore interesse del pubblico.
Un particolare aspetto che frequentemente è evidenziato dai registi, o per documentare la mentalità corrente oppure per denunciarne l’esistenza, consiste nella confusione e talvolta identificazione tra amore e sesso. In casi simili lo spettatore animato da convinzioni chiare circa la diversa natura delle due realtà, saprà distinguere con la lettura del film i contorni uno della vicenda dai rispettivi contorni due del racconto, che gli consentiranno di comprendere se il regista tratta di amore o soltanto di sesso. Insiste, ad esempio, con immagini su particolari intimi espliciti per fare spettacolo o allude genericamente in modo discreto al comportamento di coniugi che si vogliono bene?
Ricordiamo, quasi di passaggio, che i grandi registi non scendono mai al livello di autori di spettacoli per guardoni.
I film del genere appena ricordato sono facili da leggere , se lo spettatore mantiene la giusta distanza psicologica dallo schermo, che gli permetta di non lasciarsi coinvolgere emotivamente imboccando gli scivolosi sentieri della spontanea condanna, della sterile polemica o dell’entusiastica approvazione. Intendo dire che, a parte condanne o assoluzioni etiche che egli potrà emettere a ragion veduta, se si lascia prendere da tali reazioni prime prime e cioè non controllate, non sarà in grado di leggere il film obiettivamente. Per conseguenza non potrà, dopo la lettura, evidenziarne l’idea centrale espressa dal regista. In caso contrario essa sarà mescolata alle sue reazioni personali. Un film erotico, ad esempio, non deve essere giudicato in base alle convinzioni etiche del lettore, ma tenendo in considerazione il MODO usato dal regista nel dirigerlo.
Dicevo prima che i film di questo genere sono facili da leggere; aggiungo che essi sono di difficile lettura, se, ripeto!, lo spettatore si lascia condizionare psicologicamente dal loro contenuto.
Padre Nazareno Taddei ha dato prova con le sue letture, d’essere stato in grado di fare lettura strutturale anche di film scabrosi contenenti inquadrature che talvolta sfioravano la pornografia.
 
B) I film con scene di violenza dovrebbero essere riservati a spettatori talmente freddi (esistono?) da non lasciarsi impressionare da scene nelle quali i personaggi si comportano come certi animali che vanno ingiustamente sotto il nome di feroci e crudeli: essi si comportano secondo natura, spinti da istinti incontrollabili per la sopravvivenza dei singoli e della specie di cui fanno parte.
Quando i personaggi cinematografici agiscono senza autocontrollo nel MODO di reagire a minacce e a danni subiti dai loro simili, scendono al livello di esseri inferiori. Questi ultimi non potranno mai venire accusati di mancanza di responsabilità, in quanto sono privi della libera volontà di scelta nelle azioni.
Quando invece il regista allude alla violenza senza esagerare nel MODO di raccontarla evidenziando particolari impressionanti, potrebbe aver fatto quella scelta, (ripeto quanto affermato sopra nei riguardi di film di altra categoria), o per denunciare e condannare l’uso illecito della violenza, oppure soltanto per fare spettacolo. In questo secondo caso il suo film sarebbe da giudicare oggettivamente negativo. Il MODO (attenzione ai contorni due!) tenuto nel dirigere il film consentirà la formulazione del giudizio obiettivo.
Raramente i film di questo genere mancano di spettacolari scene catastrofiche, che li allontanano dalla verosimiglianza della cronaca, per cui li rendono, per cosí dire, meno nocivi ad un pubblico maturo.
 
C) Osservazioni simili si possono fare nel riguardo dei film di carattere horror.
Stranamente trovano spettatori appassionati anche tra i minori, che si giustificano dichiarandosi convinti che quelli sono tutti trucchi e che non c’è niente di vero.
È vero che in essi non c’è niente di vero!, ma dubito che simili spettacoli educhino i minori a saper apprezzare le cose belle della vita, che di solito sono meno emozionanti e spettacolari.
Alcuni autori e critici cinematografici non giudicano completamente negativi film di violenza o di horror, che ad altri sembrano meritare giudizi opposti. La denuncia della violenza, ad esempio, anche attraverso spettacoli forti, dovrebbe esercitare effetti deterrenti, indirettamente dissuasivi dalla relativa imitazione.
La cronaca quotidiana intanto riporta casi di persone, anche minorenni, che in modo istintivo compiono azioni violente e delittuose, analoghe di quelle viste sugli schermi pubblici e domestici.
Lo spettatore normale dei film cosiddetti forti è portato a pronunciare un immediato giudizio negativo sugli stessi. Ripetiamo quanto detto precedentemente circa la facilità di lettura, offerta dai contorni uno del film, che non deve andare confusa con la facilità di pronunciare un giudizio negativo. Si obietterà che infine il giudizio dipendente dai contorni due potrà spesso coincidere con l’atro. Il valore del giudizio però deriva dall’attenzione ai contorni due. Un giudizio esige sempre le prove prima d’essere emesso. Il lettore le deve trovare non in quello che il film mostra e fa sentire, cioè in quel che succede, ma nel MODO in cui nel film succede quello che succede.
Dietro l’angolo c’è spesso il pericolo di cedere alla tentazione di far dire al regista quello che io spettatore penso, o almeno di mescolarlo con quello che egli ha pensato. Dal pericolo posso allontanarmi sforzandomi di fare la lettura strutturale del film. Non riuscirò mai a mantenermi psicologicamente talmente fuori dal film, da riuscire a raggiungere l’obiettività perfetta nell’applicazione della metodologia TADDEI, ma almeno avrò la consapevolezza d’essermi guardato dal pericolo di attribuire al film quello che il film non ha detto.
 
Aspetto morale del «racconto» cinematografico.
Il problema del racconto cinematografico moralmente (o apparentemente) negativo.
Di fronte a un film che racconta una storia in modo tale che ci sembra negativo non meravigliamoci, ma pensiamo che dobbiamo leggere senza integrazioni psicologiche. Sappiamo cosa pensa oggi molta gente e qual è la mentalità corrente! Non ci resta che applicare a noi stessi le medesime attenzioni suggerite agli spettatori che desiderano comunicare con l’autore del film facendone lettura strutturale.
C’è un particolare pericolo che ci può far cadere nel soggettivismo e per conseguenza indebolire il risultato della lettura del film. Quando lo schermo presenta situazioni contrarie alla morale, noi corriamo il rischio di lasciarci andare a reazioni spontanee di condanna.
A parte il fatto di sentirci indirettamente colpiti, forse offesi e provocati, se cediamo all’istintiva tendenza di giudicare e condannare, non saremo in grado di attribuire importanza maggiore ai contorni due delle immagini piuttosto che ai contorni uno del loro apparire sullo schermo. Sappiamo che la moralità delle situazioni cinematografiche, (prescindiamo per il momento da quelle oggettivamente negative!), dipende dal MODO tenuto dal regista nel dirigerle e realizzarle.
Anzitutto non identifichiamo gli interpreti con i personaggi; in secondo luogo distinguiamo le immagini proiettate sullo schermo sotto il profilo di moralità interna al film, considerando le medesime in se stesse, e in secondo luogo nel probabile influsso che esse, (cosí COME SONO e soprattutto NEL MODO in cui si presentano), possono esercitare sul pubblico che assiste alla proiezione.
 
In quanto agli spettatori, siccome non ce n’è uno uguale a un altro per sensibilità, preparazione culturale, reattività psicologica…, asteniamoci dal pronunciare giudizi generali affrettati. Se invece siamo chiamati ad esprimere pubblicamente il nostro parere, tenendo presenti le circostanze e le varianti che prudenza suggerisce, diciamo con sincerità ed umiltà quanto ci sembra conveniente comunicare a coloro che ci ascoltano.
Il comportamento del giudice nell’esame delle prove in favore e contro un imputato può offrire un utile esempio al lettore del film: il magistrato mantiene il conveniente distacco psicologico dalle testimonianze e al tempo stesso sa di dover garantire la difesa della legge: la sua condotta lo preserva da giudizi imparziali e gli garantisce l’equa applicazione della giustizia. Egli come persona potrebbe essere un uomo giusto oppure un libertino: quella che si esige da lui dopo il dibattito è l’imparzialità nel pronunciare il giusto secondo scienza e coscienza. Il giudizio emesso sarà perfettamente conforme alla verità oggettiva della responsabilità o dell’innocenza dell’imputato?
 
La domanda corrisponde (analogamente!) a quest’altra: il risultato della lettura strutturale del film eseguita dallo spettatore preparato corrisponde perfettamente all’oggettività del film preso in esame?
Da tutto quello che abbiamo detto conosciamo già la risposta.
 


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